[30.09.04] Campagna di sostegno all'Alternative Information Center (Gerusalemme) per una pace giusta in medioriente, per una nuova convivenza in Palestina/Israele, per ripudiare la guerra e lo "scontro di civiltà" come prospettiva per il nostro futuro...

PALESTINA. LA CONVIVENZA E’ POSSIBILE, LA CONVIVENZA E’ NECESSARIA

PERCHE’ QUESTA CAMPAGNA?

In medioriente oggi sono in corso due occupazioni militari parallele – quella anglo-americana, con la partecipazione anche di soldati italiani, in Iraq e quella israeliana dei territori palestinesi. Queste occupazioni non solamente rappresentano una forma di “ricolonizzazione” della regione, ma vorrebbero presentarsi al mondo intero come avamposto di una “guerra di civiltà” la guerra contro il “terrorismo” e per esportare “democrazia e libertà”. In questa guerra ancora una volta le vittime sono donne e uomini a cui vengono negati diritti fondamentali tra i quali quello di decidere il proprio futuro. E in gioco c’è la possibilità stessa di pensare ad una necessaria convivenza tra i popoli della regione e dell’intero pianeta. Noi vogliamo invece affermare che non solo la convivenza è necessaria, ma che la convivenza è possibile e lo facciamo cercando di far conoscere le esperienze di chi in Palestina/Israele lotta sulla frontiera per porre fine all’occupazione e per costruire una società giusta.

ALTERNATIVE INFORMATION CENTER

“L’AIC è un’organizzazione israelo-palestinese che diffonde informazione,  ricerca e analisi politica sulle società palestinese e israeliana e sul conflitto israelo-palestinese.
Promuove inoltre una cooperazione tra palestinesi e israeliani sulla base della giustizia sociale, della solidarietà e della partecipazione   le attività e le  pubblicazioni dell’AIC propongono una discussione critica della realtà politica che si è creata sin dagli accordi di Oslo e dalle sue applicazioni con una speciale attenzione alle lotte democratiche radicali e alle posizioni critiche della natura coloniale dello stato di Israele e delle linee autoritarie che emergono dall’Autorità palestinese”.

L’Alternative Information Center è la prima associazione israelo-palestinese, impegnata nel campo informativo ma anche nell’iniziativa politica contro l’occupazione israeliana con l’obiettivo di stabilire un ponte fra i due popoli. In questo senso nell’ultimo periodo è particolarmente impegnato contro la costruzione del Muro dell’apartheid. Anche il sostegno diretto alla popolazione palestinese assediata nei propri villaggi è un’attività costante fin dalla sua nascita. Infine, ma non per importanza, vi è il sostegno diretto (spese legali, ecc.) ai Refuseniks, cioè quei soldati, ufficiali e riservisti che rifiutano di prestare servizio nei Territori palestinesi occupati. L’iniziativa dell’AIC è rivolta anche alla riflessione e all’impegno contro la globalizzazione e per questo è sempre presente nelle sessioni internazionali dei vari Social Forum.

The Alternative Information Center – POBox 3141 – Jerusalem 91313
http://www.alternativenews.org – email: [email protected]

Campagna promossa da:
Associazione per la Pace (http://www.assopace.org);
Rivista ERRE (http://www.erre.info);
Rivista Guerre&Pace (http://www.mercatiesplosivi.com/guerrepace);
Rivista Reds (http://www.ecn.org/reds).

COSA CI PROPONIAMO CON QUESTA CAMPAGNA:

1) il sostegno economico dell’AIC;
2) la diffusione di informazioni sulla resistenza all’occupazione delle società civili palestinese e israeliana;
3) la produzione di materiali di conoscenza e di analisi sul conflitto israelo-palestinese e sulle esperienze di rifiuto della “guerra di civiltà”.

COME PUOI AIUTARCI

Con un versamento minimo di 20 Euro che serviranno a finanziare le attività dell’AIC e che daranno diritto a ricevere il bollettino trimestrale; distribuendo i materiali informativi prodotti; rendendosi disponibili a organizzare incontri e conferenze nella propria città (in circoli culturali ecc.)

Per contribuire economicamente: versamento sul c/c postale n.24648206 int. Guerre e Pace (causale: sostegno AIC)

Per informazioni e contatti: [email protected]

La convivenza sulla frontiera
Una campagna permanente di sostegno all’Alternative Information Center

“La frontiera è evidentemente qualcosa che separa – separa due entità, separa “noi” dagli “altri”, ma la frontiera è anche un luogo di passaggio: ci sono frontiere che respirano e frontiere chiuse ermeticamente alla respirazione. Credo che uno dei nostri compiti – non solo come militanti, ma anche come donne e uomini che condividono una visione del mondo, sia quello di rendere le frontiere più permeabili possibili. Quello che caratterizza la sinistra radicale, la sinistra non sionista (o anti-sionista o post-sionista) in Israele è precisamente questa volontà di non vedere la frontiera come un muro che separa ma qualcosa che bisogna attraversare e permeabilizzare”. In questo modo ci parlava Michel Warschawski alla Casa della Cultura di Milano lo scorso marzo, durante una delle conferenze organizzate in molte città italiane. In quei giorni abbiamo deciso di lanciare una campagna di sostegno all’alternative Information Center di Gerusalemme/Betlemme – di cui Warschawski è co-presidente. In Italia ci sono molti progetti a favore di associazioni palestinesi e per fortuna è molto larga la rete di solidarietà, politica e materiale, con la popolazione palestinese. Proprio per questo molte/i potrebbero domandarsi perché un’altra campagna e perché abbiamo scelto proprio l’Aic. Alla prima domanda rispondiamo con una versione dell’immagine di “cento fiori” che è sempre bene fioriscano: non vogliamo in alcun modo fare concorrenza ad altri progetti, ma provare ad allargare quella rete di cui parlavamo sopra, attraverso un’iniziativa che si colloca soprattutto sul versante informativo e di approfondimento dei temi legati al conflitto israelo-palestinese – qualcosa di cui ci sembra si senta una grande necessità. In questo modo si risponde anche alla seconda domanda: ci sembra che il lavoro dell’Aic in Israele e Palestina sia molto importante proprio per la scelta di aumentare la comunicazione possibile – tra israeliani e palestinesi, ma anche al di fuori del medioriente.

Come diceva sempre Warschawski: “dato che c’è un rapporto coloniale – una relazione tra colonizzatore e colonizzato, occupante e occupato – dobbiamo restituire la parola al colonizzato. E’ la ragione per cui nel 1983/84 abbiamo costituito il Centro per l’informazione alternativa (Aic), perché il primo compito è di lasciare, dare, la parola ai palestinesi; non spiegare cosa dicono i palestinesi, non parlare al loro posto, ma restituire loro la parola e pubblicare in ebraico quello che si dice, quello che si esprime, quello che si scrive e si discute nella società palestinese.

Il nostro concetto di informazione alternativa non significa semplicemente dare informazioni che in genere non sono fornite dai grandi mezzi di informazione di massa, parlare della repressione, ma soprattutto di tradurre – letteralmente tradurre – quello che si dice e si pensa nell’altra società”.

 Lo sforzo vuol essere quello di far giungere in Italia il dibattito che, pur nell’attuale situazione drammatica, in Palestina/Israele si sta svolgendo sui nodi cruciali che riguardano il futuro dei due popoli. Il progetto, ambizioso ma non irrealizzabile, vuole costruire un ponte tra l’Italia e la Palestina che produca non solo solidarietà contingente, ma anche momenti di riflessione comune che aiutino i militanti e le militanti italiane, palestinesi ed israeliani/e a costruire un percorso comune di lotta, qui e li. Soprattutto la necessità che emerge, importante ed urgente, è quella di capire i meccanismi di fondo per riuscire a smontare la costruzione fittizia dell’odio, della paura e del rifiuto dell’altro, perché pensiamo che il vero futuro dei due popoli (ma anche il nostro.) passa non attraverso una “separazione” che, con muri o senza, comporta la legalizzazione di un progetto coloniale, il sionismo, che solo attraverso la “convivenza necessaria e possibile” può essere sconfitto e superato.

In questo inizio di luglio abbiamo avuto molte prove di quanto sia importante questo sforzo: la sentenza della Corte Internazionale de L’Aia contro la costruzione del muro, ribadita dalla risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, anche se non produrranno effetti concreti sulla politica del governo Sharon, hanno mostrato con chiarezza a tutto il mondo la realtà del “muro dell’apartheid” e rappresentano comunque una sconfitta politica della politica israeliana.

A questo risultato ci si è arrivati anche grazie alla mobilitazione internazionale e alla resistenza quotidiana della popolazione palestinese, in particolare di quei villaggi più esposti agli effetti disastrosi della presenza del muro.

Un tassello di questa resistenza è stato anche lo sciopero della fame di oltre una settimana iniziato il 3 luglio da Azmi Bishara, deputato palestinese al parlamento israeliano, a l quale si sono aggiunti il giorno successivo, da dieci dirigenti palestinesi di Gerusalemme Est che rappresentano tutte le tendenze politiche e i movimenti popolari della regione di Gerusalemme, nonché la direzione della “coalizione palestinese contro il muro dell’apartheid”.

Come scrive ancora Warschawski (che ha anch’egli preso parte – unico israeliano – allo scipoero della fame su richiesta degli stessi promotori) in un articolo pubblicato anche da “il manifesto” del 22 luglio scorso: “Questo sciopero della fame aveva un duplice obiettivo: da un lato attirare, in vista della decisione della Corte di Giustizia Internazionale dell’Aja, l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale sull’estrema gravità della situazione causata dalla costruzione del muro. Il secondo obiettivo dello sciopero della fame era di dare una sferzata alle mobilitazioni palestinesi contro il muro. Queste sono rimaste, fin ora, sporadiche ed atomizzate, senza centralizzazione e senza che diventassero una vera e propria mobilitazione nazionale. C’era la speranza che un’iniziativa centrale, forte e largamente mediatizzata potesse consentire un salto di qualità della mobilitazione popolare contro il muro, in un momento in cui l’Autorità palestinese è in piena crisi ed incapace di dirigere una reale mobilitazione popolare”.

Le difficoltà dell’Anp e dell’insieme della leadership palestinese sono anche queste state mostrate al mondo intero in quegli stessi giorni – quando tensioni e scontri si sono succeduti a Gaza in seguito alle vicende legate alla scelta dei responsabili della sicurezza. I giornali italiani hanno voluto rubricare questi episodi sotto il titolo della “rivolta contro la corruzione e la dittatura” di Arafat – spiegazione davvero troppo parziale.

Dal canto nostro – di chi è sempre stato vicino alle donne e  agli uomini palestinesi e non ha mancato, né mancherà di farlo in futuro – di criticare le scelte della leadership palestinese che ritenevamo sbagliate (come le condanne a morte, la burocratizzazione eccessiva, l’espropriazione della partecipazione popolare ecc.), non possiamo evitare di sottolineare ancora una volta come la politica israeliana abbia la principale responsabilità nel costringere i palestinese dentro un quadro di rabbia e impotenza che espone la società a dinamiche spesso regressive e violente.

Ma rifiutiamo di aderire all’idea che in Israele/Palestina sia un corso un capitolo dello “scontro di civiltà” globale: non c’è una guerra tra due popoli, ma un conflitto politico dovuto al permanere ed estendersi dell’occupazione militare israeliana dei territori palestinesi. La pace possibile, la pace giusta passa per forza dalla fine di questa occupazione e dal riconoscimento del diritto all’autodeterminazione delle/dei palestinesi.

Purtroppo questa realtà rischia di essere oscurata da quello che Tariq Ali chiama “scontro dei fondamentalismi”, che potrebbe davvero rappresentare la fine di una convivenza – necessaria e possibile – in Israele/Palestina, ma anche nell’insieme del medioriente (dove una seconda e altrettanto feroce occupazione è tuttora in corso in Iraq) e forse del mondo.

Per questo crediamo che la campagna “la convivenza possibile, la convivenza necessaria” – promossa (per ora) dalle riviste Erre, Guerre&Pace e Reds e dall’Associazione per la Pace – possa rappresentare uno strumento utile a quelle/i che vogliono disobbedire e disertare a questa “guerra di civiltà”. Sappiamo che sarà un impegno difficile, ma anche un periplo entusiasmante che ci porterà sicuramente, almeno, a consolidare insieme a tutti e tutte coloro che ci hanno creduto la prima volta, a costruire un piccolo, ma importante, tassello di quel Nuovo Mondo per cui tutti i giorni ci battiamo, in Italia come nel resto del mondo.