SALUTE MATERNA E «VITE SPEZZATE»



Si usa spesso dire che «tutti nasciamo eguali», ma per certi versi questa affermazione si rivela errata. Nascere (e partorire) a Roma o a l’Avana non è affatto la stessa cosa che venire al mondo a Kabul o in un villaggio della Sierra Leone. A ricordarcelo è il rapporto dell’
Unicef «La Condizione dell’Infanzia nel mondo» 2009, dedicato alla salute materna e neonatale. Un altro rapporto, «Vite spezzate», redatto da Medici Senza Frontiere, focalizza invece l’attenzione sulle vittime di violenza sessuale.

«Le donne dei paesi più poveri hanno 300 volte probabilità in più di morire di parto o per complicanze legate alla gravidanza rispetto alle donne dei paesi industrializzati» ha dichiarato il 15 gennaio 2009 il Presidente dell’UNICEF Italia, Vincenzo Spadafora, nel lanciare in Italia il rapporto dell’UNICEF «La Condizione dell’Infanzia nel mondo» 2009, dedicato alla salute materna e neonatale.

«Un bambino nato in un paese in via di sviluppo – ha aggiunto Spadafora –  ha quasi 14 volte più probabilità di morire entro il primo mese di vita rispetto a un bambino nato in un paese industrializzato. Ogni anno, oltre mezzo milione di donne muoiono a causa di complicazioni relative alla gravidanza o al parto, tra cui circa 70.000 ragazze di età compresa tra i 15 e i 19 anni. Dal 1990, le complicanze legate alla gravidanza e al parto si stima abbiano ucciso 10 milioni di donne».

Nell’edizione 2009 del rapporto «La condizione dell’infanzia nel mondo», si mette in evidenza la connessione tra la salute e la vita delle mamme e dei loro neonati e si forniscono indicazioni per colmare il divario tra paesi ricchi e paesi poveri. Molti degli interventi che salvano le neo mamme portano beneficio anche ai loro bambini. Mentre molti paesi in via di sviluppo hanno compiuto in anni recenti progressi notevoli nell’aumentare il tasso di sopravvivenza dell’infanzia, si sono evidenziati meno progressi nel ridurre la mortalità materna. Niger e Malawi, per esempio, hanno quasi dimezzato il tasso di mortalità infantile sotto i cinque anni, tra il 1990 e il 2007. In Indonesia, il tasso di mortalità sotto i cinque anni è sceso a quasi un terzo rispetto al 1990, e in Bangladesh è diminuito di oltre la metà.

Ma non ci sono stati progressi analoghi nella salute delle madri, che sono molto vulnerabili durante il parto e nei primi giorni dopo la nascita. E mentre il tasso di sopravvivenza per i bambini sotto i cinque anni sta migliorando a livello globale, i rischi per i neonati nei primi 28 giorni rimangono a livelli vergognosamente elevati in molti paesi.

Nel mondo in via di sviluppo, il rischio di mortalità materna nel corso della vita è di 1 su 76 rispetto a una probabilità di 1 su 8.000 per le donne dei paesi industrializzati. Circa il 99% dei decessi mondiali derivanti da complicazioni della gravidanza avvengono nel mondo in via di sviluppo, dove avere un figlio resta tra i più gravi rischi per la salute per le donne. La stragrande maggioranza dei casi si verifica in Africa e in Asia, dove gli alti tassi di fertilità, la carenza di personale specializzato e deboli sistemi sanitari rappresentano una tragedia per molte giovani donne. I dieci paesi con il più alto rischio di mortalità materna sono Niger, Afghanistan, Sierra Leone, Ciad, Angola, Liberia, Somalia, Repubblica democratica del Congo, Guinea – Bissau e Mali. Il rischio di mortalità materna nel corso della vita in questi paesi va da 1 su 7 in Niger a 1 su 15 in Mali. E per ogni donna che muore, altre 20 soffrono di malattie o lesioni, spesso gravi e con danni permanenti.

Per ridurre il tasso di mortalità infantile e materna, il rapporto raccomanda servizi essenziali forniti attraverso sistemi sanitari integrati in un continuum di cure a domicilio, nelle comunità, nei servizi sul territorio e nell’assistenza di base. Questo continuum di cure supera l’efficacia di singoli interventi specifici e richiede invece un modello di assistenza sanitaria di base che includa tutte le fasi della salute materna, neonatale e dei bambini. Il rapporto constata che i servizi sanitari sono più efficaci se l’ambiente sociale sostiene l’empowerment delle donne, la loro protezione e la loro istruzione.

«Vite spezzate»

rapporto di Medici Senza Frontiere sulla violenza sessuale

L’organizzazione umanitaria Medici Senza Frontiere (MSF) ha invece puntato i riflettori, nei giorni scorsi, sul rapporto «Vite spezzate», che riassume la propria esperienza nel sostegno alle vittime di violenza sessuale. Basato sulle sue attività in Liberia, Burundi, Repubblica Democratica del Congo, Sud Africa, Colombia e in altri paesi, il rapporto di MSF evidenzia la necessità di fornire assistenza medica di emergenza alle persone che hanno subito abusi. MSF sottolinea, inoltre, che tale assistenza deve essere veramente accessibile, con garanzia di riservatezza e un’offerta di cura integrale.

«Nel 2007, i nostri team hanno curato oltre 12.000 vittime di violenza sessuale in tutto il mondo, sia in luoghi di conflitto che in zone stabili; circa 35 persone ogni giorno nei soli progetti di MSF», spiega Meinie Nicolai, direttrice delle operazioni di MSF. «Le vittime raccontano storie di orrore, dolore e degrado, spesso inflitti proprio dalle persone che dovrebbero garantire loro protezione, come padri, zii, vicini di casa o soldati. Tutte le vittime di stupro corrono seri rischi a lungo termine per la salute».

La profilassi successiva alla violenza per prevenire l’eventuale contagio dell’infezione HIV è fondamentale nell’assistenza alle vittime di stupro; il trattamento profilattico deve iniziare il prima possibile e assolutamente entro le 72 ore per essere efficace. La terapia include anche la profilassi per la prevenzione di altre infezioni sessualmente trasmissibili, come l’epatite B. Per le persone ferite è obbligatorio il vaccino contro il tetano. La contraccezione di emergenza per scongiurare il rischio di gravidanze indesiderate è possibile fino a cinque giorni dopo il rapporto.

«Le cure di emergenza specifiche di cui le vittime di stupro hanno bisogno sono molto rare o completamente assenti nei paesi in cui operiamo», afferma Thilde Knudsen, responsabile di MSF per la salute sessuale e riproduttiva. «Il trauma non può essere completamente rimosso; i postumi psicologici della violenza rischiano di compromettere seriamente la qualità di vita delle vittime. Tuttavia un tempestivo e mirato trattamento medico di emergenza, abbinato a un adeguato supporto psicologico, sociale e legale, possono limitare i danni e aiutare le vittime a sopravvivere».

L’assistenza alle vittime di violenza sessuale richiede il coinvolgimento di diversi soggetti. Una risposta coordinata tra le organizzazioni impegnate nel supporto medico, sociale e legale è il modo migliore per prestare soccorso a coloro che hanno subito il trauma di uno stupro. Una delle difficoltà maggiori riscontrate da MSF è garantire che le persone portino a termine le cure e che lo facciano abbastanza rapidamente. Integrare i servizi medici per le vittime di violenza sessuale nel sistema di assistenza sanitaria generale può contribuire a garantire la riservatezza, anche se spesso, per rompere i tabù legati alla violenza sessuale, si rendono necessarie delle aggressive campagne di sensibilizzazione.

Il rapporto comprende anche un capitolo dedicato alle vittime di sesso maschile. Uomini e ragazzi costituiscono una piccola minoranza della popolazione curata da MSF nei progetti sulla violenza sessuale (circa il 6% di quelli in corso a Khayelitsa, nel Sud Africa e a Masisi, nella Repubblica Democratica del Congo). Per gli uomini è ancora più difficile chiedere aiuto in caso di stupro; per loro i tabù sono maggiori rispetto a quelli delle donne. In genere gli uomini vittime di abusi vengono ignorati e non trattati.

«Questo rapporto nasce dal desiderio di condividere le nostre esperienze con gli operatori sanitari e le organizzazioni umanitarie di tutto il mondo, a beneficio di tutte le vittime di violenza sessuale» sottolinea Meinie Nicolai. «Il rapporto esprime anche tutta la nostra indignazione. I nostri operatori ascoltano ogni giorno storie piene di dolore che raccontano di abusi orribili. Ci sentiamo obbligati a parlarne. Per quanto il fenomeno sia diffuso in alcuni dei luoghi in cui lavoriamo, non esistono giustificazioni per la violenza sessuale».

Il rapporto “Vite spezzate. Assistenza medica immediata per le vittime di violenza sessuale” è disponibile sul sito di MSF.