IL PIRATA E IL BAMBINO

Chi mi conosce ed ha occasione di  leggere ciò che scrivo, ricorderà la storia di Lutrec, giovanissimo guerriero in erba conosciuto nella Comunità Casa del Giovane di Don Franco Tassone a Pavia.
 
Marco PantaniOgni tanto ritorno con il pensiero a Lutrec, rivedo i suoi occhi impauriti al punto da inchiodarli al petto del nemico di turno. Oggi penso a Lutrec finalmente con lo sguardo in alto, al centro della sua via, e mi viene incontro il ricordo indelebile di un altro grande campione; Marco (Pantani, n.d.r.) il Pirata, con quegli occhi altrettanto disattesi.
 
A prima vista l’accostamento parrebbe uno sproposito, eppure  entrambi: il minore e l’adulto, hanno in comune la natura umana, e non è cosa di poco conto, alla luce dei misfatti mitologici creati a misura. Educare dal latino educere, significa tirare fuori, costruire insieme, questo all’interno di una comunità come palestra di vita, oppure sul sellino di una bicicletta, aggredendone i pedali per sconfiggere l’ascesa più aspra. Mi sono chiesto tante volte, dove è nascosto l’inciampo che li ha colpiti, in quale realtà hanno annaspato e chiesto aiuto…..nei pezzi di noi stessi terribilmente sconosciuti. Marco e Lutrec obiettivi centrati dai giudizi sulla persona, disconosciuta la storia vissuta, quella certamente non scritta dalle cronache deliranti.
 
Uno e l’altro dentro l’universo virtuale dei simboli, dei segni, della comunicazione dell’immagine, sbalzati di sella per recitare la parte imposta dal nostro dito puntato: un plotone di esecuzione.
 
Quando la realtà è vissuta a piene mani, puoi farci anche a pugni, ma lo fai confrontandoti, se invece la lotta e la scalata sono tutte dentro un cambiamento repentino più dei pedali a ruotare, più delle belle parole gettate all’indietro, allora la vita diventa uno spettacolo perenne, immagine esaltata della nostra stessa vita,  effimera rappresentazione.
 
Ho amato i miei due amici al di là delle nostre molteplici sconfitte, e penso a questa realtà che occorre vivere, perché comunque ci sta sempre di fronte, e nonostante le cadute, gli occhi bassi per le responsabilità rimandate al mittente, rifuggite con una alzata di spalle, essa è una realtà di relazioni, di dialoghi, di affetti, di libertà a scegliere di esserci, oltre noi stessi, troppo spesso chiusi e conclusi in un in-successo.
 
Così, pur diversi per età e storia, essi mostrano analogie, sì,  sottili, ma così devastanti da apparire inaccettabili,  al punto da  insegnarci che occorre educarci  a una attenzione sensibile, meno serva di una teatralità in cui tutto è così presente, da far perdere definitivamente significato a ogni possibile futuro.
 
Occorre davvero educarci all’attenzione che definisce il rischio insito del video, del palco da cui è lecito fare ogni salto in avanti, perché è in questa dimensione, che si perde la distanza dello sguardo per la salita più dura, e la discesa più rapida.
 
E’ grazie  alla sofferenza e rinascita di Lutrec  e alla maledetta assenza di Marco che debbo il mio nuovo  legame alla libertà, quella vera, quella che non è disimpegno alla fatica di ascoltare, quella libertà che non sta alla sola capacità di qualche scelta, che non pesa sulle spalle quanto una responsabilità, ma vive attraverso le parole che stanno adagiate sul cuore di ogni uomo, e ci fanno accettare l’altro per se stesso, senza la presunzione di far nascere buoni sentimenti, ma con la convinzione di promuovere quella solidarietà con cui si realizza ogni dignità umana.
 
Vincenzo Andraous