09.03.07 – Bolzano – Presentazione del libro «La città sul confine»

Venerdì 9 marzo alle ore 16 a Bolzano, presso i locali dell’Archivio storico (via Portici 30) verrà presentato il libro di Paolo Valente «La città sul confine» nel corso di un incontro con la stampa altoatesina. Il volume sarà collocato nell’ambito del più vasto progetto di ricerca storica avviato nel 2002 dal Comune di Merano. Saranno presenti, oltre all’autore, lo storico Hans Heiss, il presidente della Biblioteca Civica di Merano Enzo Nicolodi, l’assessora allacultura Daniela Rossi. E se l’Uomo del Similaun, avventuratosi poi tra i canaloni, le rocce e i ghiacci della val Senales, fosse partito dalla conca meranese? E’ solo un’ipotesi che serve però allo scrittore Paolo Valente per affrontare il tema della fuga e del superamento del confine. La città sul confine è il titolo del libro, appena pubblicato, che Valente dedica a Merano, luogo da cui fuggire, luogo nel quale tornare. Città senza memoria, città della memoria.
Con La città sul confine, l’autore compone un mosaico articolato in 24 emozionanti racconti che risultano, al tempo stesso, “narrazioni storiche” e “narrazioni di finzione” (per usare le note categorie di Carlo Ginzburg). In ciascuno di essi, infatti, sul telaio di una rigorosa ricerca del “vero” si dipanano trame narrative tendenti alla rappresentazione del “possibile”, del “verosimile”. Come dire: un vibrante connubio di storicità e d’invenzione, di realismo e d’immaginazione. Merano, in questo libro insieme stratificato e compatto, è spesso il pretesto per parlare d’altro, anche se le storie narrate sono tutte profondamente meranesi (cioè europee). Raccontano del santo Corbiniano, del conte Mainardo, della battaglia dei contadini contro i francesi, dei tempi del colera e dell’anima inquieta dell’imperatrice Sissi. Dell’intolleranza e delle guerre, dei razzismi e delle identità imposte, perdute, frammentate.
Valente segue le tracce di Juan Domingo Perón che da Buenos Aires conducono in riva al Passirio. Descrive una fugace visita ai meranesi di Benito Mussolini, le contraddizioni della politica fascista, le tragedie che hanno insanguinato la città: dall’esplosione della fabbrica di Sinigo nel novembre del 1936 alla strage del 30 aprile 1945, alla serie di omicidi che dieci anni fa, all’inizio del 1996, funestò Merano portandola all’attenzione della cronaca (nera) nazionale e internazionale. Come ha già puntualizzato qualche commentatore, dall’impegno letterario di Valente scaturisce «il fascino di questa città a cavallo delle nazioni, lì dove si incrociano uomini, volti, culture, passioni, sentimenti, piccole viltà e grandi eroismi». E, in una prospettiva ideale, Merano si eleva a metafora universale di una frontiera intesa non già come muro bensì come ponte di civiltà.