[di P. Alex Zanotelli • Gennaio 1999] Scrivo queste righe all'indomani della grande bomba che ha lacerato il cuore di Nairobi, capitale del Kenya, paese in cui mi trovo. É un altro monito che il gene della violenza è sfuggito dalla bottiglia.

SEPPORIS. LA PALESTINA SCHIAVA DI ROMA

Scrivo queste righe all’indomani della grande bomba che ha lacerato il cuore di Nairobi, capitale del Kenya, paese in cui mi trovo. É un altro monito che il gene della violenza è sfuggito dalla bottiglia. Il fatto che la violenza ci è sfuggita di mano o che non sappiamo più come controllarla, provoca oggi una crisi antropologica di proporzioni planetarie. C’è un’unica via per uscirne fuori, quella insegnataci da Gesù di Nazaret: il rifiuto radicale della violenza. É quanto tenterò di fare in questa Parola… a rischio. Per capire la scelta di Gesù, la sua non-violenza attiva, la potenza dell’amore, bisogna capire in che contesto Gesù visse e operò. Solo negli ultimi anni siamo riusciti ad avere degli studi seri sull’assetto politico-economico-sociale della Palestina in specie della Galilea al tempo di Gesù. Molta ricerca è nordamericana, in particolare R. Horsley e J. Douglass ai quali sono debitore. Pochi decenni prima di Gesù, Roma si impone come nuova super potenza mondiale. Nel 63 a.C. il generale romano Pompeo conquistava la Palestina in nome di Roma. Ne seguì un periodo durissimo di guerra civile sia tra Pompeo e Cesare (la stella emergente), ma anche tra le varie fazioni sacerdotali di Gerusalemme. La Galilea per un’intera generazione visse di devastazioni militari e di tasse straordinarie per pagare queste operazioni. Erode emergerà alla fine come il “re” a cui Roma affiderà la grande Giudea! L’arrivo di Erode segnerà la fine della guerra, ma anche l’inizio di una dura repressione e di una insopportabile tassazione. Il Vangelo di Matteo lo presenta come il “Faraone di turno” (Mt 2). Quando morì (4 a.C.), varie città della Galilea scoppiarono in una serie di feroci rivolte. Una di queste fu Sepporis, la capitale amministrativa di Erode. La gente, guidata da un certo Giuda, stufa di soprusi e ingiustizie si ribellò, catturò il palazzo reale e l’arsenale. La reazione romana fu di grande velocità e brutalità uniche. Il governatore della Siria, Q. Varus, da cui la Palestina dipendeva, inviò una legione romana che sconfisse i rivoltosi, bruciò Sepporis e ridusse tutti a schiavitù. Non dimentichiamo che Nazaret, il villaggio di Gesù, distava pochi chilometri da Sepporis. Il ragazzino Gesù deve avere ascoltato con orrore i racconti ancora brucianti. Deve aver capito dal vivo la politica imperiale romana del terrore, della ritorsione, che usava la crocifissione come metodo di deterrenza. Infatti i Romani, dopo aver distrutto Sepporis, decisero di crocifiggere 2000 ebrei. Un macabro spettacolo per chilometri e chilometri! Supremo ammonimento a chiunque volesse sfidare Roma. É quello che oggi gli americani chiamano “discriminante deterence”. Gesù crebbe in questo ambiente all’ombra della più spietata oppressione romana, della rivolta del suo popolo e della conseguente brutalissima repressione (la cosiddetta “spirale della violenza”). Una volta domata la rivolta di Sepporis e delle altre città, Roma divise il Regno di Erode in varie parti. La Galilea fu affidata ad Antipas, il figlio di Erode. Antipas decise la ricostruzione di Sepporis, la capitale, e poi la costruzione di una nuova città, Tiberias, come segno della sua totale fedeltà all’Impero. La costruzione di due capitali ebbe un impatto economico devastante sulle popolazioni della Galilea. Ricordiamoci che chi pagava le tasse erano i contadini e le pagavano 3 volte: una imposta da Roma, una imposta da Antipas e una dalla aristocrazia sacerdotale di Gerusalemme. Sappiamo da studi recenti che i campi che i contadini coltivavano erano appena sufficienti per la sussistenza di una famiglia di 5/6 persone. E le tasse pagate dai contadini equivalevano almeno a un terzo del raccolto! Così, senza cibo, i contadini diventavano preda degli “sciacalli dell’usura” (la parola “debito” ritorna così spesso nei vangeli). É il ciclo dell’oppressione, della fame, dell’indebitamento ed infine della schiavitù. “I gravissimi pesi posti sulle spalle di questi contadini -conclude Horsley- da tutta una serie di tasse, resa più grave dall’indebito, avrebbe prodotto quegli effetti che noi vediamo nei vangeli, molti disoccupati in cerca di lavoro e molti sotto padrone in terre altrui”.
É in questo contesto di oppressione economica sostenuta dall’imperialismo politico-militare romano che schiacciava i poveri che crebbe Gesù di Nazaret. Parola… veramente a rischio.