[Il Gazzettino 02.08.04] Da promettente centrocampista del Padova e del Vicenza a prete, fondatore di due comunità per "l’accompagnamento dei giovani" e ora anche cappellano della Casa circondariale di Padova. L’ultimo incarico gli è giunto dal vescovo Mattiazzo in questi giorni e lui, don Marco Girardi, quarantunenne sacerdote, ci si è trovato a suo agio...

PADOVA. DON MARCO, DA CALCIATORE A CAPPELLANO DEL CARCERE

Da promettente centrocampista del Padova e del Vicenza a prete, fondatore di due comunità per “l’accompagnamento dei giovani” e ora anche cappellano della Casa circondariale di Padova. L’ultimo incarico gli è giunto dal vescovo Mattiazzo in questi giorni e lui, don Marco Girardi, quarantunenne sacerdote, ci si è trovato a suo agio.

“Un segno della Provvidenza per me – dice – visto che da anni ero impegnato a favore delle persone che per il mondo non contano”. Marco Girardi nel 1980, sotto la guida di Vittorio Scantamburlo, il talent scout di Alex Del Piero, ha vinto con gli allievi il titolo nazionale di categoria. Poi è andato al Vicenza e di sicuro avrebbe trovato una sua collocazione nel mondo del pallone se, a vent’anni, non fosse entrato in seminario. Diciottenne aveva avvertito l’urgenza di fare qualcosa per gli altri, impegnandosi coi volontari del “Gruppo Stazione” di Padova.

Divenuto sacerdote e cappellano nella parrocchia della Trinità, ha subito seguito ciò che il cuore gli dettava, vivendo sulla strada e aiutando i giovani d’ambo i sessi che della strada hanno fatto la loro casa, a ritrovare fiducia in sé, realizzandosi nella vita.

Nel 2001, a Vo’ Vecchio, utilizzando un vecchia canonica in disuso, ha dato vita alla “Fraternità di Betlemme”, che ha visto passare una quarantina di giovani, da lui chiamati “non garantiti”, cioè non coperti dal circuito assistenzialistico degli Enti.

“Nella casa di Vo’ – dice – gestita dagli stessi ragazzi, chi entra rimane quanto desidera, quasi come in un rifugio di montagna, nel quale eliminare la stanchezza, la mancanza di voglia di vivere. Viviamo solo di Provvidenza, anche se siamo iscritti all’Albo regionale delle associazioni. La diocesi ci ha offerto la disponibilità dell’alloggio, il resto lo facciamo noi, mediante il lavoro e il Signore. Offriamo anche ospitalità a gruppi di scout, a famiglie, a ragazzi e i “non garantiti” offrono loro la testimonianza. Io faccio presenza”.

Don Marco ha fondato un’altra comunità in un paese della provincia di Pesaro e ora dovrà dividersi con gli ospiti della Casa circondariale, dove un sacerdote diocesano non entrava da quarant’anni.

“Ho già avviato i primi contatti con i detenuti, ascoltando le loro esigenze. Col sindaco Zanonato abbiamo deciso di dar vita ad una struttura di appoggio per coloro che scontata la pena, devono inserirsi nella società. E’ drammatico per chi ha risolto il suo debito con la giustizia, trovare poche persone disposte ad offrigli subito una mano. E così molti di costoro che alla mattina escono, alla sera fanno ritorno in carcere. Don Sergio Zorzi, il parroco di San Benedetto, mi ha offerto alcuni locali del ristrutturato patronato, che fa allo scopo. Mi trasferirò lì, dividendomi tra la “Fraternità di Betlemme” e la Casa circondariale. E’ questa una modalità di vivere il sacerdozio che molti miei confratelli condividono pienamente. M’ha fatto piacere che uno di loro, venuto a trovarmi, abbia esclamato: “Così valorizzi veramente i doni che Dio ti ha dato”.