[di Amedeo Tosi • Gennaio 1998] La miseria della maggior parte delle nazioni del Sud del mondo non è affatto casuale, o dovuta a una loro congenita incapacità di organizzarsi e pianificare il proprio futuro. L'attuale organizzazione del sistema economico mondiale non concede spazio ad altra visione dei rapporti commerciali, se non a quella che vuole i paesi produttori del Sud fornitori di materie prime successivamente trasformate nei paesi industrializzati. Il fluttuare dei prezzi delle materie prime, la questione del debito e delle barriere commerciali, aggravano ulteriormente questo quadro della situazione.

COMMERCIO EQUO E SOLIDALE

La miseria della maggior parte delle nazioni del Sud del mondo non è affatto casuale, o dovuta a una loro congenita incapacità di organizzarsi e pianificare il proprio futuro. L’attuale organizzazione del sistema economico mondiale non concede spazio ad altra visione dei rapporti commerciali, se non a quella che vuole i paesi produttori del Sud fornitori di materie prime successivamente trasformate nei paesi industrializzati. Il fluttuare dei prezzi delle materie prime, la questione del debito e delle barriere commerciali, aggravano ulteriormente questo quadro della situazione. Contro queste ingiustizie e iniquità si sta battendo il commercio equo e solidale, saltando qualsiasi intermediazione, sostenendo gli sforzi per la trasformazione in loco della materia prima nel pieno rispetto dell’uomo / donna e dell’ambiente. Il commercio equo vuole essere una risposta quotidiana, concreta e immediata che collega le richieste di giustizia dei produttori al potere decisionale dei consumatori, avvalendosi della rete delle “Botteghe del mondo”, luoghi di vendita dei prodotti, ma anche centri di diffusione di informazione e sensibilizzazione. Attraverso il commercio equo si sostengono progetti di sviluppo formulati a partire dalle reali esigenze dei gruppi di produttori direttamente coinvolti, attraverso l’acquisto dei prodotti secondo criteri precisi e condivisi.

Più cooperazione, meno assistenzialismo
[di Amedeo Tosi]

Il commercio equo e solidale (CEeS) nasce nel Nord Europa (Olanda e Svezia) negli anni ’60 con le prime organizzazioni commerciali alternative che avevano come direttive quelle di diffondere una nuova forma di cooperazione non più basata sull’assistenzialismo, ma incentrata sul coinvolgimento delle forze sociali emarginate individuate nelle piccole coop di villaggio e nelle leghe di produttori agricoli e artigianali. Le realtà delle organizzazioni del Nord Europa si svilupparono notevolmente fino ad assumere dimensioni, come testimonia la GEPA in Germania, con 300 punti vendita e sei magazzini regionali, assai significative. In Olanda il CEeS esordisce con la specializzazione dei prodotti, in particolare il caffè, che tramite un movimento di opinione portò al varo di una legge che obbligava i principali importatori ad acquistare una parte corrispondente al 15% del prodotto dai piccoli coltivatori, evitando la rete commerciale delle multinazionali. In Italia nasce intorno al 1988 su iniziativa di alcune piccole realtà (Bolzano, Padova, Rovato) che con altri fondano nell’89 la cooperativa “Cooperazione Terzo Mondo” (C.T.M.) che nella sua breve storia si è espansa molto. Con sede a Bolzano, la C.T.M. mantiene legami commerciali con oltre 140 gruppi produttori del Sud, che danno lavoro a quasi 40 mila persone. I prodotti che essa importa sono distribuiti da un numero sempre crescente di punti vendita (oggi quasi 200), gestiti da oltre un centinaio di associazioni e cooperative. Di recente ha sottoscritto con “Commercio Alternativo” di Ferrara (altra federazione di circa 40 organismi autonomi che gestiscono circa 120 botteghe del mondo) un accordo di collaborazione in base al quale i due soggetti hanno deciso di stabilire criteri comuni per valutare l’affidabilità dei gruppi produttori del Sud; di unire le proprie risorse sul fronte dell’informazione e della promozione; nonché adottare un “cognome” comune per tutti i punti vendita del commercio equo: “Botteghe del mondo”. Chiude questa breve panoramica dei soggetti impegnati in Italia la R.a.m. (Robe dell’altro mondo). Nata nel 1987, l’associazione culturale e umanitaria che coopera con vari gruppi democratici e di base del Terzo Mondo (India, Nepal, Bangladesh e Thailandia) è attiva anche nell’ambito del CEeS.

Per maggiori informazioni: “C.T.M.”, via Macello 18 – 39100 Bolzano – tel. 0471-975333; “Commercio Alternativo”, via Darsena 176/A – 44100 Ferrara – tel. 0532-772009; “R.a.m.”, via P. del Parco 14 – 16036 Recco (Ge) – tel. 0185-720012.

Testimonianza piccola ma intensa
[di N.Arewa]

Negli anni ’60 si è assistito nel Sud del mondo e in particolare in Africa, al fiorire di stati indipendenti. Le ex colonie, tuttavia, come era largamente prevedibile, hanno continuato a svolgere lo stesso ruolo nella divisione internazionale del lavoro: a produrre, cioè, materie prime a prezzi bassissimi per le industrie e i consumi della “madre patria”. Ciò ha significato perpetuare uno stato di sottosviluppo e subordinazione economica e politica a strategie ed interessi decisi nel Nord del mondo. Non a caso, a tutt’oggi, le relazioni Nord-Sud sono segnate dall’ineguaglianza dei rapporti economici commerciali. Il rapporto 1992 delle Nazioni Unite sullo sviluppo umano ha illustrato con chiarezza il baratro che divide il Nord e il Sud. Se nel 1960 il 20% più ricco della popolazione mondiale aveva un reddito 30 volte superiore a quello del 20% più povero, nel 1990 la differenza a favore del 20% più ricco è salita a 60 volte. Lo studio dell’Undp (Programma dell’ONU per lo sviluppo), nel sottolineare che i mercati mondiali non operano liberamente, ha fornito anche altre significative analisi. Ci ha detto, ad esempio, che le barriere tariffarie e non tariffarie mettono fuori mercato molte industrie dei Paesi in via di sviluppo (PVS): queste misure tariffarie vengono applicate principalmente su quei prodotti a forte impiego di manodopera -tessili, abbigliamento, calzature- in cui i Pvs sono maggiormente concorrenziali. Gli stessi meccanismi -la tariffa aumenta in proporzione al livello di lavorazione del prodotto- inducono molti Pvs a non trasformare le materie prime e, dunque, ad esportare il cacao piuttosto che il cioccolato, la iuta piuttosto del tappeto. Continuando tale situazione di disparità -è sempre l’ONU a dirlo- i Pvs perdono ogni anno 500 miliardi di dollari in occasioni di mercato, cioè 10 volte quello che ricevono in aiuti. Come uscirne? Intanto lanciando un segnale, per ora ancora piccolo, ma intenso. Una delle alternative praticabili è quella di creare rapporti commerciali e culturali paritari con i produttori, artigiani e contadini del Sud del mondo, e far comprendere al consumatore europeo che una parte non trascurabile del suo benessere è fondata su rapporti economici profondamente ingiusti e sullo sfruttamento di tre quarti dell’umanità. É per questo che negli anni ’60, cominciano a nascere in Europa le prime organizzazioni di CEeS. Quali sono le caratteristiche che conferiscono al commercio le qualifiche di equo e solidale? Innanzitutto, parte dall’esistente, cercando il dialogo con i produttori del Sud del mondo, e non cala progetti “dall’alto”, come ha fatto e fa buona parte della cooperazione internazionale. In secondo luogo, affronta un processo di scelta reciproca e riconosce la diversità, secondo un approccio che si può schematizzare come segue: “Chi sono io, chi sei tu, quali sono i modi di organizzare la vita della tua comunità nel Sud e quali i nostri, qui in Europa; qual è la tua valutazione della fatica e del lavoro messo per confezionare questo prodotto, a quale prezzo credi che sia giusto venderlo?”. E poi ancora, una volta scelto il gruppo e aperto un canale di scambio e di comunicazione, si tratta di continuare a confrontarsi su aspetti tecnici come produzione e trasporto, sul perfezionamento dell’attività, sulla certezza della continuità del rapporto nel tempo. Un’altra caratteristica basilare del CEeS è di non interferire con le scelte di sviluppo della comunità locale.

I principi: lavoro, giustizia e ambiente

I principi che sostengono il commercio equo e solidale partono da una rivalutazione del ruolo dei produttori, visti parte integrante e di tutto rispetto all’interno di una catena commerciale il cui prodotto finale non è solo una merce col suo valore di scambio, ma di tutta una cultura, di una coscienza e di una dignità umana che deve essere rispettata e ricostruita e che fa parte integrante del prodotto con un alto valore aggiunto rappresentati da questi ideali. Vi sono alcune coordinate che il commercio equo rispetta e pretende vengano rispettate anche dai produttori. Queste si possono riassumere nei seguenti concetti:
LAVORO – il commercio equo sostiene la creazione di nuove possibilità di impiego per quelle fasce di popolazione comunemente emarginate dal mercato. Questa priorità deve permettere inoltre ai produttori un ruolo attivo nella partecipazione alla vita della propria comunità in un processo costante di acquisizione di dignità; GIUSTIZIA – con questo termine ci si riferisce soprattutto a condizioni eque di lavoro. Il guadagno deve essere equamente distribuito e soprattutto indirizzato ai produttori;
AMBIENTE – il commercio equo e solidale tende ad adottare materie prime ecologicamente compatibili e, per quel che riguarda i prodotti alimentari, ad aumentare il numero di quelli provenienti da coltivazioni biologiche controllate;
SVILUPPO – si fonda su un rapporto attivo, solidale ed equo che presuppone un livello di maturazione economico, sociale e culturale fra i partner del Nord e del Sud del mondo.

I criteri dei rapporti commerciali

PREVENZIONE DELL’INDEBITAMENTO E SVILUPPO – All’atto della conferma dell’ordine della merce, la Cooperativa di importazione, su richiesta dei produttori, garantisce il pagamento anticipato dei prodotti fino al 50% dell’ordine complessivo. Ciò affinché l’acquisto delle materie prime non comporti per i produttori il ricorso agli speculatori locali. Tramite il prefinanziamento si consente la pianificazione di programmi autogestiti a lunga scadenza, essenziali per un reale cambiamento della situazione sociale dei produttori.
IL PREZZO – Si garantisce ai produttori un prezzo deciso anno per anno insieme ad essi, basandosi sul costo delle materie prime, sul costo del lavoro locale e sulla retribuzione dignitosa e regolare per ogni singolo lavoratore, a cui va aggiunto un surplus per progetti di sviluppo locali autogestiti.
CONTATTI DIRETTI E CONTINUI – I rapporti con i produttori avvengono senza intermediazione, gli ordini vengono effettuati direttamente e i contatti sono continui e duraturi per consentire la pianificazione e l’attivazione dei programmi di autosviluppo previsti dai gruppi di produttori organizzati comunitariamente.
INFORMAZIONE E TRASPARENZA – La pratica del CEeS è anche la diffusione di materiale informativo specifico, riguardante i prodotti, i produttori, il loro modo di vivere, lavorare, organizzarsi. Un’attività inscindibile da quella prettamente commerciale, che vuole offrire strumenti di riflessione, pubblicazioni e occasioni di incontro sulle condizioni di vita e di lavoro di due terzi dell’umanità. In questo ambito si colloca anche l’attività di massima trasparenza nei confronti del consumatore, con la dichiarazione dei prezzi d’acquisto, i margini per i rivenditori, il margine per la copertura dei costi della struttura.
RICERCA E SVILUPPO – Il CEeS non è solo un prezzo più alto pagato ai produttori, ma è anche la ricerca di nuovi gruppi con cui entrare in contatto, la definizione delle priorità d’intervento e una strategia comune di marketing elaborata con i produttori.


Botteghe del mondo, che passione!

Per la diffusione dei prodotti del CEeS esiste in Italia, così come negli altri Paesi europei, una rete di negozi, le Botteghe del Mondo, che sono al tempo stesso variopinti spazi commerciali per la vendita dei prodotti alimentari e artigianali, luoghi d’incontro e di promozione d’iniziative mirate alla conoscenza dei Paesi del Sud del Mondo e all’approfondimento dei loro problemi. Le Botteghe si basano sulla passione, l’entusiasmo e l’impegno dei dipendenti e dei numerosi volontari al fine di realizzare un sempre più efficace servizio di vendita e adeguate iniziative culturali e formative. Le Botteghe sono organizzate come cooperative o associazioni senza fine di lucro. Le Botteghe con le quali è in contatto Ctm, ad esempio, sono più di 200, da Aosta a Cagliari, da Udine a Molfetta. Il CEeS, nato nella regioni Veneto, Trentino, Lombardia e Piemonte, è caratterizzato da una forte concentrazione di Botteghe in tali regioni e sta crescendo con sempre maggiore forza e vigore nelle regioni centrali e del Sud d’Italia.Queste le Botteghe nella provincia di Verona: Coop. La Rondine – via Pallone 20, Verona (045/8013504); Ass. La Goccia – p.zza V. Emanuele II 11, Bovolone (045/6900113); Coop. La Buona Terra – via Marsala 1, Villafranca (045/6303434); Ass. El Ceibo – v.le del lavoro 43, S. Martino B.A. (045/8780528).

A Lobia: otto anni di mercatini e sensibilizzazione

Inauguriamo con questo articolo una rubrica fissa che verrà gestita dai gruppi del commercio equo e solidale dell’est veronese.

Tutto è cominciato nel lontano 1990. A seguito di una serie di conferenze svolte nelle varie contrade di Lobia da Giorgio Benedetti (favoloso personaggio abitante ad Illasi, dell’Associazione “La Rondine” di Verona), il gruppo giovanissimi di A.C.R. ha promosso presso tutte le famiglie del paese un questionario intitolato: “Lo spreco”, dove essi cercavano di sapere se nei comportamenti quotidiani delle persone venivano o meno sprecate le cose, o se il vivere normale aveva subito o meno dei condizionamenti consumistici. Il risultato del questionario innescò una serie di risposte concrete da parte dei lobiesi. La proposta fatta da Giorgio è stata quella di cambiare stile di vita, di cambiare modo di leggere le cose, alla luce del Vangelo e della coerenza comportamentale. Il sistema creato per attuare questi progetti è stato ideato dagli olandesi e piano piano è partito anche in Italia con l’organismo chiamato C.T.M. . Esso è basato innanzitutto su una forte sensibilizzazione delle persone nei confronti dei problemi che il Primo Mondo crea nei riguardi del Terzo Mondo; infatti l’eccessiva ricchezza causa inevitabilmente elevata povertà in quei paesi troppo indebitati e sottosviluppati. Da subito si è cominciato a vendere i prodotti alimentari e di artigianato come gruppo di Lobia, tenendo presente innanzitutto l’aspetto commerciale della vicenda: piazzare i prodotti fatti nel terzo Mondo nel nostro sistema di vendita. Per questo siamo andati alla “Rondine” di Verona a procurarci la roba, quella che si riusciva a vendere andava, l’altra bisognava riportarla indietro in città. In questo via vai eravamo molto scomodi. Il mercatino mensile attuato a Lobia, continuava proficuamente. Poi, si è venuti a conoscenza che a San Martino esisteva un’altra associazione chiamata “El Ceibo” che vendeva, nella propria bottega, gli stessi prodotti. Così decidemmo di passare da loro per comodità logistica. Pensammo poi di fare un po’ di scorta dei prodotti, e tenerli depositati fino al mercatino successivo, però ci volevano un po’ di soldi per fare un minimo di scorta. Intervenne allora nel ’93 l’allora parroco, don Silvio, che mise a nostra disposizione un prestito di mezzo milione. É così iniziato il nostro lavoro, cresciuto di intensità grazie anche allo sconto del 10% che la bottega del Ceibo ci faceva ogni volta che si andava ad acquistare.

LA SITUAZIONE OGGI

Il nostro gruppo è composto da una decina di persone di entrambi i sessi, di età che varia tra i 20 e i 50 anni. Al nostro interno ci siamo suddivisi i compiti: uno segue i rapporti con Lobia, uno con l’esterno del paese; alcuni, poi, sono addetti a preparare ed allestire il mercatino mensile in paese. C’è anche chi pensa alla contabilità gestionale ed economica. Di mercatino in mercatino siamo poi cresciuti di numero e se una parola tira l’altra, attraverso questo passaparola altri giovani, dei paesi limitrofi il nostro, sensibili al problema, entusiasti del messaggio proposto, hanno voluto anche loro fare il mercatino nei loro rispettivi paesi. Un successo! Attualmente ci sono almeno 13 gruppi che lavorano per il progetto ed altri sono pronti a farlo in qualsiasi momento. Abbiamo scoperto che è fondamentale portare alla gente la merce proveniente dal Sud del Mondo, ma che è altrettanto importante fargliela trovare costantemente disponibile in ogni occasione programmata di vendita altrimenti il messaggio solidale, passato l’entusiasmo iniziale, fa sì che il prodotto se lo si trova lo si acquista al banco del mercatino, altrimenti si va al supermercato, senza la benché minima remora. Quindi importante è che alle scadenze fissate per i vari mercatini, noi ci siamo sempre, garantendo la nostra presenza nel tempo, costantemente. Una importante iniziativa si sta tentando di porre in essere: stiamo cercando di organizzare una spedizione di miele (circa 12 quintali) dalla lontana Georgia, nuova Repubblica appartenente alla ex Unione Sovietica. Date le precarie condizioni economiche del Paese, dovremo sobbarcarci l’onere di pagare oltre al miele, le spese di spedizione dei fusti vuoti, delle analisi organolettiche in loco e alla frontiera, e naturalmente anche le spese di trasporto via mare e poi via terra del prodotto. Per questo nel mese di aprile, una spedizione di tre dei nostri volontari si recherà, a proprie spese, in quel di Tblisi, la capitale, per definire ed organizzare questa ed eventuali prossime consegne.


Questi articoli sono stati pubblicati sul numero di Gennaio/Febbraio 1998 del giornale «il GRILLO parlante».