[GRILLOnews • 30.04.03] Cento soggetti in età evolutiva, cinquanta di sesso femminile e cinquanta di sesso maschile, dislocati sul territorio nazionale, in età compresa fra i 14 e i 16 anni, regolarmente iscritti a scuola, hanno partecipato al laboratorio sperimentale organizzato dall’Osservatorio sui Diritti dei Minori per comprendere, spenta la tivù, fonte di evasione principale dei giovanissimi italiani, quali sarebbero le conseguenze psicosociali. “Per due settimane – spiega il sociologo Antonio Marziale, presidente del Comitato Scientifico composto, tra gli altri, da neuropsichiatri infantili e psicologi dell’età evolutiva – i ragazzi hanno fatto a meno del video.

MAMMA TV? UNA INDAGINE DELL’OSSERVATORIO SUI DIRITTI DEI MINORI

Cento soggetti in età evolutiva, cinquanta di sesso femminile e cinquanta di sesso maschile, dislocati sul territorio nazionale, in età compresa fra i 14 e i 16 anni, regolarmente iscritti a scuola, hanno partecipato al laboratorio sperimentale organizzato dall’Osservatorio sui Diritti dei Minori per comprendere, spenta la tivù, fonte di evasione principale dei giovanissimi italiani, quali sarebbero le conseguenze psicosociali. “Per due settimane – spiega il sociologo Antonio Marziale, presidente del Comitato Scientifico composto, tra gli altri, da neuropsichiatri infantili e psicologi dell’età evolutiva – i ragazzi hanno fatto a meno del video.
Dalle relazioni introduttive individuali, in cui essi erano stati invitati ad immaginare quali sarebbero state le loro reazioni davanti a tale prospettiva, si evinceva una sensazione di acuto abbandono, di distacco dal mondo. Le risposte del 73%, infatti, palesavano forti dubbi sulla capacità di resistere. Soltanto il rimanente 27% affermava, invece, di sentirsi pronto ad una “realtà depurativa”.  Com’è andata? Dal quinto giorno, il laboratorio ha cominciato a registrare abbandoni. La percentuale rapportata agli intraprendenti, sicuri di potercela fare, ha perso per strada 17 punti. Si sono ritirati dall’esperimento 44 adolescenti, 29 maschi e 15 femmine. Qui – sottolinea Marziale – il primo dato interessante, perché sfata il tabù di quel luogo comune consolidato che vuole le ragazze maggiormente schiave della “tigre domestica”. Ma cosa hanno fatto i resistenti? La maggioranza dei 21 maschi rimasti in competizione ha impegnato il “tempo vuoto” con i videogiochi, ascoltando musica e leggendo i quotidiani d’informazione portati a casa dal papà o dalla mamma.  Le 35 femmine hanno ascoltato musica, hanno letto quotidiani d’informazione e libri ed hanno chattato.  La deduzione – secondo il sociologo – è che sarebbe difficilissimo immaginare per i giovanissimi occidentali una società senza la televisione. Globalmente, coloro che sono giunti alla fine dell’esperimento, hanno palesato non pochi sintomi di manifestazioni psicotiche, di acuto panico legato alla “paura – hanno detto – di sentirsi tagliati fuori dal mondo”. Se al recente significato di “deficienza” attribuito alla televisione intendessimo conferire un valore scientifico, è possibile sostenere, senza timore di smentita, che esso è rapportato ad una nevrosi socialmente strutturata che miete vittime fra i più numerosi fruitori del servizio, vale a dire i soggetti in età evolutiva.  Il presidente dell’Osservatorio conclude affermando che “alla luce dei risultati, è intelligibile l’incapacità adolescenziale di adattarsi ad una realtà scevra da narcotici culturali, ecco perché si impone una qualità psicopedagogica del servizio”.


(Segnalato da Greta Blu, www.gretablu.it )