PARAGUAY: SI CANDIDA ALLA PRESIDENZA IL VESCOVO VICINO AI SENZA TERRA

Con l’appoggio dei contadini e degli indigeni, e tra gli insulti della maggioranza di governo, il vescovo emerito di San Pedro, mons. Fernando Lugo, ha ufficializzato il 25 dicembre 2006 scorso, dopo aver chiesto la riduzione allo stato laicale, il suo ingresso in politica, in vista delle presidenziali del 2008: «oggi – ha dichiarato – prendo ufficialmente la decisione di mettermi al servizio del popolo paraguayano attraverso la politica, sperando che la comunità mi assegni il ruolo che dovrò svolgere». Invitando tutti i settori del Paese ad unirsi «senza timore a questa grande crociata per pulire la Repubblica dalle erbacce che l’hanno condannata a questa deplorevole situazione di abbandono» – fra tracce di feudalesimo e un’enorme corruzione nella gestione dei fondi pubblici -, Lugo ha denunciato il totale snaturamento a cui è stata sottoposta la politica, il cui fine ultimo dovrebbe, invece, essere la ricerca del bene comune: «è necessario – ha detto – mettere ordine nel caos in cui ci hanno fatto sprofondare avventurieri e opportunisti di ogni tipo che, usando e abusando dei loro spazi di potere, hanno sottoposto le casse pubbliche a un vero saccheggio», dividendo la società paraguayana «tra coloro che rubano e coloro che sono vittime delle ruberie, tra coloro che calpestano e coloro che sono calpestati».

Affermando di non sentirsi né di destra né di sinistra, ma neppure di centro, Lugo ha sottolineato la necessità di iniettare nella politica «una grande dose di etica e morale», relegando la questione ideologica in secondo piano, «perché vi sono questioni più urgenti che ci uniscono e che bisogna risolvere tutti insieme».


Il 55enne Fernando Lugo, per 30 anni membro della Congregazione del Verbo Divino
, aveva presentato la sua rinuncia alla carica di vescovo di San Pedro (la regione più povera del già poverissimo Paraguay) nel gennaio del 2005, per presunti motivi di salute. Secondo l’agenzia cattolica conservatrice Aci, sarebbe stato Giovanni Paolo II a invitare il vescovo a dare le dimissioni: «non si sono mai spiegati i motivi della decisione», scrive l’agenzia, ricordando però le «posizioni controverse» assunte da Lugo «a favore di organizzazioni militanti di sinistra».

In realtà Lugo è sempre stato uno dei vescovi più impegnati con il movimento contadino, duramente represso nel Paese da polizia e paramilitari. Non a caso, all’annuncio della candidatura di Lugo per le presidenziali del 2008, il presidente dei latifondisti dell’Associazione rurale del Paraguay, Alberto Soljancic, si è subito scagliato contro l’ingresso del vescovo in politica, accusandolo di aver incoraggiato i senza terra del dipartimento di San Pedro «a invadere proprietà private». Seguito a ruota dal dirigente dell’Unione industriale locale, Gustavo Volpe, secondo il quale Lugo «potrebbe ricevere aiuti finanziari dal presidente venezuelano Hugo Chávez», spauracchio di tutti i conservatori latinoamericani.

L’ingresso in politica di Fernando Lugo non poteva non incontrare l’opposizione del Vaticano, che ha reagito inviando al vescovo un’ammonizione canonica, firmata dal prefetto della Congregazione per i vescovi Giovanni Battista Re, in data 20 dicembre 2006: in base al canone 285, che proibisce al clero di assumere incarichi pubblici che comportino una partecipazione all’esercizio del potere civile, il documento informa il vescovo che, se accettasse l’invito a candidarsi a presidente della Repubblica, gli verrebbe imposta, «come prima sanzione, la pena canonica della sospensione, che vieta ogni atto di potestà di ordine e di governo». «L’eventuale accettazione dell’invito che le è stato rivolto – si legge nel testo – è chiaramente in contrasto con la realtà di un vescovo della Chiesa cattolica, chiamato a promuovere e a difendere l’unità della Chiesa, della sua dottrina, del suo culto e della sua disciplina. Alcune delle sue dichiarazioni hanno già creato grave sconcerto tra i pastori e i fedeli del Paraguay, che desiderano che lei rinunci a tale candidatura».

Ad esprimere sconcerto sono stati sicuramente gli esponenti del Partido Colorado (il partito, vincitore di tutte le elezioni generali dal 1947, del dittatore Stroessner), preoccupati dai sondaggi che assicurano a Lugo il 24% delle intenzioni di voto, rispetto al 21% attribuito all’attuale presidente Nicanor Duarte, contro il quale il vescovo aveva guidato, lo scorso marzo, una grande manifestazione di protesta, promuovendo inoltre l’unione dei cinque partiti d’opposizione nella Concertazione nazionale, prima di accettare l’invito di dirigenti sindacali, contadini e indigeni a candidarsi alle prossime elezioni presidenziali. Il senatore del Partido Colorado Juan Carlos Galaverna ha accusato il vescovo di messianismo (non ha caso, ha detto, ha annunciato il suo ingresso in politica il giorno di Natale), di populismo, di cinismo e di ipocrisia, esprimendo forti perplessità sulla sua capacità di unificare l’opposizione (non essendo il vescovo, a suo giudizio, disposto a negoziare), e scartando il fatto che possa rappresentare un pericolo per il governo.

Per il vicepresidente Luis Castiglioni, Lugo avrebbe manipolato e ingannato i fedeli operando, al tempo stesso, come vescovo e come dirigente politico: era da più di un anno, ha affermato, che faceva politica, lavorando attorno alla costituzione di un nuovo movimento politico (Tekojoja, che in guaraní significa libertà, di cui fanno parte senza terra, indigeni e alcuni settori della sinistra), in contrasto con la Costituzione nazionale e il Diritto canonico. Ci ha messo del suo anche il presidente Duarte: «se un politico mi dice che non è di sinistra né di destra né di centro – ha detto –, allora è un pragmatico, e il pragmatico non ha valori etici, è capace di calpestare principi, seppellire norme, scendere a patti con il diavolo». Ma la presa di distanza di Lugo da ogni ideologia ha destato più di una perplessità: «forse il maggiore dei mali della politica paraguayana – si legge in un editoriale del quotidiano Abc – è radicato proprio nell’assenza di ideologie e pertanto di un comportamento coerente con esse da parte dei politici». Se Lugo davvero non possedesse alcuna ideologia, continua l’editoriale, una volta giunto al governo andrebbe alla deriva e se invece quanto ha detto non fosse vero «mostrerebbe la sua ideologia troppo tardi e allora l’uno o l’altro settore avrebbe molto da ridire, e con ogni ragione».

Fonte: ADISTA n.3 del 13.01.07