La Provincia (Como) 23.08.04 Convivenza tra religioni: Monsignor Warduni, vescovo ausiliare della chiesa caldea a Baghdad, ha parlato della difficoltà di una «pax islamica»...

IRAQ. «LA PACE NON È UN SOGNO»

Già ieri, fra le questioni emergenti, è stata affrontata la situazione in Iraq, in particolare la realtà dei cristiani che in quel contesto registra la più elevata percentuale di cattolici: monsignor Shlamon Warduni, vescovo ausiliare della chiesa caldea a Baghdad, ha descritto la sofferenza di una chiesa che a partire dal I secolo con la predicazione dei primi discepoli di Cristo, ha conosciuto continue persecuzioni assottigliandosi sia numericamente che nell’incidenza culturale.

Si tratta dunque, come ha precisato il vescovo della comunità caldea, di una delle prime chiese, fondata da San Tommaso in Iraq ben 400 anni prima della nascita dell’Islam. Dopo aver denunciato una riduzione che da 80 milioni di fedeli oggi ne conta meno di un milione, il vescovo iracheno ha lanciato un appello per una pace che a suo dire oggi sembrerebbe insperabile. Due le cause che rendono insanabile i conflitti di questo periodo post Saddam: da un lato una sconsiderata apertura delle frontiere durata un anno e 4 mesi- che ha trasformato l’Iraq in un covo di terrorismo proveniente anche da altri paesi e dall’altra una atavica ricchezza di materie prime che rappresenta una sorta di maledizione in quell’area fra le più ricche di petrolio dove da sempre si è creata una convergenza di interessi internazionali. Problemi che permangono tuttora, in particolare l’ultimo e sui quali urge un chiarimento.

«L’embargo andava fatto per le armi e non per i viveri» così si è espresso sottolineando comunque, con realismo, anche alcuni aspetti di speranza che la caduta della precedente e durissima dittatura, potrebbe aver aperto. Di fronte all’eventuale prospettiva di una «pax islamica» che non lascerebbe alcuno spazio espressivo ai cristiani, Shlamon Warduni ha lanciato un appello per la costruzione di un Iraq libero, nel quale anche le diversità possano convivere. «Nel mondo arabo il termine “laico” non piace, desta sospetto- ha aggiunto- tuttavia ci sono vaste fasce di popolazione -o anche diversi intellettuali che hanno studiato all’estero o in scuole cattoliche- disponibili alla edificazione di un paese libero e capace di utilizzare le sue risorse».