[di Mao Valpiana • 06.10.02] Francesco d'Assisi, si sa, e' un santo che piace proprio a tutti. Religiosi e laici, bigotti e bestemmiatori davanti al frate della Porziuncola si commuovono. Piace cosi' tanto che l'hanno nominato Patrono d'Italia. Il Santo patrono e' colui che protegge e al quale ci si affida nei momenti difficili.

FRANCESCO, IL LUPO DI BAGDAD E LA GUERRA

Francesco d’Assisi, si sa, e’ un santo che piace proprio a tutti. Religiosi e laici, bigotti e bestemmiatori davanti al frate della Porziuncola si commuovono. Piace cosi’ tanto che l’hanno nominato Patrono d’Italia. Il Santo patrono e’ colui che protegge e al quale ci si affida nei momenti difficili. E qual e’ il momento piu’ difficile, per una nazione, se non quello in cui, alle porte di casa, soffiano i venti di guerra? Francesco, figlio di Pietro Bernardone, ha conosciuto l’orrore della guerra, vi ha partecipato come soldato, ha sentito l’odore del sangue, ha visto i morti, e’ stato fatto prigioniero. Forse proprio per questa sua esperienza diretta dopo la scelta di fede si e’ dedicato anima e corpo all’apostolato per la pace. Pace fra gli uomini e pace con la natura.
Dopo la conversione Frate Francesco e’ tornato in guerra, ma questa volta senza spada. Ha voluto seguire una crociata, disarmato, per incontrare il Sultano e cercare la via del dialogo. C’e’ riuscito. Tornato in Italia ebbe un’idea; l’indulgenza allora era riservata ai crociati che andavano a combattere, ma lui chiese al Papa l’indulgenza plenaria per tutti coloro che fossero andati disarmati a pregare alla Porziuncola: la ottenne.
Che il lupo fosse un vero lupo o un brigante che portava quel nome, poco importa. Ciò che conta e’ l’indicazione francescana che i conflitti si possono risolvere con la nonviolenza. Francesco e’ andato incontro al lupo, gli ha fatto riconoscere le sue colpe e poi l’ha affidato alle cure della comunità di Gubbio, che così e’ stata coinvolta nel processo di riconciliazione.
Insomma, in San Francesco abbiamo uno straordinario esempio di strategia nonviolenta. Da questo punto di vista Francesco e’ un ponte fra la nonviolenza del Vangelo di Gesu’ e la nonviolenza politica di Gandhi. Una nonviolenza attiva che non può accettare la guerra, perché la guerra e’ sempre omicidio di massa, e’ il più grande crimine contro l’umanità. La Costituzione italiana, che “ripudia” la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali, e’ dunque in armonia con le intuizioni del Santo patrono.
Ma allora come può l’Italia accettare che gli Stati Uniti, suoi alleati, preparino una guerra preventiva? In lingua italiano lo sparare prima si chiama attacco. Questa volta però non basterà mettere a verbale il nostro “no” alla guerra. Certo, meglio che niente, ma bisogna aggiungere una parola in più: quando la guerra inizia nessuno riesce a fermarla; bisogna prevenirla una guerra, affinché non avvenga. Come? Non collaborando in nessun modo alla sua preparazione. Quali sono dunque le proposte della nonviolenza? – Finanziare istituti di ricerca per la risoluzione nonviolenta dei conflitti internazionali; – istituire, reclutare ed addestrare Corpi Civili di Pace per la prevenzione dei conflitti; – avviare un processo di democratizzazione dell’Onu; – dotare l’Onu di una polizia internazionale; – favorire processi di integrazione con i paesi a rischio; – sostenere i gruppi dissidenti dei regimi dittatoriali; – creare una rete di monitoraggio nelle aree a rischio di crisi; – avviare passi di disarmo unilaterale e preparare forme di difesa nonviolenta; – investire in diplomazia e favorire processi di pacificazione, di riconciliazione, di convivenza; – eliminare il commercio di armamenti, bandire la produzione di armi chimiche, batteriologiche, nucleari.
Per questo siamo qui a proporre, seriamente, a tutte le forze sociali e politiche che prendano in considerazione le nostre proposte, sulle quali lavoriamo da decenni; se non sono applicabili da subito, serviranno almeno ad evitare la prossima tragedia. Sono le stesse proposte che facemmo al tempo della prima guerra del Golfo; rimasero lettera morta, perché – si disse allora- in quel momento servivano i raid aerei. Se dieci anni fa, oltre ai raid aerei, si fosse almeno iniziato a preparare un’alternativa, forse la crisi di oggi potrebbe essere affrontata al 95% con mezzi militari e al 5% con mezzi nonviolenti. Sarebbe già molto, perché forse la crisi successiva (fra qualche anno) vedrebbe l’80% di intervento militare e il 20% di intervento nonviolento, e così via… Invece siamo ancora al 100% di micidiali strumenti militari. E la nonviolenza viene solo ridicolizzata, o criminalizzata. Si da’ per certo (quasi fosse una verità assoluta) che le bombe siano efficaci, mentre la nonviolenza sarebbe fallimentare. Ma e’ proprio così? La guerra e’ un’avventura senza ritorno. Un possibile risultato e’ quello di aumentare l’area di consenso attorno al terrorismo fondamentalista, di radicalizzare nuove pericolose contrapposizioni. A chi, in buona fede, e’ convinto della bontà di una “opzione militare” chiediamo: quando finirà questa guerra? quando si potrà dire, abbiamo vinto? chi potrà assicurare che dal giorno dopo non nasceranno nuovi terrorismi? fino a quando, per la nostra sicurezza, dovremo finanziare giganteschi apparati bellici, e quanto dovremo ancora attendere per dare credito alla nonviolenza? L’opposizione integrale alla guerra e’ il fondamento costitutivo della nonviolenza. Se il rais Saddam Hussein e’ il Sultano moderno, o il lupo internazionale, deve essere ammansito. Subito. Se il mondo intero non ci riesce, dobbiamo cercare un nuovo Francesco. Ma forse e’ compito di ognuno di noi mettere in pratica la sua invocazione: “dov’e’ guerra, fa che io porti la pace”. Mao Valpiana e’ il direttore di “Azione nonviolenta”, la rivista fondata da Aldo Capitini e punto di riferimento per tutti gli amici della nonviolenza in Italia. Per contatti: [email protected]