LA PASSIONE PER LA CULTURA NELLE PAROLE DI MARIO LODI

L’incontro con Mario Lodi su “Gianni Rodari, i bambini e la fantasia”, promosso il 19 gennaio 2006 dall’Università di Verona, è stato aperto e chiuso dal maestro di Piadena con una doppia affermazione: «Sono un superstite di una generazione» e «mi domando per quali ragioni l’ultima riforma della scuola non abbia tenuto minimamente conto della nostra esperienza». 

Mario lodiPer capire che cosa rappresenta Mario Lodi nel panorama pedagogico italiano, e a quali esperienze abbia partecipato come protagonista nella rinascita della scuola nel dopoguerra, non bastano certo queste riflessioni; inadeguate anche a spiegare l’incredibile intreccio della sua storia di educatore con quella di Gianni Rodari, la cui visione formativa di straordinaria attualità ha saputo coniugare creatività, attenzione al bambino e forte impegno civile. Nel rimandare a più attente letture della sua opera, cerchiamo di riassumere le considerazioni che l’incontro ha suscitato in noi per poterle condividere.

Molte sono state le affinità emerse tra il pensiero di Lodi e gli scritti di Rodari: innanzitutto il rifiuto dell’idea, ancora diffusa, che la scuola debba addestrare alla fatica, alibi pericoloso per evitare il cambiamento, e l’esigenza di non trasmettere solo nozioni ma, soprattutto, la passione per la cultura e il piacere di insegnare ed apprendere che è ciò che manca nella scuola d’oggi.

E ancora: l’attenzione alla memoria dei protagonisti, preziosa soprattutto in un tempo come il nostro incentrato sul presente e sul suo consumo. «Allora, nel 1948 – ha ricordato Lodi – noi maestri del Movimento di Cooperazione Educativa, appena usciti dalla scuola autoritaria del fascismo, avevamo scelto la pace. Ci attendeva un compito difficile, lo stesso che oggi attende voi giovani: rifondare la scuola sui valori della Costituzione e restituire ad essa il compito di formare cittadini liberi, persone capaci di discernimento autonomo e quindi d’apprendimento critico. Per fare ciò occorre mettere al centro il bambino e non il programma o i progetti. Bisogna accettare ogni bambino come un fatto nuovo, come una porzione del mondo che si rinnova».

«Ridete con lui – ammoniva Rodari – e sarà vostro per tutta la vita».

Il maestro ha parlato anche dei suoi incontri con don Lorenzo Milani: «Nella scuola di Barbiana ho visto appesi alle pareti gli articoli della Costituzione e i ragazzi impegnati a studiarli per diventare cittadini responsabili, capaci di applicarne i principi». Ma più d’ogni altra narrazione è stato evocativo, quasi una parabola evangelica, l’episodio di Fabio che va alla finestra, seguito da tutti gli altri compagni… per vedere un gatto… e con il maestro, che istintivamente sceglie la condivisione all’ordine, scoprono un micro-mondo che si muove su un tetto vicino… e fanno diventare quella osservazione un diario di classe: il libro del passero Cipì.

Una parabola educativa che evoca le affermazioni di un altro grande protagonista del secolo scorso: Konrad Lorenz. Se all’esperienza non segue il “gioco”, inteso come rielaborazione ludica dello sperimentato, non si può arrivare alla “scoperta”, sosteneva il padre dell’etologia. Mario Lodi ci ha raccontato esempi, esperienze e riflessioni capaci di sintetizzare i processi educativi in chiave di etologia umana. Ogni generazione, per evolversi, ha bisogno di percorrere ed esprimere autonomamente la propria esperienza. Ma perché questa possa tradursi in una evoluzione non casuale, bisogna che ogni generazione sappia considerare l’insieme delle esperienze passate.

Col “nuovismo”, rilanciato dalla recente riforma, non solo si perdono le preziose lezioni delle memorie esperienziali, ma si possono anche imboccare forme d’evoluzione demolitrice, che disgregano la società, a cominciare dal senso stesso della democrazia: faticoso e fragile processo autoeducativo che ha bisogno di partecipazione critica per potersi rigenerare continuamente. Fabio e il maestro si erano affacciati ad una “finestra vera ed esatta”, in altre parole praticavano quel prezioso equilibrio educativo sostenuto da Lorenz.

Oggi, purtroppo, la nostra realtà è invasa da una nuova finestra virtuale: la TV che «si é piazzata a capotavola», come di recente ha scritto Lodi in un libro di cui purtroppo non si trova più traccia in libreria. Già nel 1980 Enzo Iannacci cantava, profetizzando, che «la vita stessa resterà a guardare muta quella vita più vissuta che si vede alla TV». É questa la dimensione in cui le TV fungono da “grande fratello multiplo” insegnando stili di vita virtuali e insinuando nelle nuove generazioni modi e tempi di un consumismo compulsivo e globalizzato. Per evitarne i pericoli il maestro invita i bambini a «giocare molto, esercitare la fantasia e guardare poca televisione» e noi educatori – citando Rodari – a «insegnare a fare le cose difficili: parlare al sordo, mostrare la rosa al cieco, liberare gli schiavi che si credono liberi».

Giorgio Chelidonio

educatore ambientale “Italia Nostra”

Luciana Bertinato

Insegnante scuola Primaria

   

Contatti: Mario Lodi

“Casa delle Arti e del Gioco”

Via Trento e Trieste 5/b

26034 Drizzona (Cremona)

Tel. e Fax: (0375) 980678

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