[Marina Belloni • Settembre 1998] É la seconda volta che vado in Brasile e scelgo un viaggio cosiddetto "alternativo". L'opportunità mi è stata data da Sandro Spinelli, missionario che ha vissuto e lavorato per molti anni nel Nordest dello stato sudamericano. In Italia ha partecipato alla formazione e allo sviluppo dell'associazione per la solidarietà tra i popoli "Cà Fornelletti"...

LA RICCHEZZA DELLO SCAMBIO CHE DIVENTA AMICIZIA

É la seconda volta che vado in Brasile e scelgo un viaggio cosiddetto “alternativo”. L’opportunità mi è stata data da Sandro Spinelli, missionario che ha vissuto e lavorato per molti anni nel Nordest dello stato sudamericano. In Italia ha partecipato alla formazione e allo sviluppo dell’associazione per la solidarietà tra i popoli “Cà Fornelletti”. L’impegno missionario e di solidarietà che questo sacerdote ha svolto gli ha permesso di costruire legami diretti tra persone e gruppi di culture diverse. Ciò ha reso possibile, per chi ha partecipato al viaggio, di scegliere, tra varie proposte, la realtà in cui vivere l’esperienza: comunità indigene, di contadini, pescatori, accampamenti dei “senza terra”, periferie delle città con i bambini di strada. Il gruppo, partito dall’Italia e composto da 50 persone, ha seguito un itinerario articolato in diversi momenti. Il primo, condiviso da tutto il gruppo, inerente l’approccio al nuovo continente; il secondo costituito dalla permanenza nella realtà scelta, divisi per piccoli gruppi. Molto interessante è stata l’opportunità di essere ospiti della gente brasiliana, condividendone lo stile di vita e la realtà con le sue problematiche. Nel terzo momento è avvenuto il confronto delle esperienze vissute dall’intero gruppo e un approfondimento dell’aspetto economico, politico e sociale con l’intervento di esperti brasiliani. L’ultima parte del viaggio è stata dedicata al riposo e al relax, in luoghi di suggestiva bellezza naturalistica, non trascurando comunque gli aspetti della condivisione e di scambio con gli abitanti. L’organizzazione elastica dell’intero viaggio lasciava comunque a ciascuno la possibilità di una libera scelta. Il viaggio è diventato triplice perché ha offerto l’occasione di intraprendere un percorso personale, di gruppo e con la realtà locale incontrata. L’esperienza, durata un mese, non si esaurisce con il ritorno in Italia. Ciascuno può liberamente decidere di mantenere contatti epistolari, aderire a progetti già in corso o attuarne altri per le realtà che ha visitato, in un’ottica di solidarietà e di scambio che sicuramente avvicina le sponde di culture così diverse. La ricchezza dello scambio che diventa amicizia, impegno e ci scrolla di dosso un po’ del nostro “eurocentrismo”.