[di Michele Boato • 02.10.03] L’energia è un settore sempre più strategico sia sul piano mondiale che nazionale: su di essa si giocano buona parte delle guerre recenti, la sua produzione è al centro degli equilibri ecologici e degli sconvolgimenti climatici, le scelte energetiche incidono pesantemente su quelle economiche e sui nostri stili di vita; la democrazia stessa è condizionata dai modelli energetici concentrati piuttosto che diffusi.

ENERGIA DAL SOLE: QUALI PROSPETTIVE?

Lo scontro sui temi energetici si fa sempre più drammatico: da una parte ci sono gli interessi delle grandi Società , spesso multinazionali, oppure statali, di solito private ma anche pubbliche, come in Italia e Francia; dall’altra i bisogni delle popolazioni, sei miliardi di persone che popolano il nostro pianeta, mangiano, abitano, si vestono, si spostano, lavorano ecc. Le Società elettriche, più o meno tutte, usano i mezzi a loro disposizione per incentivare il consumo di energia, la cosiddetta Domanda: vogliono vendere il prodotto nella quantità maggiore per massimizzare il profitto e non si fermano certo davanti allo spreco energetico, anzi lo facilitano economicamente, legalmente, ideologicamente e, se serve, perfino militarmente. Statalizzazioni, privatizzazioni, embarghi, dazi, liberalizzazioni, sono scelte diversissime che si fanno, in stretta alleanza col potere politico, di volta in volta avendo cura in ogni caso di non disturbare gli interessi delle grandi società, che agiscono o in pieno accordo, come un Cartello, o in concorrenza soft come Oligopoli; talvolta si uniscono creando un unico enorme Monopolio. Dall’altra parte del “mercato” stiamo noi, i consumatori, divisi però in due grandi categorie: quelli del Nord, che consumano e sprecano tranquillamente, in media, venti volte l’energia che è a disposizione di quelli del Sud del mondo, circa cinque miliardi di persone. Il secolo del petrolio Fino al 1700 non esisteva un “problema energetico”: l’agricoltura, settore principale dell’economia, funzionava a concimi organici naturali, energia solare e a forza motrice umana, animale e in qualche caso idraulica; l’artigianato si basava sulle stesse forze motrici , così come i trasporti; il riscaldamento delle case si appoggiava sull’architettura rurale massiccia e l’uso moderato della legna, l’illuminazione notturna era quasi inesistente. Nei secoli successivi, la “rivoluzione industriale” ha moltiplicato il consumo energetico sia nel settore produttivo, con le macchine a vapore, sia in quello dei trasporti, con ferrovie e automobili, sia nel riscaldamento domestico. In tutti e tre i settori il combustibile che ha permesso questo enorme balzo nella produzione energetica è stato il carbone, la fonte fossile di cui tuttora è più ricca la superficie del nostro pianeta. Il 1900 è il secolo del petrolio, combustibile fossile già conosciuto in passato, ma poco utilizzato. Invade il settore dei trasporti (benzina e gasolio), dell’agricoltura (trattori meccanizzati e concimi chimici), dell’industria (macchinari elettrici sostituiscono quelli a vapore), del riscaldamento domestico e i nuovi settori degli elettrodomestici e dell’illuminazione (centrali elettriche azionate prevalentemente a gasolio). La parabola nucleare Dopo gli esperimenti “riusciti” (300.000 morti) di Hiroshima e Nagasaki, negli anni ’50 comincia a decollare anche la produzione di energia elettronucleare da fissione di uranio. E’ una nobile gara tra USA, GB, URSS e Francia, quest’ultima sotto la guida del gen. De Gaulle, tutte molto interessate sia alla produzione energetica che a quella di bombe nucleari. Il nucleare ha un’improvvisa impennata successivamente al 1973, anno della prima crisi petrolifera, creata dai produttori arabi, in risposta all’offensiva israeliana del Kippur. Si tratta però di un’impennata breve, che si conclude già nel 1979, con la quasi “fusione del nocciolo” della centrale di Harrisburg, in Pennsylvania USA: dopo quell’anno negli USA non stata commissionata più nessuna nuova centrale nucleare, e lo sviluppo di questo settore si è fortemente rallentato in tutto il resto del mondo. Il colpo definitivo lo ha dato la catastrofe nucleare di Cernobyl il 26 aprile 1986: dieci anni dopo l’Organizzazione Mondiale della Sanità calcolava almeno 15.000 morti, 50.000 invalidi e tre milioni e mezzo di contaminati solo in Ucraina, un altro milione e mezzo in Bielorussia; ma gli scienziati giapponesi che dal 1945 studiano gli effetti delle radiazioni atomiche su Hiroshima e Nagasaki stimano in almeno 200.000 i morti, con conseguenze evidenti fino a circa il 2100. In Italia la reazione popolare è fortissima, al Referendum del novembre 1987 oltre l’80 per cento vota per chiudere definitivamente questa pagina: la centrale in costruzione a Montalto di Castro viene prima bloccata, poi riconvertita a metano, quelle funzionanti in Lombardia (Caorso), Piemonte (Trino Verc.), Lazio (Latina) e Campania (Garigliano) vengono spente una dopo l’altra e l’Italia esce anche dal Super –Phoenix francese. Ma il sole stenta a sorgere… Però il governo non era convinto di questa scelta, così non ha avuto il coraggio di percorrere la vera alternativa: risparmio energetico (attraverso una maggiore efficienza e la riduzione dei consumi non essenziali) e la produzione di energia elettrica e termica da fonti rinnovabili (solare passivo, fotovoltaico, eolico, biomasse, idroelettrico con piccole turbine). Gettato alle ortiche il Piano Energetico Nazionale del Min. Donat Cattin che prevedeva due decine di nuove centrali nucleari, e licenziato anche il suo successore Battaglia che nel ’90 riproponeva il nucleare, si sono succeduti ministri che puntavano sul metano (Bodrato) ad altri che proponevano il carbone (Gnutti), per poi interessarsi quasi esclusivamente agli assetti finanziari e proprietari dell’ Enel con la sua parziale privatizzazione (Clò) e l’avvio della liberalizzazione del mercato energetico (Prodi, D’Alema e il loro min. Bersani). Nel 1991, sull’onda lunga del Referendum e del successo dei Verdi alle elezioni europee, il Parlamento vota le leggi n.9 e 10 che, sull’esempio californiano, incentivano e liberalizzano le energie alternative. Di fatto però il solare e le altre restano al palo e i governi che si susseguono sostengono finanziariamente solo gli inceneritori di rifiuti, come se questi fossero fonti rinnovabili! Così gli inceneritori, con questi fondi (detti CIP 6), diventano un affare per le Società elettriche e municipalizzate e dilagano soprattutto in Emilia R. e Lombardia. La situazione attuale I consumi energetici ed elettrici negli ultimi dieci anni sono continuati a crescere, anche se molto meno di come profetizzavano i sostenitori del nucleare; nel 2002 il consumo elettrico è stato di 310 miliardi di Kwh (chilovattora), con un aumento del 1,8% rispetto al 2001; la produzione nazionale ne ha coperto l’84%, mentre il restante 16% è stato importato da Francia, Svizzera e Slovenia. Questa importazione avviene però per motivi economici, all’Enel e alle altre società conviene, perchè quell’energia costa meno che non produrla in Italia, dove ci sarebbero le possibilità. Infatti la potenza installata in Italia è di circa 77mila Mega Watt, mentre quella utilizzata è solo 49 mila. La differenza non è dovuta solo a centrali in manutenzione per guasti, ma anche a centrali che producono energia un pò più cara di quella straniera (costa meno perchè è pagata dalla salute dei francesi, svizzeri e sloveni che vengono irradiati dalle centrali nucleari). Così ne importiamo circa 6mila per coprire la punta massima di domanda (52 mila circa) e tenersi un margine di altri 3 mila per eventi accidentali. I black out Il black out del 26 giugno 2003 e quello del sabato notte tra il 27 e i 28 settembre hanno questa origine, entrambi causati da una riduzione dell’energia che ci vendono dall’estero; nel primo caso però la Francia ci aveva preavvisato con 4 giorni d’anticipo, ma il governo ha fatto finta di non sentire provocando deliberatamente il collasso; nel secondo caso la causa sembra essere stato un banale incidente nelle montagne svizzere, ma resta molto sospetto sulle conseguenze così enormi. In molti hanno già ricominciato a parlare di nucleare, anche se il ministro dell’industria si affretta a prendere le distanze; il vero obbiettivo, almeno per ora, è vincere la resistenza che in tutta Italia ha impedito il decollo di decine e decine di nuove centrali autorizzate (ed in via di autorizzazione) in barba a qualsiasi pianificazione e programmazione, senza alcuna valutazione d’impatto ambientale. E’ la nuova “Legge Obbiettivo” del Ministro dei Lavori pubblici Lunardi e il decreto di attuazione “Sblocca Centrali” del Ministro dell’industria Marzano. L’alternativa La strada da percorrere è tutt’altra: risparmio, efficienza, fonti rinnovabili e reti energetiche di produzione e consumo locale e a piccola scala. L’Italia, paese molto più ricco di sole della Germania ha una potenza installata di pannelli fotovoltaici di un solo MegaWatt, contro gli 81 tedeschi… I pannelli solari termici si vedono, in Italia, quasi solo i provincia di Bolzano e di Trento, mentre in pochi anni si sono moltiplicati in Grecia ed in Spagna. Lo stesso vale per l’energia eolica: la potenza installata in Germania è di 12 mila MW, in Spagna di circa 5 mila, in Italia non arriva a mille. Diamoci da fare!