PALESTINA. «LA MIA LETTERA NATALIZIA»

Vi proponiamo stralci di una lettera sui generis, scritta da Cristina G., volontaria veronese impegnata nel progettoOperazione Colomba” della Comunità Papa Giovanni XXIII , e destinata in particolare ai bambini. Cristina si rivolge loro cercando di spiegare, con parole semplici, perché è lontana da casa, in un luogo pieno di pericoli da evitare e di speranza da ricercare, testimoniare, costruire.  

“Cri” tiene i contatti con gli amici mediante periodiche email. Rileggendole tutte, però, si è accorta che “il quadro che ne esce è molto triste, e senza apparente speranza per questa gente”. Per questo si rivolge oggi ai bambini (e ai loro genitori, agli amici) cercando nel pozzo una luce di speranza per il futuro.   

[Cristina G. • 03.12.04] (…) Vorrei che fin da piccoli, i bambini pensassero che ci sono un sacco di cose che si possono fare, e che fanno cambiare le persone. E gli eventi. E che queste cose bisogna proprio farle, altrimenti davvero non c’è speranza per gli oppressi e i poveri del mondo. Così scrivo questa lettera natalizia, con un’attenzione particolare alla speranza. Ma prima, una parte speciale dedicata ai bambini. Chi non ne ha può passare sotto di una ventina di righe. Anche se, come diceva Saint Exupery “tutti i grandi sono stati bambini, una volta, è solo che non se lo ricordano”.  

«Ciao bambini. Vi scrive la “Cri”. Che è un’amica della mamma e del papà. Da tre mesi sono venuta a vivere in Palestina (fatevelo mostrare sull’atlante, dove si trova!). Ci sono tante cose che si possono dire su questo posto. Per esempio che ha anche un bellissimo deserto, con i cammelli, le oasi con le palme e i pozzi, e le dune di sabbia bianca. Che ci vivono persone con le tende, come si legge nelle storie di tanti anni fa. 

Ma le cose che vi voglio raccontare oggi sono altre. Un po’ più difficili da capire per voi, forse, ma tanto più importanti. In questo posto ci sono due popoli che non vanno d’accordo. Sono anche di due culture e religioni diverse, e questo non li aiuta a capirsi. Uno dei due, che è più forte, ha occupato la terra dell’altro, e obbliga le persone a vivere in un modo molto difficile e spesso doloroso.

Per esempio, bloccano le strade, e quindi non si può andare a trovare gli amici, o andare dal dottore quando si sta male. Non si può andare a scuola (lo so che direte che questa non è una cosa brutta!), né al mare (che è vicinissimo!) o in vacanza da nessuna parte. A volte non si può uscire dopo che fa buio, e per le strade ci sono tanti soldati con i fucili e i carri armati e le persone hanno paura. 

Siccome succedono tutte queste cose brutte, ci sono persone da tutto il mondo, come me, che vivono qui. Perché sia tra quelli che hanno tutte queste difficoltà che tra i cittadini dello Stato che manda i soldati, ci sono uomini e donne che vorrebbero vivere insieme in pace. 

Ma sono poche e poco ascoltate, e chiedono aiuto a noi per farsi sentire di più e lavorare insieme.Certo nella vostra classe ci saranno bambini di altre religioni e di altri paesi del mondo. Né voi né loro siete migliori o peggiori, giusti o sbagliati, ma solo diversi, no? Diverso vuol dire anche che è uno che ha da raccontarci cose che per noi sono nuove e da cui possiamo imparare. 

Qui, purtroppo, questi popoli si sono fatti molto male, e ognuno ha deciso che l’altro non è solo diverso, ma peggiore. E quindi non vuole più ascoltarlo, ma fargli la guerra. Noi lavoriamo con quelli che vogliono ancora incontrarsi, parlarsi, ascoltarsi. E in futuro vivere insieme senza più paura. Da soli fanno troppa fatica, ed ecco perché noi siamo qui. E’ come andare a camminare in montagna, loro sono ormai stanchi, io sono più allenata e posso portare il loro zaino. La strada la facciamo tutti e tre insieme, ma così loro faticano un po’ meno! Non è una cosa inutile, no? Spero di essere riuscita farvi capire! Ora mi perdonerete due righe per i grandi, a cui le cose piacciono un po’ più complicate di così!». 

Questo tentativo, forse un po’ ridicolo, di semplificare all’osso le cose per i bambini, mi ha fatto capire che esso racchiude in semplicità l’essenza della mia vita qui. Abbiate pazienza se vi ho forzati alla lettura di un testo per i “piccoli”. Del resto, non ho grandi segni di pace da raccontarvi, ma ho, perché nutrono le nostre giornate, tanti piccoli segni, che visti con gli occhi della speranza e dell’Amore, diventano grandi segni di pace

Qualche volta i giorni sono molto faticosi, viene voglia di mollare tutto e tornare al mio mondo caldo e sicuro. Penso che, beh, Dio troverà qualcun altro per lavorare al suo sogno. Ma poi sento che il mio pezzetto è importante, che partecipo alla costruzione della società futura. Che con strumenti a volte insufficienti lo faccio, qui, con la mia minuscola presenza, tutti i giorni, come lo facevo quando ero capo scout. Anche nei giorni in cui mi sembra di non farcela, di non fare la differenza. 

Ci sono piccoli segni che non vedo, che mi stupiscono. E semi di cui non vedrò i frutti. (…)

Cristina G.


Per informazioni sul progetto Operazione Colomba: www.operazionecolomba.org