[di Elio Veltri] La morte di Camillo Valentini, sindaco di Roccaraso,suicidatosi in carcere, secondo la versione ufficiale, ha scatenato i soliti attacchi alla magistratura, responsabile delle “manette facili”...

«MANETTE FACILI» E GARANTISTI NOSTRANI

La morte di Camillo Valentini, sindaco di Roccaraso, suicidatosi in carcere, secondo la versione ufficiale, ha scatenato i soliti attacchi alla magistratura, responsabile delle “manette facili”. Faccio una premessa per essere molto chiaro: la morte, anche per suicidio, di un cittadino consegnato sano come un pesce, alla custodia dello Stato, implica responsabilità gravissime perché lo Stato non è stato in grado di garantirne l’incolumità. Nel caso di Valentini, le responsabilità sembrano ancora più gravi, perché la procura generale ha aperto una indagine per “istigazione al suicidio”. Ma, se si vogliono evitare polveroni interessati, è necessario distinguere tra le condizioni delle carceri italiane, nelle quali la sicurezza e la dignità dei carcerati devono essere assicurate da chi ha il compito di garantirle e gli atti compiuti dai magistrati.

Le nostre carceri non hanno mai cambiato volto davvero e rimangono luoghi di emarginazione, di prevaricazione e di violenza. Ricordo bene le condizioni nelle quali versavano negli anni 80 perché le frequentavo e alcuni suicidi eccellenti e meno eccellenti. Nel carcere di Monza, una vera Caienna, due ragazzi di 20 anni si dettero fuoco in cella e morirono con sofferenze indescrivibili. Io, all’epoca, consigliere regionale della Lombardia, protestai e coinvolsi anche il ministro della Giustizia, quel galantuomo di Martinazzoli, ritenendolo responsabile “morale”, il quale mi scrisse, manifestando tutta la sua pena per quanto era avvenuto. Nel carcere di Voghera, guardato a vista, quattro giorni prima di affrontare il processo quale mandante dell’assassinio Ambrosoli, fu “suicidato”, anche se la versione ufficiale parlò di suicidio, Michele Sindona, scatenato e combattivo come mai, deciso a usare nel processo i tanti segreti (ed erano davvero tanti!) di cui era custode. Gli avevo parlato a lungo e posso assicurare che l’ultima cosa al mondo che aveva in testa era quella di suicidarsi.

Fatta questa premessa, ritorno al caso Valentini, per sottolineare i comportamenti dei politici, capaci di strumentalizzare, come ha fatto Cicchitto, anche una morte tanto drammatica, pur di attaccare la magistratura e di scatenare il polverone sulle “manette facili”.

1) La legge sulla custodia cautelare nel nostro paese è la più garantista d’Europa e molto più di quella in vigore negli Stati Uniti. Per rendersene conto è sufficiente procedere a un rapido riscontro di quanto avviene negli altri paesi, con rito processuale, accusatorio e inquisitorio. Nel mese di luglio negli Stati Uniti è stato arrestato e portato in tribunale in manette Kennet Lay, gran patron della Enron, amico della famiglia Bush, che molti consideravano più potente del presidente. In Francia è stato arrestato Jean-Charles Marchiani, braccio destro di Pasqua, ex ministro dell’Interno di Chiraq, considerato un eroe nazionale perché, nel 1988, aveva fatto liberare gli ostaggi francesi a Beirut. Marchiani, ex prefetto nominato da Chiraq e deputato europeo, è stato arrestato, per abuso di potere e corruzione, il giorno dopo che ha perso l’immunità parlamentare. In entrambi i casi, nessun politico ha gridato allo scandalo e nessun amico potente è intervenuto per tirali fuori dalla galera. In ogni caso, se la legge sulla custodia cautelare sembra poco garantista, si può cancellarla per tutti i reati e per tutti i cittadini o solo per i politici e per i reati che solo i politici possono commettere. Se qualcuno se la sente, presenti la proposta in Parlamento.

2) Leggendo la stampa internazionale, i reati contro la pubblica amministrazione e i reati finanziari, per i quali vengono arrestati gli autori, sono considerati tra i più gravi che si possono commettere, per cui chi se ne rende responsabile automaticamente deve lasciare le cariche politiche, anche di partito, e le cariche sociali nei gruppi e nelle aziende. Negli altri paesi non c’è scampo e nessuno cerca di fare diversamente. In Italia non è cosi, anche se il paese ha il più grande debito pubblico tra i paesi dell’Unione, dovuto in larga parte a fatti di corruzione, ha la più alta percentuale di capitali esportati illecitamente, la più alta evasione fiscale e registra i più imponenti crac finanziari.

3) L’arresto di un cittadino, anche importante, e di un politico, viene valutato sempre in maniera diversa sia dalla stampa che da molti politici. Qualche esempio: le famiglie Tanzi e Cragnotti sono state arrestate quasi al completo e i rispettivi capi famiglia sono rimasti in galera per mesi, senza che qualcuno dicesse beh. I manager dello scandalo Enipower sono andati in galera e nessuno ha fiatato. Appena viene arrestato un politico scattano le proteste e le solidarietà anche se non si conoscono i fatti e i reati contestati sono gravissimi, come nel caso del presidente della Regione Sicilia. Insomma, la corporazione, per fortuna sempre più limitata al centro destra, li difende come se difendesse se stessa in vista di qualche mandato di arresto ritenuto sempre possibile.

4) Dell’unico problema serio che attanaglia la giustizia e la delegittima fino a negarla, riguardante i tempi dei processi e la certezza delle pene, nessuno vuole occuparsi seriamente.

L’unica speranza risiede nell’Europa, se lo spazio giuridico comune diventa una realtà: uguali reati, uguali provvedimenti per tutti. Solo allora molti garantisti nostrani si renderebbero conto di quanti privilegi hanno goduto.

Elio Veltri