BRASILE. REFERENDUM ARMI, HA VINTO LA PAURA

Il Brasile non depone le armi. Il primo referendum della storia brasiliana, tenutosi domenica 23 ottobre 2005, si è concluso con la netta vittoria del «no». Restano quindi valide le norme dell’Estatudo do desarmamento, che hanno reso più difficile l’acquisto e la detenzione di armi da fuoco, mentre non entra il vigore l’articolo 35 della stessa legge, ovvero quello che intendeva proibirne il commercio. Nelle urne elettroniche hanno schiacciato il tasto corrispondente al «no» 59.109.105 elettori (pari al 63,9 per cento dei voti validi, che sono stati 92.442.141). Il «sì» ha ottenuto solo 33.333.036 voti (36,1 per cento). L’astensione (bianche e nulle) è stata del 3,07%, mentre quella passiva, ossia la mancata partecipazione al voto, si è attestata attorno a un fisiologico 20 per cento del corpo elettorale, composto da 122.042.825 aventi diritto.

Copacabana, sostenitori delCirca la ripartizione territoriale del voto, i dati evidenziano che il «no» ha vinto in tutte le regioni del Paese, in particolare nel Sud e nello sconfinato Nord (dove ha raggiunto, rispettivamente, il 79 e il 70 per cento dei consensi), mentre il peggiore risultato lo ha avuto nel Nordeste, con il 57 per cento dei suffragi (lo Stato del presidente Inácio Lula, il Pernambuco, è risultato essere quello dove il «sì», ha ottenuto maggiori consensi). I sostenitori del commercio delle armi hanno prevalso anche in tutte le capitali, in particolare a Porto Alegre (Rio Grande do Sul) e a Boavista (Roraima). Maceió (Alagoas) è stata, invece, la capitale dove hanno prevalso i favorevoli alla proibizione (48,67 per cento). Il maggior tasso di astensione si è avuto nello Stato di Acre (29%) e il minore in quello di São Paulo (18%).

Quella che, a buon diritto, è stata definita la maggior consultazione con voto elettronico mai realizzata al mondo, ha avuto un esito in parte clamoroso perché si erano schierati a favore del «sì» parecchi partiti della maggioranza governativa, i massimi esponenti della Chiesa brasiliana e di varie altre religioni e, inoltre, molte organizzazioni sociali. Come spesso accade nei referendum aventi ad oggetto i diritti dei cittadini, anche la consultazione del 23 ottobre è sfuggita a una lettura rigidamente politica o ideologica. Gli schieramenti sono dunque stati trasversali. A conferma di ciò si possono citare le differenti prese di posizione di alcune fra le più alte cariche dello Stato e dei politici più in vista.

Quarantamila croci per simboleggiare i morti uccisi dalle armi da fuocoSe il presidente Lula ha, infatti, pubblicamente dichiarato la sua preferenza per il «sì», il suo vice, José Alencar, avendo più di 70 anni, si è avvalso della norma che consente agli ultrasettantenni di non partecipare alle consultazioni elettorali (era però noto il suo parere negativo sulla proibizione del commercio delle armi). Univoci, invece, gli atteggiamenti dei presidenti dei due rami del Congresso: Renan Calheiros (Pmdb), presidente del Senado, si è molto esposto nella competizione referendaria, dato che ha capeggiato il fronte del «sì», a cui ha dato il proprio voto anche il neoeletto presidente della Camâra, Aldo Rebelo (PcdoB). Infine, pur essendo entrambi oppositori del governo in carica, i sindaci delle principali città del Paese (São Paulo e Rio de Janeiro) hanno votato differentemente: per il divieto di commercio delle armi il paulista José Serra (Psdb), contro, invece, il carioca Cesar Maia (Pfl).

Com’era facile prevedere, i politici hanno dato interpretazioni assai divergenti sull’esito del referendum. «È comunque una vittoria della democrazia e della popolazione, che ha potuto esprimere la propria scelta direttamente», ha commentato il presidente Lula, la cui coalizione esce male dal voto, poiché la maggior parte dei parlamentari che lo sostengono si erano espressi per il «sì». Secondo Renan Calheiros il risultato referendario rappresenta una bocciatura per le politiche, sia federali che statali, relative alla pubblica sicurezza. Va però detto che in base alla Costituzione brasiliana sono i singoli Stati (e non il governo federale) i soggetti maggiormente competenti in materia. Ma è chiaro che, di fronte a un quesito inerente un tema di straordinaria importanza qual è quello della sicurezza, il corpo elettorale ha inviato un inequivocabile messaggio alle istituzioni, bocciandone il comportamento in materia.

Calheiros ha anche fatto osservare che il dibattito sul quesito al centro del referendum è stato condizionato dalla crisi politica che da ben cinque mesi affligge il governo del presidente Lula e in particolare il Pt (com’è noto, infatti, alcuni suoi esponenti di primo piano sono sotto accusa per corruzione). 

Su questa considerazione gli esponenti dell’opposizione concordano, ma essi si spingono oltre e leggono nel risultato del 23 ottobre anche un dato d’insoddisfazione generale dei brasiliani verso il governo in carica.

L’esito della competizione ha dimostrato che ha avuto la meglio Chico Santa Rita, curatore della campagna del «no», risultata più convincente rispetto a quella degli avversari (oltre che più massiccia, data la scontata maggior disponibilità finanziaria di quanti si opponevano al divieto di commercio delle armi). Non è, invece, servito al fronte del «sì» aver affidato a molte personalità del mondo artistico e televisivo il compito di convincere l’elettorato. Anzi, alcuni studiosi di comunicazioni hanno evidenziato che questo tipo di campagna ha aperto una breccia per la controffensiva dei sostenitori del «no», i quali hanno avuto facile gioco nel far notare all’elettorato che, mentre i personaggi famosi hanno possibilità concrete di difendersi dalla criminalità, per la gente comune questo è già ora molto più difficile e sarebbe diventato impossibile nel caso in cui non fosse stato più possibile l’acquisto legale di armi da fuoco.

Facendo convergere l’attenzione dei cittadini sulla conseguenza della perdita del diritto a possedere armi da fuoco, i sostenitori del «no» hanno quindi sovvertito i sondaggi, che – fino a poche settimane dal voto – li vedevano sconfitti. E’ probabile che questa strategia sia stata suggerita anche dalle critiche di scorrettezza rivolte al quesito referendario da parte di alcuni esperti (a cui aveva dato risalto, ad esempio, il settimanale Veja). Essi notavano che si poneva l’accento sull’aspetto della cessazione del commercio delle armi, mentre, di fatto, la vittoria del «sì» avrebbe avuto come conseguenza principale la perdita di un diritto – quello all’autodifesa – che l’ordinamento giuridico aveva fin qui riconosciuto ai cittadini brasiliani.

Questa argomentazione è stata enfatizzata dai sostenitori del «no» e ha fatto facilmente breccia in un elettorato già scarsamente fiducioso circa la capacità delle istituzioni e della polizia (spesso corrotta) di opporsi con successo al crimine. Mentre, da un lato, è stato chiaro che la fine del commercio legale delle armi avrebbe senza dubbio prodotto esiti positivi, dall’altro è apparsa sempre più minacciosa una prevedibile conseguenza negativa: l’incremento del contrabbando delle armi. Nella maggioranza dei brasiliani (in particolare quanti risiedono nelle metropoli) è così prevalso il timore causato dalla violenza criminale rispetto alla capacità dello Stato (sia a livello locale sia a livello federale) di contrastarla con successo.

Svoltosi in un momento politico piuttosto difficile, a causa degli episodi di corruzione che continuano a minare le istituzioni (e segnatamente la maggioranza di governo), il referendum, sostenuto dalla parte progressista della società brasiliana, si è risolto in una cocente sconfitta proprio per chi più fortemente lo ha voluto, ma è anche destinato a produrre altri effetti negativi per quanti hanno sostenuto la fine del commercio delle armi da fuoco. In primo luogo l’esito delle urne potrebbe influire negativamente su alcune norme dell’Estatudo do desarmamento poiché ben otto azioni d’incostituzionalità pendono davanti al Supremo tribunale federale (in Brasile, infatti, non c’è la Corte costituzionale). Dato che esse mirano a rendere più facile acquistare e detenere armi, è indubbio che il clima venutosi a creare su questo tema a seguito della vittoria del «no», può incidere sulla valutazione di inconstituzionalità da parte del Stf.

Ma quel che è peggio, il consenso raggiunto dal «no» rischia di diventare una rampa di lancio per le istanze più retrograde presenti nel Paese. Pare infatti probabile che alcuni politici e partiti si presenteranno alle elezioni del 2006 con un programma politico comprendente provvedimenti quali l’abbassamento della maggiore età in ambito penale e l’istituzione della pena di morte. Ad esempio, il deputato Jair Bolsonaro (Pp), noto per le sue posizioni reazionarie, intende candidarsi alla carica di governatore dello Stato di Rio sulla base di un programma che prevede queste proposte. Propone inoltre minori stanziamenti a favore delle organizzazioni non governative e maggiore repressione del crimine. Come già avvertono alcuni politologi, molti elettori, da un lato minacciati dall’inefficienza della pubblica sicurezza e dall’altro sfiduciati a causa degli episodi di corruzione che stanno caratterizzando la seconda parte del quadriennio presidenziale di Lula, potrebbero finire con il votare a favore di politici reazionari.

Se con l’elezione di Lula del 2002 per la prima volta nella storia del Brasile un esponente progressista era giunto alla presidenza e l’evento era apparso tanto eccezionale da fare commentare «la speranza ha prevalso sulla paura», il referendum del 23 ottobre ha invece segnato un indubbio successo della paura. Partendo dalla schiacciante vittoria ottenuta, i conservatori proveranno ad annettersi quanti hanno votato «no» per fare approvare leggi che mirano a interrompere il pur faticoso e incompleto processo di conquiste democratiche a cui la società brasiliana è fin qui giunta.

Andrea Zeccato

 

Risultati del referendum sul commercio delle armi in Brasile

(23 ottobre 2005) – Fonte: www.terra.com.br

No: 59.109.105 – 63,94%

Sì: 33.333.036 – 36,06%

Voti validi: 92.442.141 – 96,93%

Voti bianchi: 1.329.206 – 1,39%

Voti nulli: 1.604.299 – 1,68%

Elettori: 95.375.646 – 78,15%

Astenuti: 26.667.179 – 21,85%

Aventi diritto: 122.042.825


Fonte: MUSIBRASIL musica parole immagini del Brasile – http://musibrasil.net