DAL CAMPO ALLA FORCHETTA, KM ZERO


Mario coltiva quasi tutto: carote, insalata, melanzane e zucchine. I pomodori sono bellissimi «e buonissimi», sottolinea il bancario in pensione con il “pollice verde”. Che però non si dà pace, per un fatto che non riguarda solo la sua famigliola: la moglie Maria, attratta dalla pubblicità e dalle amiche, continua ad acquistare le carote provenienti dalla Spagna, l’insalata prodotta e confezionata nelle contee svedesi, le melanzane coltivate a mille chilometri dalla sua villetta e le zucchine con il bollino bianco-azzurro, raccolte nella Pianura Pontina. E i pomodori? «Beh, quelli di San Marzano sul Sarno sono i migliori!», sbotta convinta la grassoccia signora, con due borse di verdura in mano. La famiglia Bianchi è senz’altro “un caso” limite. Ma non è altrettanto off limits un altro fatto: moltissimi prodotti della terra che arrivano nelle nostre case nascono e crescono altrove, vengono poi caricati su avidi (di gasolio) tir o navi che sfrecciano a 23 nodi per finire in bella mostra negli ipersupemegarmarket.

Un po’ tutti intuiscono che «no, così non va», ma poi il fatto (un altro fatto!) di non aver tempo per seminare-annaffiare-raccogliere i prodotti nati su un fazzoletto di terra che solo i più fortunati possiedono, giustifica la frenetica attività di tir e navi d’assalto. E ricostruire la storia di un alimento analizzando la documentazione delle sue trasformazioni nella filiera alimentare, dal campo alla forchetta, diventa materia da affidare ai servizi segreti di una nazione e non certo ad un povero consumatore.

Eppure l’agricoltura veneta produce frutta, latte e formaggi, carne, uova, vino e zucchero in quantità enormemente superiore al fabbisogno dei 4 milioni 650 mila abitanti della regione, con livelli di salubrità e di qualità unici al mondo. Nonostante ciò il Veneto è la seconda regione in Italia per importazione di prodotti agricoli dall’estero destinati poi a diventare prodotti territoriali.

Se Mario è stamattina un po’ arrabbiato, felice è invece il signor Giovanni, che con la figlia Paola stanno tornando sorridenti dalla piazza del paese. Il paese potrebbe chiamarsi San Giovanni Lupatoto (Vr) o uno degli altri comuni della regione o d’Italia in cui sta prendendo piede una nuova iniziativa: il mercato a Km 0, sì a chilometri zero. Un mercato interessante, perché i prodotti in vendita sono nati e cresciuti lì, in quella terra.

Già a metà mattinata di domenica 8 giugno, ad esempio, erano state acquistate tutte le ciliegie e le fragole nei banchi del mercato agricolo a Km 0 lupatotino. «La promozione dei prodotti e i suoi trasformati tipici, locali e di stagione si ripeterà ogni seconda e quarta domenica del mese. Le bancarelle saranno di nuovo disposte lungo il “liston”, sul lato del municipio» spiega Giovanni a Mario.

Ed ecco che sta arrivando proprio uno dei promotori di questa felice idea: «L’iniziativa è stata molto apprezzata dalla popolazione. Quindici erano gli imprenditori agricoli presenti, ma altri in questi giorni hanno chiesto informazioni sulle modalità di uso delle aree. I contadini non erano soltanto di San Giovanni Lupatoto, ma anche di altre località del Veronese», racconta il consigliere comunale Gianmario Piccoli, a sua volta agricoltore, che ha contribuito ad allestire la manifestazione sostenuta dalla Coldiretti. E aggiunge: «La Coldiretti sta avvicinando le amministrazioni comunali perché trovino degli spazi da mettere a disposizione degli associati per proporre dei prodotti che abbiano un legame con il territorio, secondo le indicazioni ministeriali: vino, olio, salumi, formaggi, latte, frutta, verdura e fiori. I Comuni, in compenso, controllano l’attività dei mercati agricoli autorizzati». Ciò che il signor Piccoli intende evidenziare è «il valore sociale del mercato agricolo» nel suo paese, «che offre agli abitanti l’opportunità di valorizzare la cultura ambientale promossa negli ultimi anni dagli imprenditori agricoli riguardo la coltivazione dei prodotti della terra e il vantaggio che quegli stessi prodotti non devono percorrere lunghe distanze prima di giungere in tavola, con la dispersione di minori emissioni inquinanti nell’aria; di recuperare i sapori della tradizione culinaria; di produrre della merce che non è più destinata per scelta o, come accade nella maggior parte dei casi per l’imposizione del mercato, alla grande distribuzione, perché l’attenzione degli agricoltori è tornata sui singoli consumatori ai quali è garantita freschezza e qualità».

L’iniziativa avrà cadenza quindicinale nel grosso comune scaligero. E se tali mercati si moltiplicheranno, saranno in grado di combattere il caro prezzi degli alimenti: facendo acquisti di prodotti a chilometri zero, che non subiscono troppe intermediazioni e non devono percorrere lunghe distanze prima di giungere sulle tavole, subendo i rincari dei costi di trasporto dovuti al caro petrolio, ci guadagneremo due volte: in salute e portafoglio.

Il consigliere comunale se ne va, e Giovanni non smette di raccontare: «C’è una cooperativa agricola specializzata nel biologico, chi vende formaggi e chi propone pane fresco. A tutti i produttori locali il Comune ha offerto il gazebo della Pro loco, energia elettrica e sconto sul plateatico. E, come ha detto Gianmario, molti hanno accolto di buon grado l’invito. Così io e Paola abbiamo preso fragole, ciliegie, formaggi e pane fresco e biologico».

A convincerlo ad avvicinarsi al nuovo mercato è stata proprio la figlia, che già da qualche mese si ritrova con gli amici a discutere di buone pratiche. Presto in zona nascerà pure un Gas, gruppo di acquisto solidale.

É ora di pranzo. Mario silenzioso aspetta che arrivi qualcosa in tavola. Apre il giornale e legge:

CONSUMI: 3 ITALIANI SU 4 HANNO CAMBIATO MENÚ

A seguito dei rincari dei prezzi tre italiani su quattro hanno cambiato le abitudini alimentari principalmente variando il menù della spesa, aumentando l’attenzione riposta nella lettura dell’etichetta e prestando più attenzione alla provenienza dei cibi a favore di quelli locali. È quanto afferma la Coldiretti nel commentare i dati Istat sui consumi sulla base dell’indagine COLDIRETTI-SWG su «Le opinioni di italiani e europei sull’alimentazione».  I cambiamenti nel comportamento di acquisto sono giustificati dal fatto – rileva la Coldiretti – che l’alimentare e la seconda voce dopo l’abitazione ed assorbe il 19 per cento della spesa mensile totale delle famiglie per un valore che è stato nel 2007 di 466 euro al mese (467 nel 2006) destinati nell’ordine principalmente all’acquisto di carne per il 23 per cento, di frutta e ortaggi per il 18 per cento, di pane e pasta per 17 per cento, di latte, uova e formaggi per il 14 per cento.  Se complessivamente la spesa alimentare è stagnante, le quantità portate a casa dalle famiglie per effetto dell’aumento dei prezzi sono in calo anche per effetto di un crollo dei consumi di pane (- 6,3 per cento nel 2007 ), verdure (- 4,2 per cento) e vino (- 4,6 per cento), sulla base delle elaborazioni Coldiretti si dati Ismea Ac Nielsen relativi agli acquisti domestici nel 2007. Nella busta della spesa delle famiglie italiane – precisa la Coldiretti – c’è più pollo (+3,8 per cento), frittata (+ 4,2 per cento per le uova) e acqua minerale (+ 1,6 per cento) mentre calano pane, verdure e vino, ma anche pasta di semola (-2,6 per cento), burro (-3,6 per cento), frutta (- 2,5 per cento) e olio di semi (-5,6 per cento). Sostanzialmente stabili le quantità acquistate di riso ( -0,4 per cento), latte e derivati (+0,9 per cento), prodotti ittici (-0,8 per cento) e olio di oliva (-1,7 per cento).

Secondo un studio della Coldiretti dei circa 466 Euro al mese che ogni famiglia destina per gli acquisti di alimenti e bevande, oltre la metà, per un valore di ben 237 Euro (51 per cento), va al commercio e ai servizi, 140 (30 per cento) all’industria alimentare e solo 89 (19 per cento) alle imprese agricole. Questo significa chiaramente che i prezzi aumentano in media di cinque volte dal campo alla tavola con una tendenza che – conclude la Coldiretti – si è accentuata nel tempo ed è quindi necessario lavorare per rendere più chiaro e diretto il percorso del prodotto con l’etichetta di provenienza,  ma anche intervenire sulle filiere inefficienti che perdono valore senza ritardare le necessarie ristrutturazioni.

E rivolgendosi a Maria con un sorriso: «Tra quindici giorni andremo anche noi in paese, al mercato a chilometri zero. Vendono il pane biologico e altri ortaggi che io non riesco a coltivare. Dillo alle tue amiche…».

Mario, Maria, Giovanni e Paola sono nomi di personaggi inventati. Il mercato a chilometri zero, no: chiedetelo al consigliere Piccoli o alla Coldiretti. E sensibilizzate i vostri amministratori!

Amedeo Tosi



p.s.: pochi minuti fa, contemporaneamente alla pubblicazione di questo articolo, i consiglieri regionali veneti Nicola Atalmi (PDCI), Gianfranco Bettin (Verdi) e Pietrangelo Pettenò (PRC) hanno inviato alle redazioni questa dichiarazione: «Vogliamo esprimere soddisfazione per l’approvazione oggi della legge regionale «km zero» per il sostegno alla vendita diretta dal produttore al consumatore dei prodotti agroalimentari veneti e per il sostegno ai menù a km zero nella ristorazione e nelle mense. Ciò è stato possibile grazie al contributo della sinistra e malgrado le divisioni ed i litigi nella maggioranza. É bene che i promotori di questa legge di iniziativa popolare lo tengano presente per un futuro proficuo rapporto con il Consiglio regionale su questi temi.

È un primo provvedimento capace di stimolarne altri, ed ancora più efficaci, nell’interesse dei produttori e dei consumatori.

Per il consumatore rappresenta la possibilità di combattere, con i cosiddetti «farmer market», il rincaro fuori controllo dei generi alimentari e la possibilità di scegliere prodotti locali e di stagione che hanno un bilancio energetico più favorevole non avendo attraversato il pianeta per arrivare sulle nostre tavole.

Per i produttori locali può essere uno strumento utile di promozione e sostegno contro le speculazioni del commercio globale. Chiediamo però al Consiglio regionale ed alla Giunta di intervenire con politiche di sostegno con continuità sul tema del consumo critico e responsabile, del commercio equo e solidale, dei gruppi di acquisto solidale e di tutte le forme di tutela dei cittadini, dei consumatori e degli autentici produttori agricoli». (am.t.)