[Misna • 12.05.04] I politici hanno preso la parola e, per la prima volta, il primo Congresso mondiale dei bambini sul lavoro minorile, organizzato a Firenze dal 10 al 12 maggio 2004 dall’associazione Mani Tese e dai sindacati confederali italiani, Cgil, Cisl e Uil, si spacca, mostrando tutte le crepe del mondo di quegli adulti ai quali 246 milioni di bambini lavoratori chiedono un intervento rapido e risolutivo...

CONGRESSO MONDIALE SU LAVORO MINORILE

I politici hanno preso la parola e, per la prima volta, il primo Congresso mondiale dei bambini sul lavoro minorile, organizzato a Firenze dal 10 al 12 maggio 2004 dall’associazione Mani Tese e dai sindacati confederali italiani, Cgil, Cisl e Uil, si spacca, mostrando tutte le crepe del mondo di quegli adulti ai quali 246 milioni di bambini lavoratori chiedono un intervento rapido e risolutivo. Nulla di grave, per carità. Solo che la spaccatura è stata palesemente duplice: innanzitutto, tra adulti e ragazzi; i primi si sono accaparrati un auditorium semi-vuoto per parlare a tratti di fumose politiche difficili da capire (salvo poi sottolineare l’assenza dei più giovani), i secondi hanno invece inscenato una calda festa multicolore nella piccola ma accogliente sala verde del palazzo dei congressi del capoluogo toscano, dimostrando che i giovano sanno e vogliono comunicare tra di loro, essere propositivi, provare ad avanzare proposte e accettare con entusiasmo emendamenti alle stesse.

La seconda spaccatura si è invece palesata proprio nel semi-deserto auditorium, nel quale interventi “di addetti ai lavori per addetti ai lavori” si sono alternati a dichiarazioni piene di brio e di coraggio. Come quelle della rappresentante del governo brasiliano, Maria Carvalho Lopez, del ministro del Lavoro della Costa Rica, Ovidio Pacheco Salazar, e di Virginia Matabele, ministro per il Coordinamento delle donne e del welfare del Mozambico. Alla fine del suo intervento, la Matabele ha spiegato quanto il suo Paese “sta faticando a tirarsi su dopo la lunga guerra civile che lo ha sconvolto” e quanto pesino “sulla possibilità di effettuare interventi per l’infanzia, l’istruzione e la sanità, sia l’enorme debito pubblico del Paese sia l’impossibilità di intervenire sulle organizzazioni finanziarie internazionali – a cominciare dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca mondiale – che con le loro politiche condizionano i piccoli Paesi, come il Mozambico”. Tanta politica, dunque, nel corso della tavola rotonda: “Ruolo e coerenza degli interventi delle istituzioni, dei governi e delle parti sociali nella lotta al lavoro minorile”.

E, a proposito di coerenza, gli spettatori hanno potuto quasi subito assistere al confronto tra Stati Uniti e Unione Europea sulle politiche adottate per sradicare il lavoro minorile. Mentre la relatrice dell’Unione Europea, Lieve Fransen, della Direzione pubblica per lo sviluppo della Commissione, si è limitata a ricordare “l’impegno del Presidente della Commissione, Romano Prodi, per sradicare entro il 2020 ogni forma di lavoro minorile”, il rappresentante del Dipartimento del Lavoro Usa, Levine, ha tessuto le lodi della “pianificazione strategica” e dell’“impegno del governo di Washington in materia di lotta contro il lavoro minorile”, dimenticando però di citare le centinaia di denunce fatte ogni anno dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani a carico delle multinazionali basate negli Usa che, con il sistema dell’appalto e del subappalto, partecipano attivamente al peggioramento della piaga dello sfruttamento minorile.

Il direttore dell’Unesco, Qian Tang, ha confermato “l’impegno in favore dell’istruzione per tutti entro il 2015”, nonostante sia da tempo chiaro che l’obiettivo appare non raggiungibile. La rappresentante brasiliana ha invece introdotto l’idea del “tempo pieno a scuola come una soluzione per togliere i bambini dalla strada” confermando l’impegno del presidente Luiz Inacio Lula da Silva per lo sradicamento della povertà e del lavoro minorile. L’intervento più applaudito è stato però quello del ministro del Lavoro della Costa Rica, secondo cui “tutti i Paesi sottosviluppati dovrebbero eliminare i loro eserciti: così avremmo immediatamente la soluzione al problema del lavoro minorile, visto che potremmo spostare tutte le risorse militari nel settore dell’istruzione pubblica e nel sostegno sociale a favore di chi ha bisogno”. Dopo missili e carri armati, Pacheco Salazar se l’è poi presa con la corruzione, “paradossalmente più forte nei Paesi meno avanzati e fonte di sprechi enormi”. Perché, allora, ha concluso il ministro centroamericano, “non fare in modo che tutti i parlamenti del mondo approvino leggi più severe contro i corrotti?”. “Sono i bambini il più grande tesoro del mondo” ha poi concluso Pacheco Salazar.

La terza e ultima giornata del Congresso mondiale dei bambini sul lavoro minorile è stata scoppiettante, anche di polemiche, ma anche piena di sorprese, a cominciare dallo splendido canto di strada intonato da un ex bambino-lavoratore pakistano, nel quale si parla d’infanzia e del futuro dei bambini, e dal variopinto ballo peruviano di cui si sono resi protagonisti due adolescenti ex-schiavi del lavoro, lui ricoperto dal suo poncho rosso, lei con la gonna viola e la casacca bianca. Infine, prima di lasciare la parola ai politici, le note e le voci della canzone-slogan ‘Go! Go! Global March’ sono riecheggiate nell’auditorium affollato in ogni ordine di posti. Alla fine della canzone, sono entrati i protagonisti adulti, in particolare Ad Melkert, direttore esecutivo olandese della Banca mondiale (Bm) e Qian Tang, direttore dell’Unesco.

Scendono le scale dall’alto verso il basso, mentre i piccoli delegati prendono posto dietro il banco della presidenza e la giovane presidente anglofona invita tutti a prendere posto. Una troupe della televisione di stato italiana ferma Melkert e Tang, che mostrano sorrisi e disponibilità alle telecamere. Il sommesso brusio di mille voci diventa presto protesta. La presidente chiede a tutti di sedersi, anche ai due adulti “padroni del mondo”. L’intervista continua, la protesta cresce. Alla fine, mentre l’ultima giornata del Congresso comincia, dovendo scegliere tra sedersi e seguire le telecamere per l’intervista di rito, Melkert e Tang scelgono la seconda via, disinteressandosi di quanto gli ex-bambini-lavoratori hanno da dire a loro e agli altri “padroni del mondo” come loro. Cominciano le dichiarazioni dei piccoli delegati: “Tra di noi non ci sono state barriere linguistiche; abbiamo ascoltato i problemi gli uni degli altri, e poi siamo arrivati a una dichiarazione finale, in cui chiediamo ai governi di rispondere agli impegni che hanno promesso di prendere” dice un ragazzino del Nepal, alto quanto un soldo di cacio. Poi tocca a Carlos: “Bambini e adulti devono collaborare insieme per creare un mondo migliore. Le promesse devono essere mantenute. Tutti hanno il diritto di essere felici”.

Un ragazzino un po’ più grande, iraniano, introduce la questione che ha dominato la giornata conclusiva e che verrà recepita dalla dichiarazione conclusiva: “Siamo tristi per il fatto che alcuni partecipanti non siano potuti venire qui in Italia per ragioni di sicurezza e a causa del fatto che non hanno rilasciato loro il visto. I governi del mondo ci hanno fatto promesse che poi non hanno mantenuto. Abbiamo perso fiducia. Per questo vogliamo parlamenti dei bambini e una rete tra i ragazzi di tutto il mondo, per comunicare tra di noi e farci forza”. Una fonte centroamericana spiega che il ministero degli Esteri italiano, “ricevuta nel giugno 2003 la lista dei bambini partecipanti al Congresso, alla fine del marzo 2004 lo aveva concesso solo a 28 per motivi legati al pericolo di fuga dei ragazzi, a misure in materia di immigrazione illegale e perfino di antiterrorismo. Alla fine, molti di loro grazie ai trattati bilaterali vigenti con i Paesi di provenienza sono riusciti a partire e a essere presenti al Congresso, ma un centinaio sono dovuti rimanere a casa”. Lo conferma Filippo Mannucci, presidente dell’associazione Mani Tese. “I ragazzi sono molto arrabbiati per questo, si sono sentiti traditi. E con il suo atteggiamento il governo italiano ha contribuito a ridurre l’importanza di questa manifestazione mondiale. In molti avevano pensato di non venire, in segno di protesta. Poi è prevalso il senso di responsabilità e i ragazzi sono venuti lo stesso. Ma quello del governo italiano è stato un comportamento gravemente scorretto” conclude l’interlocutore, esprimendo tutto il suo disappunto. Il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, atteso a Firenze per la giornata conclusiva del congresso, non è intervenuto a causa di “pressanti impegni internazionali”. Accolta con fischi, la funzionaria ministeriale inviata in sua vece ha parlato degli interventi in materia di cooperazione attivati dal governo italiano, mettendo al centro quelli con il Mozambico. Il ministro per il Coordinamento delle donne e del welfare del Mozambico, Virginia Matabele, ha commentato: “Sono argomenti che non erano all’ordine del giorno e delle quali il mio Paese non era stato avvisato”.

I 134 delegati dei 246 milioni di bambini–lavoratori provenienti da una cinquantina di Paesi hanno infine letto la dichiarazione finale del loro primo congresso mondiale. Nelle diverse lingue hanno presentato il loro documento, chiedendo al mondo di essere difesi da “traffico di bambini, sfruttamento sessuale, lavoro su barche da pesca, pulizia delle macchine, vendita di beni per la strada o nei mercati, pornografia, raccolta di rifiuti, lavoro nel settore dei trasporti e nell’invio delle merci, nella costruzione dei mattoni, nella demolizione, nella creazione di utensili medici e altri materiali pericolosi, nel traffico di droghe, nel lavoro domestico, nei lavori in schiavitù, nel settore agricolo, nelle miniere, nel fare i tappeti, come soldati, lavorando nelle fabbriche e nei piccoli laboratori”. Il Congresso è stato giudicato complessivamente “un successo”, ma il documento conclusivo sottolinea: “Ci mancano alcuni nostri importanti delegati. Questi ragazzi erano già stati selezionati per partecipare al congresso, ma non hanno ottenuto i visti necessari per arrivare in Italia perché il governo italiano ha pensato che fossero un pericolo per la sicurezza e che alcuni di loro fossero troppo giovani”.

I ragazzi che non sono stati autorizzati a partecipare “si sono sentiti molto discriminati” si legge ancora nel testo che sottolinea ” i bambini possono avere riconosciuti i loro diritti solamente in una situazione di pace. La pace è il diritto umano più basilare. Ci dobbiamo chiedere perché non tutti siano in grado di ottenere qualcosa di così fondamentale. Mentre vivendo in pace ogni bambino non solo ha la possibilità di vedere riconosciuti i suoi diritti, ma anche un’opportunità più forte di migliorare il mondo per la propria e le prossime generazioni”. Nell’atto finale del convegno “la maggior parte degli ex-bambini lavoratori hanno dichiarato che stanno perdendo la fiducia nei governi a causa delle loro vuote promesse”. Mentre i governi investono un’enorme quantità di risorse per le armi per la guerra, – si legge inoltre nel documento – “ci sono ancora bambini che non sono in grado di leggere e scrivere. Non hanno una casa in cui vivere, o cibo da mangiare. I governi devono considerare i bisogni dei bambini come una priorità e includere dei bambini come una priorità e fornire tutto quanto è necessario perché possano vivere proteggendo i nostri diritti. Dal momento che è responsabilità dei governi proteggere i nostri diritti, porre fine al lavoro minorile, e fornire un’istruzione gratuita, equa e di buona qualità, abbiamo molte richieste per i governi.

Ecco allora le istanze presentate al convegno: i governi devono “ascoltare i bambini” e includerli “nelle decisioni che concernono le nostre esistenze”; “sanzionare penalmente il lavoro minorile e mai criminializzare i bambini” che devono essere sostenuti “nei procedimenti che intendono portare avanti in quanto sfruttati per il lavoro minorile, garantendo anche degli avvocati gratuiti”; “combattere contro il traffico di bambini”; “garantire istruzione obbligatoria di buona qualità e gratuita. Le scuole devono avere degli insegnanti validi che siano del tutto qualificati” e “retribuiti meglio”; “L’istruzione deve essere fornita in maniera equa a tutti i bambini a prescindere dal sesso, dalla razza, dalla condizione economica, dalla religione, dal luogo di nascita, dalla cittadinanza, dalla casta, dalla disabilità, dall’appartenenza a popolazioni indigene o dalla lingua”; “promuovere il lavoro degli adulti”; “creare un piano d’azione nazionale per porre fine al lavoro minorile”; “assicurare che gli aiuti allo sviluppo vadano direttamente allo scopo per cui sono erogati e non finiscano nelle mani sbagliate”; “creare un sistema affinché si mettano dei marchi ai prodotti che non sono fatti con lavoro minorile”. Gli ex-bambini lavoratori chiedono ai governi di collaborare tra di loro e “lavorare con la società civile e i sindacati per essere quanto più efficaci possibile nella loro azione”. Al termine del documento, accanto alle richieste rivolte ai governi, i ragazzi ribadiscono il proprio impegno per lo sradicamento del lavoro minorile in modo concreto: “promuovere iniziative per diffondere la consapevolezza riguardo al lavoro minorile nelle nostre comunità e nei nostri villaggi”; “lavorare a livello nazionale e creare un Parlamento dei Bambini in ogni paese”; “creare una rete di bambini così da poterci mantenere in contatto per essere educati su questo tema in tutto il mondo” si legge ancora nel documento. I ragazzi individuano con puntualità i mezzi con cui realizzare questi importanti obiettivi, come “l’uso dell’arte, della musica, della danza e della recitazione come forma di espressione e mezzo per diffondere la consapevolezza sul lavoro minorile” e “i nostri mezzi di comunicazione, come giornali, pensati dai bambini per i bambini, che ci permettano di esprimere liberamente la nostra opinione”. “Oggi il potere è nelle nostre mani, noi definiamo il futuro” si conclude il documento, che termina ottimisticamente con una sorta di auspicio: “Noi siamo il presente e la nostra voce è il futuro” seppure velato da una punta di amarezza per il disinteresse dimostrato da molte istituzioni per il congresso.
 
(a cura di Luca Leone)