[«ARENA GOLFO», 27 GENNAIO 1991] «LA DEVASTAZIONE DEGLI SPIRITI»: L’INTERVENTO DI PADRE DAVID MARIA TUROLDO

[GrilloNews.it – 19.01.2024] Il 27 gennaio 1991, per iniziativa del movimento Beati i Costruttori di Pace, si svolge nell’Arena di Verona una manifestazione straordinaria contro la guerra del Golfo. Affiancando il movimento per la pace che in quei giorni attua con successo un’iniziativa di diplomazia popolare, inviando una delegazione a Bagdad per trattare direttamente col governo iracheno la liberazione degli ostaggi italiani, l’incontro in Arena di Verona riunisce diecimila persone. Grande è la partecipazione del mondo cattolico di base, che raccoglie l’invito di papa Giovanni Paolo II: «Mai più la guerra, avventura senza ritorno».

L’appello chiede l’immediato «cessate il fuoco», condanna la violazione della Carta dell’ONU e del diritto internazionale dei diritti umani. La dichiarazione conclusiva, appellandosi alla Legge Regionale n.18 del 1988 per una cultura di pace ed alla risoluzione del Consiglio Regionale del Veneto adottata il 15 gennaio 1991, dichiara solennemente il territorio veneto «zona di pace».

Partecipano a questa Arena, fra gli altri, Giuseppe Giulietti (giornalista Rai del Gruppo di Fiesole), Domenico Gallo (magistrato), Antonio Papisca (docente di Relazioni Internazionali all’Università di Padova), padre David Maria Turoldo. Fra i messaggi che giungono in Arena, quello di don Tonino Bello, dell’arcivescovo di Udine mons. Alfredo Battisti, del vescovo Loris Capovilla (segretario di Papa Giovanni XXIII) e di padre Alessandro Zanotelli da Nairobi, in Kenya.

Pubblichiamo il testo dell’intervento di padre David Maria Turoldo, parroco dell’abbazia di Sant’Egidio a Sotto il Monte, teologo, poeta e saggista.

 

La pagina dell’inserto redazionale pubblicato sul n.3 Marzo 1991 del mensile «Azione Nonviolenta»

LA DEVASTAZIONE DEGLI SPIRITI
[di padre David Maria Turoldo]

Siamo di nuovo minacciati dal più grave pericolo di distruzione e di morte, il mondo stesso è minacciato ad ogni livello, fisico e spirituale, a livello individuale e comune, perché siamo tutti dentro la stessa barca. Mi vengono in mente le parole di Gorbaciov: la terra è una nave e non possiamo permettere che affondi, perché non ci sarà un’altra Arca di Noè a salvarci. Credo che abbia ragione e quelle parole potrebbero essere il commento migliore alla lettera di San Paolo, quando afferma che Dio è uno, che il mondo è uno, che il corpo è uno, che l’uomo è uno per dire che o ci salveremo tutti insieme o tutti insieme ci perderemo. Siamo davanti alla necessità assoluta di formare una nuova cultura, il che vuol dire una nuova mentalità, un modo completamente diverso di pensare; fino ad adesso abbiamo pensato ad una cultura di guerra, oggi bisogna assolutamente pensare e inventare la cultura della pace.

Sapete tutti, voi operatori di pace, voi giovani che partecipate a questo movimento, quanto sia difficile costruire una cultura di pace; non per nulla la beatitudine della pace sta al centro del discorso della montagna, ed è la sola che garantisce la figliolanza di Dio: «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio…». So benissimo che il discorso della pace è il più difficile e ostico perché è veramente l’unico discorso rivoluzionario; bisogna cambiare tutte le categorie della nostra vita, tutte, perché siamo inseriti dentro una cultura che è competitiva: i mercati sono competitivi (libero mercato vuol dire che il mercato più grande mangerà il mercato più piccolo), siamo dentro ad una scuola competitiva e perfino le religioni, se non stiamo attenti, possono diventare competitive.

Forse l’aspetto più delicato e la screpolatura più profonda di tutto il mondo, un altro aspetto della guerra che si combatte attualmente, è che è scoppiata laddove c’è il crogiolo delle fedi più grandi della terra. Ognuno di noi potrebbe essere tentato di pensare che il suo Dio sia migliore di quello dell’altro, e l’altro altrettanto tentato di credere che il suo Dio sia migliore del mio; ma Dio è di tutti!

È per questo che ci siamo fatti guerre di religione, che sono le più insanguinate guerre della terra, in nome di quel Dio che invece non è proprietà di nessuno, perché è il Dio dell’uomo e nessuno può appropriarsi di Lui. Saddam prega Dio e dice che è con lui e allo stesso modo Bush: «In questo momento in cui tutte le chiese sono ripiene a pregare per la pace, è venuta l’ora dell’attacco». Attacchiamo tutti in nome di Dio, come in nome di Dio Hitler ha aperto i forni crematori per arrivare al genocidio umano. Il pericolo è spaventoso e forse siamo arrivati a toccare il fondo della discordia umana.

È necessario risalire dal fondo e inventare la nuova cultura della pace perché con la guerra – è già stato detto dal Papa – tutto è perduto, è un’avventura senza ritorno, un’inutile strage; ma soprattutto non dobbiamo pensare che la guerra sia solo quella combattuta e militarmente operante, come se le distruzioni e devastazioni della guerra fossero soltanto quelle di case, di città, di chiese, di strade contorte, di ponti saltati in aria: sono gli spiriti devastati la prima perdita!

Abbiamo già perso e siamo già sconfitti, perché la devastazione degli spiriti è in atto, pensate solo all’odio che questa guerra ha seminato in tutto il mondo: già un miliardo di islamici ci odia e pensano che siamo degli aggressori: pensate, un odio che forse durerà decenni se non anche secoli. Io ho visto Milano distrutta, Parigi distrutta, Berlino distrutta, ho passato sei campi di concentramento a raccogliere questi sopravvissuti. Sentivamo le ceneri dei morti bruciati nei forni crematori scricchiolare sotto le suole delle scarpe, perché la cenere era sparsa per i viali dei campi di concentramento, così come la sabbia qui nell’Arena.

Quella dello spirito è la devastazione più vera, la distruzione dell’uomo, ecco perché Dio è dalla parte dell’uomo. E quando, appunto, si è già in uno stato di guerra, oltre che essere sconfitti tutti noi, è sconfitta la ragione, perché quando uno ricorre alla forza vuol dire che non crede più alla ragione; è sconfitto il diritto internazionale, perché non ci può essere un diritto fondato sulla forza; è sconfitta la politica, perché non è vero che la guerra sia la politica condotta con altri mezzi, la guerra, invece, è la fine della politica; è la sconfitta della politica perché la politica è cercare vie migliori per la convivenza umana.

Se non ascoltassimo questo desiderio e augurio di pace con cui è annunciato lo stesso Cristo che nasce, se noi non diventiamo, cioè, operatori di pace per realizzare la parola stessa di Dio che s’incarna e diventa principio di comunione e di fraternità umana, il più grande sconfitto di tutti è Dio stesso. Dio che perde la partita umana, è questo il disastro più spaventoso che possiamo immaginare, ed è per questo che dobbiamo impegnarci per la pace, perché Dio ritorni a vincere contro questa guerra bugiarda, sporca e feroce che ci minaccia.

Abbiamo due armi, tra le altre, da usare: la prima è l’arma che io chiamo gioia di vivere, la gioia di essere veritieri, di essere onesti, di essere umani, perché la cosa più bella della terra è la realizzazione della propria umanità. Vi dico una confidenza: quando facevo la resistenza, che era la scelta dell’umano contro il disumano – e io so quanto è diffìcile tenersi su quella linea – prima di partire per le nostre azioni si diceva la preghiera che Teresio Livelli aveva steso; era la preghiera in cui chiedevamo a Dio di renderci ribelli per amore. Questa è la grande arma che dobbiamo usare, essere ribelli per amore!

Adesso che si perde tempo nella discussione su guerra giusta e guerra ingiusta, siamo davanti, invece, ad una nuova concezione, che la guerra è semplicemente impossibile, e poiché all’impossibile nessuno è tenuto abbiamo il diritto e il dovere di ribellarci. La seconda arma, già suggerita da questo uomo morto a Mauthausen, ucciso a bastonate mentre difendeva un povero prigioniero, è la preghiera. Diceva il nostro compagno Teresio Livelli: «Amici, non ci sono liberatori, ci sono soltanto uomini che si liberano, siamo noi che dobbiamo liberarci, noi!».

Ecco l’ultima arma che abbiamo per la pace sicura, quella della preghiera che diventa legge fondamentale della vita. Quando la preghiera si fa impegno concreto di pace, è allora che abbiamo veramente pregato per la pace, e questo esige la coesione e la coerenza tra quello che si chiede a Dio e quello che l’uomo deve fare.

[fonte: Inserto redazionale pubblicato sul n.3 Marzo 1991 del mensile «Azione Nonviolenta»]