METTIAMO AL BANDO LA POVERTÀ E IL SISTEMA CHE LA PRODUCE

Come avvenuto per la schiavitù nel XIX secolo, così anche la povertà – cioè i meccanismi, le leggi, le istituzioni, i comportamenti che la generano – va dichiarata fuorilegge. La proposta – attorno a cui il Comune di Firenze e l’Università del Bene Comune (con il patrocinio della Provincia e della Regione Toscana) hanno promosso il convegno “Dai poveri illegali alla illegalità della povertà“, il 9 e 10 settembre 2005, alla vigilia della marcia Perugia-Assisi – si accompagna a una chiara indicazione: quella del ruolo centrale che devono assumere, nella messa la bando della povertà, le città e le collettività locali. Anche la scelta della sede dell’incontro, il Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio, contiene, in fondo, l’invito a una riappropriazione di uno spazio cittadino usurpato dal potere: costruito alla fine del Quattrocento per ospitare l’assemblea legislativa del nuovo ordinamento popolare proclamato dopo la cacciata dei Medici dalla città, il Salone ha poi assunto la funzione di reggia principesca, perdendo la sua originaria destinazione d’uso per diventare sala di rappresentanza della corte medicea.

RIPARTIRE DALLA CITTA’

Riccardo petrellaÈ in questo sontuoso scenario che è stato espresso, attraverso la proposta di dichiarare illegale la povertà, il rifiuto, secondo quanto affermato da Riccardo Petrella , “di accettare il mondo così com’è, con il suo modello di economia globale conquistatrice”, per affermare, al contrario, “il prevalere della forza del diritto sul diritto della forza“, ossia sulla legge dei forti che criminalizza i poveri. E per affermarlo, al di là di ogni retorica, attraverso battaglie concrete, settore per settore: l’acqua – “libera, potabile, gratuita”, secondo la definizione di Danielle Mitterrand -, la sanità, la casa, l’istruzione, il lavoro, la ricerca in campo medico e farmaceutico, tale da restituire alla scienza – ha affermato Nicoletta Dentico, rappresentante della Dndi (Drugs for Neglected Diseases Iniziative – il suo ruolo sociale, la sua funzione di bene pubblico (un piccolo segnale di una volontà di concretezza è venuto dall’iniziativa di distribuire a tutti i partecipanti al convegno un frangiflusso da applicare al rubinetto per diminuire il consumo d’acqua). Sono battaglie che richiedono un diverso modello di partecipazione cittadina: “Non è una cosa facile – ha spiegato Petrella –: tant’è che fino ad oggi abbiamo avuto una democrazia rappresentativa, non una democrazia partecipata. Ma è proprio a livello cittadino che si può sperimentare una diversa forma di partecipazione: ecco perché partiamo dalla città e non dai governi”.

Nicoletta denticoÈ la città, gli ha fatto eco Bernard Birsinger, sindaco di Bobigny, dove si è svolto il secondo Forum Sociale Europeo, il luogo da cui partire per costruire un’alternativa alla globalizzazione finanziaria. Ma quale città? Una città “privatizzata o condivisa e fatta propria da tutti”? E quale miglior strumento, per garantire il diritto alla città, che assicurare un alloggio dignitoso per tutti? Birsinger punta l’indice contro “la mercificazione forsennata nel settore degli alloggi“, un problema salito prepotentemente alla ribalta con i recenti incendi in edifici insalubri di Parigi, e propone di elaborare piani locali sull’habitat basati sul principio della casa come bene comune (ed è in questa direzione che va la delibera votata dal consiglio municipale che ha proclamato Bobigny – e non è un caso unico – “zona fuori Agcs”, il famigerato Accordo generale sul commercio dei servizi che si sta negoziando in sede Omc). Sul diritto all’alloggio si è soffermato anche Gianni Salvatori, assessore della Regione Toscana alle Politiche Sociali, sottolineando la necessità di “riflettere su un altro modello, quello dell’alloggio sociale” (da qui, ha ricordato, l’iniziativa, tra le altre adottate dalla Regione, del bando per la costruzione di 20mila alloggi di carattere sociale con affitto concordato): “un meccanismo che ha pure l’effetto di calmierare il mercato, rompendo la bolla speculativa che si è venuta a determinare”. Proprio rispetto alla situazione fiorentina e toscana, tuttavia, non sono mancate critiche da parte di realtà di base, come il gruppo di lavoro sul carcere “Dentro e Fuori le Mura”, che ha denunciato “centinaia di sfratti, la svendita del patrimonio immobiliare pubblico, gli affitti fuori controllo e la negazione delle residenze ai senza fissa dimora” e politiche inadeguate in materia di immigrazione e di detenzione.

CAMBIARE LE REGOLE

Giulietto chiesaDi fronte alla povertà, non c’è dichiarazione di illegalità che tenga se non si cambiano le regole del gioco. Perché, come ha dichiarato Giulietto Chiesa, una cosa è chiara: “non c’è speranza per i popoli del mondo all’interno di questo modello di sviluppo“. Lo ha mostrato in maniera evidente, per citare solo uno degli ultimi avvenimenti, la tragedia di New Orleans: “di fronte a una catastrofe naturale, effetto, molto probabilmente, di devastazioni climatiche derivanti da uno sviluppo economico insensato, scopriamo adesso – ha affermato Chiesa – che i mercati di tutto il mondo stanno subendo un contraccolpo a causa della cancellazione del solo 15% delle capacità estrattive e di raffinazione petrolifera dello Stato della Lousiana. Il petrolio è schizzato a 70 dollari al barile in seguito a una catastrofe naturale nel Paese più ricco del mondo”. Non ci vuole nulla, secondo Giulietto Chiesa, a dimostrare che viviamo in un sistema economico assolutamente fuori controllo: “i ritmi dello sviluppo ci dicono che stiamo arrivando al punto in cui sarà la forza a decidere chi potrà disporre delle risorse sempre più scarse, a cominciare da quelle energetiche. Il presidente della Chevron Corporation, e lui sa quello che dice, ha comprato due pagine dell’Internation Herald Tribune per comunicarci la seguente notizia: ‘abbiamo impiegato gli ultimi 125 anni per consumare il primo trilione (mille miliardi) di barili di petrolio e consumeremo il secondo trilione nei prossimi 30 anni’. E annuncia: ‘le riserve di petrolio non crescono più’. Ciò significa che noi stiamo andando diritti diritti verso l’esaurimento del petrolio come sorgente dello sviluppo. Ma che cosa succederà quando fra 30 anni scopriremo che, continuando a svilupparci in questo modo, consumeremo il terzo trilione di barili di petrolio, supposto che ci sia, in dieci anni? Senza tenere conto del fatto che dopo aver consumato un primo trilione di barili e un secondo trilione di barili, noi abbiamo già guastato irrimediabilmente la natura nella quale viviamo. Gli scienziati del mondo riuniti a Ottawa l’anno scorso ci hanno comunicato che, se continueremo di questo passo, nel 2055 tutti i principali ecosistemi del pianeta saranno stati irrimediabilmente compromessi. Dunque, se non facciamo qualcosa per cambiare questo sviluppo, non ci sarà speranza né per i poveri né per i ricchi. E se non affronteremo questi problemi, nessuno degli Obiettivi del Millennio sarà raggiunto da qui al 2015. Perché – conclude Giulietto Chiesa – quando dicevo che stiamo arrivando a un punto in cui sarà la forza a decidere chi potrà disporre delle risorse, intendevo una cosa molto semplice: sarà la guerra a decidere. E sarà una guerra molto più grave di quelle che abbiamo visto fino ad ora”.

ATTENZIONE ALLA RETORICA

Mikhail gorbaciovChe lo sradicamento della povertà sia la principale questione politica mondiale, lo ha riconosciuto anche, in un messaggio inviato per l’occasione, Mikhail Gorbaciov, affermando che “il pericolo maggiore per il mondo, per la sua stabilità e per la pace non è tanto il terrorismo mondiale”, quanto “la permanenza al di là del 2020-25 dello stato di povertà assoluta di una parte spaventosamente grande della popolazione mondiale”. È una povertà che, ha affermato Edward Akongo Oyugi del Social Development Network del Kenya, “tutti sappiamo da dove viene”: affrontare il problema, però, significherebbe eliminare il capita-lismo, e quindi “sfidare politiche che, apparentemente, ci procurano benefici”. Allora, ha avvisato Oyugi, occorre fare attenzione alla retorica: “cosa facciamo – ha chiesto provocatoriamente l’esponente africano – dopo aver dichiarato illegale la povertà? Costruiamo una prigione in cui incarcerare il fenomeno? Se non sfidiamo le politiche che generano la povertà, anche quella che si trova nelle belle strade di Milano o di Washington, continueremo a parlare dei poveri fino alle calende greche”. E sarà solo una colossale perdita di tempo.