[di Francesco Piccioni • 29.09.01] Protestano i fedeli esecutori degli ordini finanziario-spionistici del re e della Cia. Basta cercare su Internet.

Bush, Bin Laden, Reali Sauditi: fine di una love story

Un’intera pagina di “Le Monde”, domenica, a pagamento. Per “smentire categoricamente” le voci di “complesse partecipazioni finanziarie” con Osama Bin Laden. Prima ancora che Bush rendesse pubblica la sua ridicola “guerra finanziaria al terrorismo”, Gaith Rashad Pharaon – aristocratico saudita e presidente della Pharaon Investment Group con sede a Parigi, tormentato da voci di stampa decisamente malevole – si è alzato per dire “Giù le mani dal mio onore”, dai miei investimenti; dal “lavoro di una vita”, diremmo in Italia. Ha certamente le sue brave ragioni, il signor Pharaon. In fondo si è sempre mosso tenendo ben fermo lo sguardo su due stelle polari: la famiglia reale saudita e le covert operation della Cia. Un finanziere accorto, dunque, che da 30 anni si muove con disinvoltura e discrezione in mezzo alla spazzatura disseminata a piene mani da quei tangheri di texani che arrivano con il sigaro in bocca, il cappellaccio in testa e stendono gli stivali sui suoi preziosi tavoli. E danno ordini. Lui, secondo un rapporto della Federal Reserve, aveva accettato di buon grado di essere il front man, l’uomo di punta della Bcci nei tentativi d’assalto alla First National Bank. Ma del resto era entrato nella famigerata Bank of Credits and Commerce International per l’amicizia di famiglia con Agha Hassan Abedi e lo sceicco Kamal Adham, cognato di re Feisal. Faceva parte di quel consiglio d’amministrazione insieme a Khalid Bin Mahfouz (sposato con una Bin Laden, indicato come un fedelissimo di Osama), lo stesso Kamal Adham e addirittura Clark Clifford, ex ministro della difesa Usa e consigliere di ben quattro presidenti degli Stati uniti (da Truman a Johnson), amico dei fratelli Dulles, due “miti” nella Cia. Pharaon è una persona perbene, rispettata. In Arabia Saudita fa affari insieme allo sceicco Abdullah Bakhsh, altro finanziere accorto che sedeva addirittura nel consiglio di amministrazione della Harken Energy – nell’88 – insieme ad Alan Quasha (intimo dell’ex dittatore filippino Marcos) e George W. Bush. Una botte di ferro. I consigli di amministrazione della Bcci e della Harken sono composti dalle stesse persone, o comunque dello stesso giro. Gente che gestiva gli incassi provenienti da un ricco traffico di droga per finanziare i Contras nicaraguegni prima e la guerra in Afghanistan contro i sovietici, poi. Ma, anche lì, aveva obbedito agli ordini Usa. O della Cia? La domanda può sembrare strana, ma proprio con quella serie di operazioni (passata alla storia come “scandalo Iran-Contras”) la Cia aveva preso a finanziare una propria “politica estera”, senza più passare attraverso il giudizio – e il controllo della spesa – del Congresso. Osama era cresciuto anche abbeverandosi a quella fonte, la Bcci. Ne aveva tratto tutto quanto serviva per lanciare alla grande la “guerra santa” antisovietica, inventando quasi di sana pianta un movimento integralista che solo nell’Iran degli ayatollah sembrava avere qualche seguito popolare.Ma di tutto questo la Cia, ovvero la famiglia Bush – padre, figlio, James Baker e Dick Cheney – erano perfettamente al corrente. Anzi: quel gioco l’avevano inventato loro. Perché, ora, additarlo all’odio del mondo solo per la sua frequentazione con la famiglia Bin Laden? Come scrive nel suo appello francese, quella “è una delle famiglie più conosciute e rispettate del Medio Oriente”. Lo sanno tutti, lì, che i Bin Laden sono la faccia e la finanza pubblica della famiglia reale di Riad. E’ vero, per esempio, che in Francia controllavano la Banque Al Saudi, poi parzialmente integrata nell’Indosuez. Ma in quel CdA – che comprendeva come sempre Salem Bin Laden, Khalid Bin Mahfouz, lo sceicco Bogshan – il presidente onorario era il principe Muhammad Ben Fahd, figlio del re. Un nome che era una garanzia. E’ vero anche che Yeslam Bin Salem, nella Zurich company, si era trovato in società con la famiglia Shakarshi, noti soprattutto per il riciclaggio del traffico di droga. Ma anche questi lavoravano per la Cia e la guerra antisovietica in Afghanistan. Quindi era “tutto ok”, no? Perché, altrimenti, i Bush ci avrebbero tenuto tanto ad avere i Bin Laden come soci in affari? Pharaon lo sa bene: le attività finanziarie di Salem, lo sfortunato socio petrolifero di George W. Bush morto in uno dei tanti “incidenti” aerei che tormentano la famiglia saudita; quelle un po’ più violente di Osama; quelle di Yeslam insieme agli Shakarshi – non avvenivano per iniziativa personale della famiglia Bin Laden. Erano “contratti” – politici o finanziari – che recavano la firma dei due membri più influenti della famiglia reale: i principi Muhannad Ben Fahd e Saud Ben Nayef. Una guerra ai Bin Laden bombarda direttamente anche il trono saudita.