[Rete Lilliput • 01.03.04] Volantinaggio davanti le filiali di Banca Intesa di numerose città italiane per chiedere all'istituto bancario di dotarsi di linee guida socio-ambientali. Rappresentanti di diverse organizzazioni della società civile tra le quali Rete Lilliput questa mattina si sono dati appuntamento davanti alle filiali di Banca Intesa di varie città italiane per il lancio della Campagna MancaIntesa, promossa e sostenuta da Rete di Lilliput, Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, Pax Christi, Associazione Finanza Etica, Beati i costruttori di pace, ACEA, MAG2, Nigrizia, Missione Oggi, Attac Italia .Ass.Cult. Punto Rosso - FMA, Sdebitarsi, Manitese, Centro Khorakahnè...

AL VIA LA CAMPAGNA DI PRESSIONE NEI CONFRONTI DI BANCA INTESA

Volantinaggio davanti le filiali di Banca Intesa di numerose città italiane per chiedere all’istituto bancario di dotarsi di linee guida socio-ambientali. Rappresentanti di diverse organizzazioni della società civile tra le quali Rete Lilliput questa mattina si sono dati appuntamento davanti alle filiali di Banca Intesa di varie città italiane per il lancio della Campagna MancaIntesa, promossa e sostenuta da Rete di Lilliput, Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, Pax Christi, Associazione Finanza Etica, Beati i costruttori di pace, ACEA, MAG2, Nigrizia, Missione Oggi, Attac Italia, Associazione Culturale Punto Rosso – FMA, Sdebitarsi, Manitese, Centro Khorakahnè.
Da Bolzano fino a Palermo, passando per Milano, Firenze, Roma e Napoli, si è svolto un volantinaggio per informare i cittadini ed i correntisti di Banca Intesa su come opera il primo gruppo bancario italiano e su come dovrebbe agire per migliorare sensibilmente la propria condotta.
La Campagna MancaIntesa chiede perciò alla banca di uscire immediatamente dal commercio di armi, di dotarsi di linee guida trasparenti e vincolanti per valutare gli impatti sociali, ambientali e sui diritti umani dei propri finanziamenti, di adottare una politica tesa a contribuire alla lotta ai cambiamenti climatici, terminando progressivamente il finanziamento di progetti basati sull’uso dei combustibili fossili, di dotarsi di strumenti per garantire una maggiore trasparenza, responsabilità e correttezza nell’informazione al pubblico e in generale nella sua attività. Oltre al coinvolgimento nei recenti scandali finanziari, la Banca è infatti responsabile di molti finanziamenti duramente criticati.
Banca Intesa sembra già aver compiuto un primo passo importante, dal momento che negli ultimi giorni ha manifestato alla campagna l’intenzione di uscire dal finanziamento degli armamenti e di prendere in considerazione alcune delle altre richieste che gli sono state sottoposte.
“Con la sua recente lettera, Banca Intesa sembra avere preso la giusta direzione. Ora viene la parte più difficile: a queste dichiarazioni devono seguire a breve dei fatti concreti, come ad esempio un codice di condotta vincolante e trasparente per valutare l’impatto sociale ed ambientale di tutti i finanziamenti realizzati” ha dichiarato Andrea Baranes, uno dei rappresentanti della Campagna.
Padre Alex Zanotelli ha recentemente scritto una lettera alla banca in merito all’oleodotto BTC, che si chiudeva con queste parole: “Sono convinto che Banca Intesa, come primo gruppo bancario italiano, debba non solo assumersi le responsabilità dei finanziamenti concessi da un punto di vista ambientale e sociale prima ancora che economico e finanziario, ma sia anche tenuta a dare l’esempio agli altri gruppi bancari nel nostro paese.”

Sito web www.mancaintesa.org

Scheda di approfondimento
I FINANZIAMENTI DI BANCA INTESA CON IMPATTI SOCIOAMBIENTALI NEGATIVI

Banca Intesa ed i finanziamenti per gli armamenti Nel 2002 Banca Intesa è risultata la banca con il maggior numero di operazioni legate all’esportazione di materiale di armamento con ben 170 autorizzazioni sulle 583 comlpessivamente rilasciate alle banche italiane. Tra queste, inoltre, si trovano operazioni che coinvolgono tra gli altri paesi in conflitto tra di loro come India e Pakistan o Cina e Taiwan, paesi accusati di gravi violazioni dei diritti umani, come Turchia o Israele, paesi poverissimi come il Bangladesh, le Filippine o l’Ecuador, o paesi appena usciti da guerre devastanti come il Kosovo.

Banca Intesa ed i finanziamenti per gli oleodotti

Banca Intesa ha inoltre finanziato negli ultimi anni alcuni dei progetti più contestati degli ultimi anni per i loro impatti sociali ed ambientali ed in particolare alcuni grandi oleodotti, quali il Gasdotto di Camisea e l’Oleodotto de Crudos Pesados (OCP) che attraversano alcune delle zone più delicate della foresta Amazzonica di Perù ed Ecuador, ma anche i 1.250 km dell’oleodotto “Blue Stream” attraverso Russia e Turchia, o gli oltre 1.000 km dell’oleodotto tra Chad e Camerun. Banca Intesa è anche attiva nel finanziamento di progetti petroliferi nel delta del Niger, in Nigeria, area funestata da diversi anni da conflitti etnici e militari. Banca Intesa ha recentemente confermato il suo interesse nel petrolio decidendo pochi giorni fa di finanziare la costruzione di quello che sarà il più lungo oleodotto del mondo, il Baku-Tbilisi-Ceyhan (BTC). 1.760 km di tubi per portare un milione di barili di petrolio al giorno dal Mar Caspio fino al Mar Mediterraneo, attraversando l’Azerbaigian, la Georgia e la Turchia. Un progetto che potrebbe significare l’esproprio della terra per migliaia di contadini e che rischia di acuire ulteriormente l’instabilità di una regione martoriata nei soli anni ’90 da ben nove conflitti armati. Un progetto voluto soprattutto per portare una volta di più il petrolio nel ricco occidente, sottraendo risorse e possibilità di sviluppo alle popolazioni locali. E’ di pochi giorni fa la notizia di gravi accuse al consorzio BTC (le compagnie petrolifere, tra cui figura anche l’italiana ENI, guidate dalla British Petroleum che stanno realizzando questo progetto), di avere occultato informazioni fondamentali sulla sicurezza dell’oleodotto stesso, in particolare riguardo all’utilizzo di materiali scadenti per i rivestimenti anticorrosione. Questo è appunto quanto riportato dal The Sunday Times del 15 febbraio, in cui si fa riferimento a documenti confidenziali della BP che dimostrerebbero che la compagnia inglese aveva affidato a Derek Mortimore, uno dei migliori consulenti al mondo in materia di sicurezza degli oleodotti, il compito di indagare sulla validità di un rivestimento epossidico da utilizzare per proteggere i giunti dell’oleodotto in Azerbaigian e Georgia. Il rapporto finale dell’esperto esprimeva delle forti preoccupazioni in merito ai materiali di rivestimento scelti dalla BP per proteggere l’oleodotto. Mortimore avvertì la BP: “Stiamo parlando di un materiale e di un utilizzo che non sono la “migliore pratica industriale”, e neppure la “normale pratica industriale”; infatti siamo in una situazione assolutamente di limbo, non possiamo identificare nessun proprietario di oleodotto che utilizzi questi materiali epossidici per una applicazione sui giunti in PE [polietilene] in nessuna parte al mondo.” In un altra parte del rapporto, il Sig. Mortimore dichiara: “E’ chiaro che l’utilizzo di questo materiale porterà a gravi problemi”.

Banca Intesa e la trasparenza e la correttezza
 
Anche dal lato della trasparenza e della correttezza, Banca Intesa oltre alle presunte responsabilità sue e delle sue controllate, a partire da Nextra, nei recenti scandali finanziari di Cirio e Parmalat possiede controllate e uffici di rappresentanza in diversi  “paradisi fiscali” del pianeta. Spicca in particolare la Intesa Bank Overseas Ltd, con sede nelle isole Cayman, dove risiede tra l’altro il consorzio di compagnie petrolifere che sta realizzando l’oleodotto BTC e diverse società riconducibili alla Enron, alla Parmalat, e ad altre imprese.