[di Maria & Elisa Marotta - A. De Falco • 15.02.03] Se ne dicono tante sui ragazzi/e: in ogni stagione, in ogni tempo, in ogni occasione della vita. A torto e a ragione. Ultimamente a Firenze è stata allestita una specialissima Mostra su: «Il territorio estremo dell’adolescenza» nell’ambito di Pitti Uomo, curata da  Francesco Bonami (direttore della biennale di Venezia) e Raf Simons, sull'importanza sempre maggiore che gli adolescenti hanno nella nostra società e sull’idea di identità sessuale che in essi sembra assumere nuove sfumature, tanto da essere definiti :il quarto sesso, per essere sessualmente indefiniti, per la prevalenza dell'ambiguità di genere (dicono gli studiosi, non noi).

INTERVISTA A LARRY CLARK, SHATE-REGISTA DELLA PORNO-GENERAZIONE

IL QUARTO SESSO?
Se ne dicono tante sui ragazzi/e: in ogni stagione, in ogni tempo, in ogni occasione della vita. A torto e a ragione. Ultimamente a Firenze è stata allestita una specialissima Mostra su: «Il territorio estremo dell’adolescenza» nell’ambito di Pitti Uomo, curata da  Francesco Bonami (direttore della biennale di Venezia) e Raf Simons, sull’importanza sempre maggiore che gli adolescenti hanno nella nostra società e sull’idea di identità sessuale che in essi sembra assumere nuove sfumature, tanto da essere definiti :il quarto sesso, per essere sessualmente indefiniti, per la prevalenza dell’ambiguità di genere (dicono gli studiosi, non noi). Gli adolescenti non sono ragazzi o ragazze e non sono ancora uomini o donne, fanno parte di un universo parallelo, in divenire (e su questo non ci piove). Appartengono fortemente al presente ma simbolicamente sono il seme del futuro. Insomma un età incasinata, dove i dubbi e le incertezze si stemperano e costituiscono il tessuto della vita. Un tempo difficilissimo  per i genitori incapaci di scandagliare l’anima e la mente dei figli (ahimè!). Un mondo a parte anche nel consumo, visto che gli oggetti sono la chiave per leggere l’appartenenza ai vari gruppi, sociali e culturali. Poiché l’adolescenza non è solo una fase di passaggio della vita umana, ma  uno stato mentale, una condizione esistenziale che si riflette prepotentemente su lifestyle e tendenze, è chiaro che viene preso di mira dall’industria modaiola di ogni genere. Essi sono consumatori onnivori, instancabili, distratti e attenti, suggestionabili ma autonomi. Non piace loro essere equilibrati, amano gli estremi in tutti i campi, dalla moda, all’arte, alla musica. L’etichetta sul vestito, li rende riconoscibili e accettati, una specie di biglietto di ingresso nei vari clan. Una vera pacchia per  il marketing. All’ultima moda le scarpe-sneakers New Balance, le Puma e le Adidas disegnate da Yamamoto. Sempre sulla cresta i vecchi Levi´s (sono 150 anni che girano). I giubbotti devono essere da macellaio, ma sono in anche il vecchio workwear americano e il montgomery con il cappuccio di pelliccia. Tra i loro  totem ci sono skateboard e surf, mezzi sportivi ma nello stesso tempo ispirazione di filosofie di vita. Il simbolo di uno spirito libero, del nomadismo urbano, del vivere on the road carichi solo dei propri sogni. E il globale ruota intorno a questo concetto, perché la moda vuole i giovani vestiti a strati con capi ipertecnici: un modo per viaggiare liberi anche dalla valigia, con il guardaroba addosso. E tutti per loro ci  sono gli skate-artisti (come Ed Templeton) e gli skate- registi (Larry Clark e Harmony Korine).  L’adolescenza, un universo inquieto, è sempre stato fonte inesauribile per artisti e poeti e a cui la moda guarda con curiosità e rispetto e su cui l’industria culturale ci fa tanta money. La mostra, allestita alla Stazione Leopolda da un gruppo di giovani architetti, i Cliostraat, ha mostrato la forza, la debolezza e le promesse del quarto sesso. Le figure dell’arte, le immagini della moda, le icone dei teenagers, i film mito, gli scritti più interessanti sul tema dell’adolescenza, mescolando poesia, letteratura, cronaca, giornalismo, saggistica, con una ricerca dell´Eurisko che ha ben delineato una mappa su di loro basata su fattori sociodemografici, comportamentali e di atteggiamento, confermando, se caso mai qualcuno ancora non l’avesse capito, che l’attenzione alla pubblicità degli adolescenti è superiore a quella degli adulti, con uno sguardo attento  alle tecnologie e soprattutto a Internet che viene usato per conoscere nuovi amici, per ascoltare musica e scaricarla, e anche per studiare. E che rimane, però, una barriera di divisione tra chi può accedere a queste nuove tecnologie comunicative e chi invece è frenato dalle condizioni della realtà in cui vive. Indispensabile il cellulare che diventa il primo segnale concreto di autonomia dalla famiglia.
 
INTERVISTA A LARRY CLARK
Lui, Larry Clark, 59 anni portati benissimo, occhiali scuri e giacca nera,  magro e distinto, con due figli adolescenti (sui vent’anni), pare più un singolare professionista (medico, ricercatore, astronomo…) che il chiacchieratissimo regista che fa film vietatissimi e osceni e sempre su un unico tema: i Kids (ragazzi e ragazzi sotto i vent’anni) che da quando scandalizzarono Cannes anni fa, sono diventati il suo “piatto forte” per ogni buona manifestazione cinematografica che si rispetti (in ogni caso i suoi film, pur non acquistati da alcun distributore, circolano ugualmente in dvd o in internet, dove la circuitazione è ancora più facile, tant’è che sono  un cult dei nostri giovani). Il suo film, Ken Park (59 Mostra, Controcorrente), girato insieme a Ed Lachman – che è pure straordinario direttore della fotografia di Far from Heaven (quel filmetto leccoso, Anni Cinquanta che è di una noia mortale) con la sceneggiatura di Harmony Korine, narra  dell’adolescenza dei suburbi, di un’umanità azzerata da una catastrofe di cibi sbagliati, squallori quotidiani, violenze familiari, droghe a basso costo, e una rabbia che a volte permette di sopravvivere. È l’America  di cui  grida Eminem. È realtà e insieme stato d’animo, la punta estrema di una malessere e di una voglia di ribellione che viaggiano veloci nei cuori adolescenti.
DOMANDA: perché fa sempre film così scandalosi sull’adolescenza? Prima Kids, poi Bully ed ora Ken Park, dove assistiamo a turbe familiari, erotiche e violente di ogni tipo, con numerosi incroci tra adulti e giovanissimi. E in modo così esplicito, con uno sguardo a distanza ravvicinata, da prodotto hardcore.
LARRY CLARK: i miei films sono vietatissimi da una serie di restrizioni, sebbene sono proprio  i ragazzini, quelli della «porno- generazione cresciuta con la tv, come si definiscono i protagonisti del film sono i consumatori privilegiati e i fan del mio cinema,  che pure se vietato è stato visto da moltissimi adolescenti che al cinema preferiscono il dvd o il video, oppure  internet dove la circuitazione è ancora più facile. Il mio desiderio è di essere contemporaneo, aderente al nostro presente, realista. E i ragazzi di oggi sono circondati dalla pornografia, fin da piccoli possono vedere e sapere tutto. Ma voi vedete mai cosa passa la TV?
DOMANDA: è vero che Ken Park l’avrebbe volentieri girato prima di Kids?
LARRY CLARK: Ken Park, lo avevo in mente da più di dieci anni, prima ancora di Kids. Esso si muove sul  terreno sempre contemporaneo e di consumo allargato di quella cultura white trash che è il nervo scoperto dell’America, lo stesso in cui ha trovato le  radici il mio lavoro di fotografo. Con la complicità di  Harmony Korine, abbiamo costruito  delle storie sulla cultura dello skateboard. Sul set di Ken Park si faceva il punto ogni mattina ma non ci sono stati molti cambiamenti da fare, le violenze degli adulti sui ragazzi accadevano al tempo di quando abbiamo fatto Kids, allora come ora. Più che altro siamo stati attenti alla realtà dei giovani nei nostri giorni, loro si trasformano velocemente e volevamo che i linguaggi fossero attuali.
DOMANDA: L’America che raccontano i suoi film è oggi materia per molti artisti, non solo registi, scrittori, musicisti.. Eminem, per esempio. Non c’è secondo lei il rischio che diventi un genere?
LARRY CLARK: non è che ho cominciato ad interessarmi di quest’America da qualche anno. Sono almeno quarant’anni che lavoro su queste realtà, ho cominciato con le foto negli anni 60, e se ora sono in molti a parlarne è una conquista perché un tempo venivano tenute segrete, era come se non esistessero problemi di questo tipo. Eminem nei suoi video dice quello che pensa, è la realtà. È chiaro poi che tutto dipende da come si racconta una storia, a noi interessava lavorare sulla verità emotiva, anche perché si partiva dalla mia esperienza personale. Credo che sia il solo modo per rendere visibile l’America contemporanea. Gli Stati Uniti sono molto ricchi e i ragazzi possono fare quello che desiderano, senza una vera consapevolezza delle loro azioni. Fanno parte di famiglie borghesi e i genitori sanno sempre dove si trovano i loro figli, ma hanno paura di affrontare la realtà con i ragazzi e preferiscono offrire loro delle cose: automobili, denaro… Io ho due figli, certo, e la mia preoccupazione è di saperli felici, in un momento così cruciale per la loro formazione. Ma mi chiedo: cosa sta succedendo in America?
DOMANDA: le famiglie dei ragazzi sono terribili, eppure lei cerca di non demonizzare neanche i genitori più tremendi. Perché?
LARRY CLARK: penso che sia chiaro nel film, e non solo, che la famiglia in sé è un’istituzione fottuta (e allora, perché ne ha una? Ma non risponde). Quelle di cui parlo lo sono in modo esasperato. Credo vi sia un lato perverso in ogni famiglia. Per sopravvivere si deve trovare la forza di separarsi dalla propria infanzia, qualunque essa sia, e dalla propria famiglia di origine. Per quanto concerne i genitori, sono comunque esseri umani, se li avessi mostrati come dei folli sarebbe stato più difficile costruire una rapporto credibile col pubblico. Essendo adulti, sanno di non avere più scampo, non possono uscire dalle loro frustrazioni, dalla loro disperazione e così si vendicano sui figli. Per esempio,  esaminiamo l’idea del sesso. I figli subiscono degli abusi ma hanno della sessualità una visione libera, che può ancora trasformarsi, mentre i genitori non riescono più a viverlo diversamente anche se così è frustrante.
DOMANDA: nonostante tutto, lei fa intravedere una certa speranza per gli adolescenti.
LARRY CLARK: sì, c’è un certo ottimismo, penso che i ragazzi anche se non tutti ce la possano fare. Ma le vittime ci sono in ogni battaglia. Forse oggi il mondo è più duro ma sono sicuro che i ragazzini troveranno comunque un modo per sopravvivere. È la legge della vita. Un interrogativo, però, rimane: davvero la famiglia americana è quella che emerge da questo e dagli altri film di Clark?

SCHEDA
«Ken Park» di Larry Clark (coregia di Ed Lachman). Origine: Usa/Olanda/Francia 2002. Il coregista: Ed Lachman. Soggetto: Harmony Korine (basato su personaggi di Larry Clark). Sceneggiatura: Harmony Korine. Fotografia: Ed Lachman; Larry Clark. Scenografia: John De Meo. Montaggio: Andrew Hafitz. Suono: Dennis Grzesik. Costumi: Michele Posch. Interpreti: James Ransone (Tate); Tiffany Limos (Peaches); Stephen Jasso (Claude); James Bullard (Shawn); Mike Apaletegui (Curtis); Adam Chubbuck (Ken Park). Produttori: Kees Kasander / Jean-Louis Piel. Produzione: The Kees Kasander Film. Company / Lou Yi Inc. Distribuzione internazionale:Fortissimo Film Sales. Durata: 96 minuti. Colore.
Ken Park, ideato fotografato e diretto da Larry Clark e Ed Lachman è un saggio antropologico agghiacciante e edificante su Visalia, non luogo a metà tra Los Angeles e Fresno, territorio che i poveri ispanici rendono opulento lavorando campi micidiali assolati e fertili, e i pargoli della borghesia wasp che ne approfitta, vogliono, come sublime gesto di giustizia, cancellare dalla faccia della terra. Tre ragazzi e una ragazza adolescenti. Le loro famiglie. Normali. Mostruose. Uno si suicida (gli amici lo chiamano «collo di merda»). Uno, specialista in masturbazione mista a strangolamento, ammazza nonno (baro) e nonna (irrispettosa della privacy). Una viene stuprata dal padre (religiosissimo, terrorizzato dai disegni e dalle metamorfosi del diavolo tentatore). Uno scappa di casa (sfuggendo a stento al padre incestuoso e muscoloso). Uno viene sedotto dalla madre della ragazza quindicenne e non sa più bene con chi delle due faccia sesso e con chi lo faccia meglio. Se volete le statistiche in realtà la salute mentale di molti figli d’America è già andata da un pezzo.