[di Tino Bedin, senatore dell'Ulivo • 04.12.03] L'Unione Europea avrà nel prossimo anno una propria Agenzia per gli armamenti. Il progetto di coordinare produzione di armi e le spese relative a livello europeo era da tempo nell'agenda europea. In queste settimane si e passati dal progetto alla realizzazione...

TINO BEDIN (MARGHERITA): «PIU’ DEBOLE IL CONTROLLO SUGLI ARMAMENTI IN EUROPA DOPO CHE L’ITALIA HA MODIFICATO LA LEGGE 185»

L’Unione Europea avrà nel prossimo anno una propria Agenzia per gli armamenti. Il progetto di coordinare produzione di armi e le spese relative a livello europeo era da tempo nell’agenda europea. In queste settimane si e passati dal progetto alla realizzazione. E’ una notizia buona o cattiva? Dal punto di vista industriale è interessante. Anche dal punto di vista politico è utile: si tratta di un passo in più verso la politica comune di sicurezza e di difesa in Europa. Le buone notizie finiscono qui. Esse avrebbero potuto essere significativamente più numerose, se proprio nel corso di quest’anno l’Italia non avesse modificato la propria legge sul commercio delle armi, la legge 185 del 1990. Durante la lunga battaglia civile e parlamentare, durata un anno, contro il peggioramento della legge 185 ho più volte sostenuto che era interesse dell’Italia non cambiare le proprie regole interne, perché cosi avrebbe potuto sostenere la loro applicazione anche a livello europeo. L’Italia doveva dare l’esempio per passare in Europa da Codici di condotta e da raccomandazioni a vere e proprie direttive efficaci in tema di controllo della produzione e soprattutto del commercio degli armamenti. Sapevo infatti che l’Agenzia europea per gli armamenti era in gestazione e ritenevo indispensabile prepararci. Il governo e la maggioranza parlamentare non hanno ascoltato neppure questa argomentazione e la legge 185 è stata modificata. Cosi la legge 185 è stata peggiorata. In base alla nuova legge il Parlamento, e quindi l’opinione pubblica, non potrà sapere quale e il valore finale del materiale di armamento esportato: un “segreto” che rischia di ridurre di molto la trasparenza sulle transazioni bancarie nella vendita di armi, che pure siamo riusciti a reintrodurre al Senato. E’ stato eliminato anche il “certificato di uso finale”: insomma non sapremo a chi serviranno le armi prodotte e commercializzate. Fioriranno le triangolazioni che c’erano prima della legge 185 e che questa contrastava. In alcuni casi non sarà nemmeno necessario ricorrere alle triangolazioni, per ampliare il mercato delle armi prodotte in Italia o solo esportate dall’Italia: questo mercato comprenderà anche gli stati in cui i diritti umani sono violati. solo un poco, basta che le violazioni non siano “gravi”. E’ vero che ora sono indicate le istituzioni che devono giudicare le violazioni; questo è utile perché crea criteri uniformi. L’indicazione non c’era nella 185, ma proprio per questo il giudizio era affidato al Parlamento attraverso l’esame annuale sull’applicazione della legge. Ora quel giudizio è affidato ad istituzioni multilaterali (Europa, Nazioni Unite) alle quali il Parlamento italiano ha ceduto parte della sovranità popolare, di cui titolare, senza contropartite e soprattutto abbassando la “soglia” della violazione.
 
I rischi dell’Agenzia europea degli armamenti
Nell’elenco dei cambiamenti negativi della nuova legge sulle armi ho messo per prima la minore trasparenza nei confronti del Parlamento (e quindi dei cittadini) perché su questo punto si corrono ulteriori rischi, anche in considerazione della crescente europeizzazione anche di questo settore. Il primo di questi rischi è che si riduca ulteriormente la trasparenza. Il trasferimento all’Agenzia europea per gli armamenti di decisioni e soprattutto di scelte operative sulla produzione e sul commercio, taglierà fuori il Parlamento italiano; la stessa Relazione annuale prevista anche dalla nuova legge risulterà incompleta, perché una parte della politica italiana in questo settore figurerà come politica europea. Non è un rischio astratto: succede già oggi per la cooperazione allo sviluppo, nella quale le risorse italiane straferite agli organismi multilaterali sfuggono alle indicazioni e al controllo del Parlamento. Il secondo rischio è che ci sia un ulteriore abbassamento della soglia di allarme sul commercio degli armamenti. In Europa solo Svezia ed Italia hanno leggi specifiche su questo settore; gli altri paesi procedono secondo regolamenti o scelte governative. Senza un’azione forte dell’opinione pubblica, il prossimo passo potrebbe essere una “deligificazione” magari solo di fatto anche in Italia. Il terzo rischio è che spese per gli armamenti che passano attraverso l’Agenzia non figurino nel bilancio del ministero della Difesa ma sotto capitoli di collaborazione internazionale, consentendo un aumento delle spese militari non dichiarate ufficialmente. Anche in questo caso il rischio non è astratto: solo qualche mese fa il presidente francese Chirac ha proposto che le spese per gli armamenti e l’industria della Difesa non contribuiscano al Patto di stabilita. Ora che questo Patto è stato intaccato, la Francia potrebbe ritornare sulla proposta, magari trasferendo il capitolo nel bilancio dell’Unione Europea e quindi nascondendolo alle opinioni pubbliche dei singoli paesi. Nelle modifiche alla legge 185 l’Europa non centrava, sebbene il governo abbia tentato di dire che si trattava di una richiesta europea. Ora però che la legge è stata indebolita, l’Italia non e più in grado di contribuire ad evitare questi rischi.