[Adista • 26.03.05] Dipendenza totale dalle esportazioni e sfruttamento dei lavoratori: l'economia cinese vista dalla nuova sinistra...

CINA. REMARE STANCA

È di questi giorni la notizia che, stufa di essere bacchettata ogni anno dal rapporto del Dipartimento di Stato Usa sui diritti umani, la Cina ha deciso di restituire la cortesia. Il governo di Pechino ha infatti pubblicato una pagella sul rispetto dei diritti umani nell’unico paese assente dal rapporto americano: gli Stati Uniti. Il New York Times reagisce seccato. In un articolo intitolato “La Cina dà l’insufficienza all’America”, sostiene che “invece del sobrio studio del Dipartimento di Stato, questo è un atto di accusa e dipinge una caricatura dell’America”.

Ma chi va a leggersi il rapporto cinese in versione integrale in realtà rimane sorpreso per il motivo opposto: la sua attendibilità.
 
Vi proponiamo di seguito l’intervista raccolta da Jehangir Pocha (pubblicata sul quotidiano brasiliano “O estado de Saõ Paulo”) incentrata sulle prospettive economiche del continente cinese viste dalla nuova sinistra. Dipendenza totale dalle esportazioni? Sfruttamento dei lavoratori? Sono problemi reali ai quali la classe dirigente vuole dare una risposta.
 
[ADISTA • 26.03.05] Wang Hui, appartenente al movimento della nuova sinistra cinese, è professore di letteratura all’Università Tsinghua ed editore del giornale Du Shu. Ha parlato a Global Viewpoint sulla nuova sinistra e il crescente abisso tra ricchi e poveri in Cina, uno dei principali temi della sessione annuale del Congresso Nazionale del Popolo, conclusasi il 14 marzo a Pechino.

Nel contesto cinese, cos’è la nuova sinistra?

Oggi, la Cina è presa tra i due estremi di un socialismo perduto e di un capitalismo cronico. E soffrendo ciò che vi è di peggio nei due sistemi. Dobbiamo trovare una via alternativa. È la grande missione della nostra generazione. In generale, sono a favore del fatto che il Paese venga orientato in direzione di riforme di mercato, ma lo sviluppo della Cina deve essere più egualitario, più bilanciato.

Non dobbiamo dare una priorità totale alla crescita del Pil, a costo dell’eliminazione dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente. L’obiettivo comune della nuova sinistra cinese è quello di far comprendere tutte le implicazioni delle attuali politiche della Cina. Penso che, se le persone vedessero quello che sta avvenendo veramente, resterebbero meno affascinate dalle riforme. La politica economica decisamente esportatrice della Cina, per esempio, sta causando alcuni problemi seri, come uno sviluppo regionale squilibrato e differenze salariali abissali. Le esportazioni cinesi in proporzione al Pil sono di gran lunga superiori a quelle degli Stati Uniti e del Giappone. Di fatto, è una situazione strana.

Normalmente un Paese grande gode del beneficio di un grande mercato interno. Ma in Cina non è così, il che significa che il nostro grande mercato è sottosviluppato. La nostra totale dipendenza dalle esportazioni significa che il nostro popolo è troppo povero per comprare i prodotti. Allora, ne deriva che sarebbe necessario aumentare i salari cinesi. Un passo concreto è eliminare completamente il Credito di Imposta di Importazione, già ridotto sotto pressione americana, che assicura esenzione fiscale agli esportatori cinesi, sottraendo la produzione al mercato interno.

Jiang Zemin, l’ex presidente della Cina, ha posto il Paese sulla linea del modello americano. Questo sta cambiando?

Sì, poiché la Cina guardava solo agli Stati Uniti. Oggi, è chiaro, il governo di Hu Jintao sembra molto più rivolto al mondo: non solo agli Usa, ma all’Europa, all’America Latina, all’India e ad altri luoghi. Hu Jintao e Wen Jiabao sono più preoccupati dell’uguaglianza sociale e dell’ambiente. Fondamentalmente, stiamo assistendo a un riorientamento delle politiche dell’ultimo governo.

Stanno rigettando anche la teoria delle Tre Rappresentazioni di Jiang Zemin, che cerca di dare potere alle forze produttive della società cinese – gli imprenditori – tanto da esser vista come una specie di infiltrazione dell’economia reaganiana?

Le Tre Rappresentazioni sono state usate da molte persone per dire che la Cina dovrebbe avere una crescita del Pil a qualunque costo, che andrebbe tutto bene anche se i lavoratori che hanno costruito un grande edificio non venissero mai pagati. Ma Wen Jiabao è intervenuto personalmente a livello nazionale per far sì che i lavoratori ricevessero i loro salari, e una gran parte di essi è stata pagata grazie al suo intervento. In un certo senso, è risibile che il primo ministro debba intervenire perché i lavoratori siano retribuiti. Ma, d’altro lato, è un simbolo delle preoccupazioni dell’attuale governo. Queste cose, per esempio, non avvenivano nel governo anteriore. Jiang Zemin non lo faceva.

Qual è il pensiero economico dominante nella Cina di oggi?

Oggi l’economista più popolare e influente in Cina è il professore dell’Università di Hong Kong Steven Cheung. Il suo esempio famoso è quello di un gruppo di rematori che trasporta passeggeri da una riva all’altra di un fiume. Tutti loro sono padroni della barca, ma assumono persone per sferzarli, perché temono che alcuni di loro cercherebbero di non remare. Ma, se nessuno di loro remasse, non si farebbero affari, e allora essi concordano di assumere qualcuno che vigili su di loro e li sferzi per il bene del gruppo. Così, Cheung dice che i lavoratori hanno bisogno di una persona che sorvegli perché altrimenti non lavorerebbero. Secondo lui, la cosa più importante è creare un capitalista che vigili sui lavoratori e si prenda cura degli affari.

Qual è la sua valutazione al riguardo?

So che questa è la teoria economica popolare: che la proprietà privata sia il migliore incentivo. Bene, anche i capitalisti sono accetti. La realtà però è che i proprietari saccheggiano sempre le proprie imprese. Basti pensare alla Enron. Questa è la teoria di George Akerlof (economista e vincitore del Premio Nobel). È un mito che i capitalisti non rubino alla propria impresa, perché non sono proprietari di tutta l’impresa. L’idea è molto semplice. Il proprietario di una impresa è interessato solo ai beni liquidi, la parte che può essere ridistribuita agli azionisti. Ma l’impresa ha una quantità di beni al di sopra e al di là dei beni liquidi. Sono i debiti alle banche e anche i debiti impliciti ai lavoratori, come pensioni e benefici. A certe condizioni, un proprietario può saccheggiare tanto il debito implicito quanto quello esplicito dell’impresa.

Chi sono gli economisti e i pensatori che la ispirano?

John Stuart Mill. Anche Joseph Stiglitz e Amartya Sen. E, chiaro, Akerlof.

L’idea europea di socialdemocrazia è un modello per la nuova sinistra della Cina?

Mi piace il sistema tedesco. Ma c’è una grande differenza. Il modello europeo di democrazia sociale è basato su imposte alte come base di ridistribuzione e benessere sociale. In altre parole, la preoccupazione del sistema europeo è già per la ridistribuzione, e non in primo luogo per il tentativo di evitare le iniquità di una società ingiusta.