PRETI VICENTINI DIGIUNANO CONTRO LA BASE USA AL DAL MOLIN: «I NOSTRI CORPI PER CONTRASTARE UN PROGETTO DI MORTE»


Prosegue senza sosta a Vicenza il digiuno contro la costruzione della nuova base militare Usa nell’area dell’aeroporto Dal Molin. Il via lo aveva dato, lo scorso 19 agosto, don Albino Bizzotto che, accampato in una roulotte davanti ad uno degli ingressi del Dal Molin, ha bevuto solo acqua per 14 giorni, fino al 2 settembre. Da quel giorno, poi, l’azione nonviolenta del fondatore dei Beati i costruttori di pace è stata proseguita da altri, che hanno iniziato a digiunare a staffetta – prima nei pressi della stessa roulotte di don Albino e, dal 19 settembre, in un camper che fa tappa nelle diverse parrocchie della città che aderiscono all’iniziativa, a cominciare da San Carlo, guidata da don Mariano Piazza – per «mantenere viva l’attenzione sul problema della costruzione della base», spiegano, «denunciare il mancato rispetto delle normative vigenti – in particolare per quel che riguarda le norme di salvaguardia ambientale e di sicurezza dei cittadini e la militarizzazione crescente della città-, rilanciare i valori della pace, della nonviolenza e della convivenza civile».

In prima fila ci sono diversi preti vicentini, che già in passato si erano pubblicamente schierati contro la base. «Nella rassegnazione e sensazione di impotenza di tante persone, consapevoli dell’inutilità dello scontro frontale contro forze disumane, poniamo un gesto debole, ma potente nel suo significato», spiega don Antonio Uderzo. «In un tempo in cui tutti gli strumenti legali per fermare la mostruosità di una nuova base militare americana sono stati ostacolati e bocciati, in un mondo strapieno di basi militari americane e in una città già occupata massicciamente da tale presenza militare, ci rimane questo strumento paradossale, forse l’ultimo, per porre all’attenzione di tutti quello che si sta facendo alla città di Vicenza». «Digiuniamo oggi – aggiunge don Maurizio Mazzetto – per dire, anche con il corpo e in questo modo, il nostro no ai processi di morte che stanno coinvolgendo, ancor di più, la nostra città, già attorniata e attraversata da basi di guerra, cioè basi di morte».

Quella del digiuno non è l’unica iniziativa pubblica dei preti e religiosi vicentini. In 25, fra cui due suore, hanno scritto una lettera, pubblicata sul Giornale di Vicenza, per respingere l’ipotesi, avanzata da alcune personalità della città, di un “Patto per Vicenza”: una sorta di accordo bipartisan politico-sociale che ponga fine alle polemiche e alle divisioni sul Dal Molin, consenta di «lavorare per rasserenare il clima dei rapporti in modo da poter avviare una seria discussione sui tanti problemi di Vicenza» e che dia alla città «una più solida autorevolezza verso le istituzioni regionali e nazionali». «Sono le istituzioni nazionali e regionali (dopo tanta disinformazione e falsità) che debbono recuperare autorevolezza e credibilità verso la città di Vicenza», replicano i religiosi.


È impossibile “voltare pagina” senza ribadire la verità dei fatti
: «Ricordiamo – proseguono – che si sta parlando di una base di guerra, per coloro che fanno la guerra, non di un «grande albergo per 1.200 persone di ritorno dall’Afghanistan», come insiste a dire il commissario governativo alla base militare, Paolo Costa». «Anche in presenza di una nuova base in costruzione o costruita, non si potrà pensare a un Patto per Vicenza che tralasci la risposta ai molti interrogativi suscitati dalla vicenda Dal Molin e i problemi di militarizzazione della città e delle servitù militari». «La proposta del Patto – concludono i religiosi – propone una riconciliazione che non soddisfa perché è la solita cosa che nasce a tavolino da chi vede le cose dal di fuori o addirittura dalla parte di chi ha il potere; la solita pace dei “vincitori”! La vera pace nasce invece dagli sconfitti, sull’esempio del crocifisso, tradito, ingannato, abbandonato, ma, nonostante tutto, ancora presente e vivo col dono della pace! Incredibile? Impraticabile? Fuori dal mondo? Può darsi, ma sarebbe il momento del cambiamento vero per la città, su nuove basi, su nuovi criteri, fondati sul rispetto delle persone e sulla partecipazione di chi di solito non conta».

Sul fronte giudiziario, Giancarlo Albera, del Coordinamento dei Comitati cittadini, informa che i No Dal Molin hanno presentato un nuovo ricorso al Tar del Lazio perché nel progetto esecutivo mancherebbe la Valutazione di impatto ambientale, indispensabile per la costruzione della base. Inoltre la Commissione europea ha inviato al governo italiano una richiesta di informazioni sul rispetto delle norme comunitarie relative all’ambiente. Da parte del governo, però, fino ad ora, non è stata inviata a Bruxelles nessuna risposta.(Luca Kocci)

Fonte: Adista