ALLUVIONE. MONTEFORTE D’ALPONE (VR), 1 NOVEMBRE. «CRONACA DI UN DISASTRO “ANNUNCIATO”»


Sembra un racconto ma è storia vera.

Primo novembre. Tutti i Santi.

Abbiamo dormito bene stanotte, fuori pioveva una pioggia leggera che è un gusto sentirla quando hai la fortuna di una casa calda, una coperta soffice e la frenesia della vita finalmente ha trovato la quiete della serata passata con la moglie e i figli. La nostra è una famiglia semplice, anche la nostra casa è semplice, ma bellissima: è la nostra casa. Dopo molti anni siamo riusciti ad avere una casetta a schiera con il soggiorno e la cucina al piano terra, le camera sopra, e una mansardina dove a volte andiamo a guardare la televisione. Soprattutto d’inverno. Sotto, nel seminterrato, il garage, la lavatrice in due metri di stenditoio e al posto della taverna il mio studio. Per dipingere.

Non è molto grande la nostra casa, ma a noi sembra di avere la reggia descritta nelle fiabe e nel giardino ci sono sempre i fiori.

Primo novembre. Tutti i Santi.

Usciamo per andare al cimitero, c’è la messa. Una volta la chiesa del cimitero era anche la casa di una statua del Quattrocento che è la Madonna del Drago perché la Vergine invece di pestare con il suo piede un serpente, schiaccia un drago con ali di pipistrello. Avevo letto che sono pochissime le Madonne rappresentate così e qualche studioso sostiene che il Drago simboleggi il torrente Alpone. Se per molto tempo mi sono chiesto il perché, di lì a poco lo avrei capito.

Dunque sono le nove e un quarto quando usciamo di casa e all’incrocio con la via principale non si passa, vediamo una lingua di fango presidiata da una macchina con i lampeggianti.

«Un tubo rotto…» penso. E così salgo verso il paese per fare il giro dalla circonvallazione quando mi assale uno strano presentimento. Suona il cellulare, è un amico che mi dice: «Ho sentito che si è rotto l’Alpone». Il drago penso!

Giusto in tempo per fare marcia indietro e l’acqua ha invaso una buona parte della strada. Avanza. Adesso i lampeggianti sono di più, mi pare. Dico a mia moglie che dobbiamo salvare le macchine, ma lei temporeggia. «Sei sempre il solito… non possiamo mica perdere la messa…».

Sono incerto. Mi fermo. Il presentimento si fa realtà e decido di tornare a casa. Portiamo le macchine in un punto alto del paese, avverto qualcuno che vedo per strada… Rientro in casa e dalle vie laterali comincia a salire l’acqua. Imperterrita.

La nostra casa è circondata da muriccioli in cemento che per una/due ore resistono all’assedio. In un niente vedo attorno alle nostre case mezzo metro d’acqua e fango, e nel fango scorrono alberi, tronchi di legno, immondizie, sacchetti di plastica. Bambole rotte passano sulle strade al posto delle macchine.

Le macchine lasciate in strada sono ormai naufragate, per non dire di quelle lasciate negli scantinati. Cerchiamo di portare in soggiorno più cose possibili dal seminterrato. I miei dipinti, qualche libro. Ne ho più di mille di arte lì sotto quando conterò i superstiti capirò che si sono salvati in una quindicina…

Mia moglie grida: «Vieni via da lì che ci resti sotto!».

In effetti l’acqua sta salendo.

Con i ragazzi ogni tanto controlliamo la scala che scende in scantinato, da quando i muri di cinta sono stati scavalcati dall’acqua con un rumore di cascata, verifichiamo il livello dell’acqua che sale contando gli scalini. Ad ogni ora tre o quattro vengono inghiottiti dal fango che sale. Anche dal giardino contiamo gli scalini, il drago non si ferma. In fondo alla via pedonale vediamo una delle strade principali. Se da noi l’acqua sale apparentemente tranquilla, anche se niente e nessuno ha ormai il potere di fermarla, a cento metri di distanza scorre un fiume in piena. Ci sono dei rallentatori per le macchine sulla strada, perché vicino c’è la scuola media. Il drago non rallenta.

Fra cinque scalini anche il piano del soggiorno sarà invaso dall’acqua. Allora cominciamo a traslocare le cose sul piano delle camere. Fuori il silenzio è impressionante, non sappiamo nulla, la corrente è saltata, il via vai delle telefonate ci sta scaricando i cellulari. L’isolamento, con le sue paure, si fa palpabile.

Fra quattro scalini avremo l’acqua in casa… Il silenzio è interrotto dal rumore dei nostri sguardi sbigottiti. Qualche notizia filtra telefonando al 115. I vigili del fuoco ci dicono che se vogliamo possono venirci a prendere con un mezzo anfibio per abbandonare la casa. Non oso pensare cosa sta succedendo sotto casa, sentiamo dei rumori di cose che cadono nell’acqua, ormai tutto è inghiottito dall’acqua.

Gelida.

E dal fango.

Sporco.

Arrivano gli anfibi, una specie di barconi con le ruote, con l’acqua che ormai si è mangiata anche il giardino, a malincuore con una borsa di vestiti e i documenti lasciamo la nostra casa. Non è facile scavalcare la ringhiera, non è facile accettare la sconfitta. Ci sentiamo umiliati e offesi, feriti e soli.

Non tutti se ne vanno, anzi lì per lì molti restano. Sperano in qualcosa, senza sapere bene in cosa. Fra tre scalini anche la nostra casa sarà violata dal drago. Ci rifugiamo da mia suocera in vallata, a quindici chilometri da Monteforte e soprattutto a duecento metri di altezza dal nostro paese.

Altri non saprebbero dove andare, spostandoci con il barcone vediamo l’entità del disastro… La gente arrabbiata, sgomenta, sconfitta. Non sappiamo ancora nulla anche se Monteforte è per metà sotto acqua.

Nei giorni successivi torniamo a casa, sempre con la barca. A casa nostra l’acqua è arrivata ad uno scalino dalla soglia e poi si è ritirata. Si sentono le polemiche, si vedono le passerelle della gente che conta, ma soprattutto siamo là con le gambe e le braccia e il cuore nel fango, a spalare via quello che il drago ci ha lasciato in eredità e come testamento. Nulla accade per caso!

Martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato. Ecco, deve arrivare sabato per poter vedere il pavimento delle nostro case, tutto da buttare, da pulire e gli amici che sono lì a prestare braccia e conforto. Tanti amici per tutti. Ci sono momenti di tensione anche fra vicini non riusciamo a dare il meglio di noi stessi. Lavare, pulire, togliere il fango, non facciamo altro per ore e giorni.

Quando tutto torna a una quasi normalità, dopo che i Vigili del Fuoco e la Protezione Civile con le loro pompe hanno estratto l’acqua, il fango e i detriti, e con i militari che portano via le macerie… vedi la gente che con l’idropulitrice cerca di fare ordine.

C’è chi ha perso tutto e nei prossimi mesi non dormirà nel suo letto. C’è chi ha perso la taverna, chi il garage con le macchine. Uno ha perso i suoi libri che sono la sua storia. Una signora ha perso i merletti che lavorava all’uncinetto. Le foto di quando eravamo bambini, gli attrezzi per il bricolage, la scatola con i Lego che piacciono tanto ai  bambini. C’è chi ha perso tutto e tutti abbiamo perso molto di più.

Ho visto qualcuno lavare l’erba del suo giardino.

Fuori piove. Di nuovo.

Mia moglie grida nella notte, sogna l’acqua che entra dal garage.

Il drago adesso… è dentro di noi.

Sulla casa dei miei vicini c’è un fiocco rosa, si chiama Greta quella bimba nata da poco… un fiocco rosa al secondo piano.

L’amore e la vita ci salvano sempre.

Andrea Ciresola

VIDEO ROTTURA ARGINE NORD DEL CHIAMPO-ALPONE DEL 01.11.2010.