APPELLO. L’URAGANO FELIX PIEGA IL NORD DEL NICARAGUA


Sono già più di 100 i morti e ancora 450 i dispersi. Questo il drammatico bilancio aggiornato ad oggi del devastante uragano di categoria 5 – il massimo secondo la scala Shaffer-Simpson con venti sino a 260 chilometri all’ora – che martedì 4 settembre 2007 alle  4 e 20 del mattino ha toccato terra sul litorale nord del Nicaragua, radendo letteralmente al suolo 1.161 abitazioni della piccola comunità di pescatori di Sandy Bay. Qui rimangono in piedi oggi solo 7 case, perché costruite con blocchi di cemento.

Nello stesso istante, Puerto Cabezas, capoluogo della regione a 20 chilometri da Sandy Bay, veniva spazzato dalla furia del vento portata dall’uragano che ha lasciato senza tetto il 90% delle case e cancellato almeno il 10% delle abitazioni. Risultano duramente colpite anche le comunità di Santa Marta e Sin Sin, Llano norte di Puerto Cabezas; Bethania e Wawa bom llano sur, e la comunità di Sahsa lungo la strada che collega Puerto Cabezas a Rosita. Da due giorni l’unica via terrestre che collega Puerto alla capitale è inutilizzabile e i pochi aiuti umanitari stanno arrivando via mare e via aerea. L’unico ospedale è andato distrutto, manca l’acqua potabile, la luce, cibo, e nei fiumi scorrono carcasse dei tanti animali morti

L’Organizzazione non governativa veronese ProgettoMondo Mlal è presente in Nicaragua da circa 40 anni e, attualmente, ha attivi 3 progetti di cooperazione allo sviluppo di cui uno cofinanziato dall’Unione europea. Nel Paese sono impegnati al momento 3 cooperanti ProgettoMondo Mlal. Tra loro, figura storica della nostra Ong in Nicaragua, il capoprogetto Pierangelo Rocco di Ospitaletto (Brescia. Da lui arriva il primo appello da girare agli amicie sostenitori italani: «Non ci sono parole – scrive nella sua prima e-mail dopo il ripristino della rete – per descrivere la tragedia e la catastrofe che ha provocato l’Uragano Felix. Avevo vissuto direttamente già l´Uragano Joana (1987)  e  l´Uragano Mitch (1998) ma questa ennesima catastrofe riveste ogni giorno che passa una connotazione ancora piú drammatica. Voglio solo prendere in prestito le parole di Walter, amico costegno, che mi diceva: «la Costa e le Popolazioni Indigene sono sempre state dimenticate dai governi del Pacifico… speriamo che questa tragedia si trasformi almeno in un’opportunitá per farci guardare con occhi differenti e per ricostruire con una visione di futuro». Come sempre, infatti, nella tragedia ci sono segni di speranza come, fra le tante iniziative, la mobilitazione di ragazzi di tutte le scuole del Pacifico che passano casa per casa per raccogliere indumenti, alimenti, giochi, soldi per le vittime… Che possa essere anche questo un inizio di una nuova aurora di fratellanza tra le popolazioni di Atlantico e Pacifico».

«Agli amici e amiche sostenitrici del Nicaragua – conclude il suo messaggio Per angelo Rocco – un nuovo appello alla solidarietà per dimostrare ancora una volta che i popoli non hanno frontiere e che, quando uno soffre, ci sono sempre cento mani pronte ad abbracciarlo».

Al fianco di Rocco, sua moglie Silvia Ayon, responsabile amministrativa per il ProgettoMondo, e l’antropologa Silvia Trisolino di Moncalieri (Torino). Attualmente impegnato nel vicino Honduras, infine, un altro cooperante per 15 anni in Nicaragua proprio in programmi di sviluppo di comunità nella zona di Puerto Cabezas, il calabrese Pino De Seta,

Mentre, Giuseppe Cocco, coordinatore Paese per il ProgettoMondo Mlal, appena rientrato, dice: «L’uragano ha spazzato via tutto, anche la casa che con mille risparmi e fatiche stavano costruendosi i miei suoceri… Ancora una volta il Nicaragua è stato investito da un uragano che con la sua forza assassina ha colpito le comunità indigene tra le più povere del Paese. La popolazione è ora ospitata nei rifugi ma mancano acqua, cibo e medicine. Dal mare continuano ad emergere cadaveri, a Puerto, dove si vive di pesca, le barche di pescatori non hanno fatto in tempo a rientrate. Le imbarcazioni della Marina, che stanno perlustrando la zona via mare, avrebbero già recuperato 60 cadaveri di pescatori. Noi stessi non abbiamo ancora notizia di due nipoti, che al momento dell’arrvo di Felix, erano nei cayos miskitos, un paradiso oggi trasformato in cimitero. Volontari ed esercito faticano ad arrivare nei luoghi del disastro via terra: oggi, a causa delle forti piogge, il Rio Coco è cresciuto di 11 metri e presto esonderà sulle comunità della zona. Non voglio pensare alle conseguenze per tutti coloro che vivono lungo le sue rive… Ancora una volta i più poveri sono colpiti duramente, lanciamo un appello di solidarietà con la speranza che si possa ricostruire sulle macerie e ripartire con coraggio».

É dunque dai nostri cooperanti nel Paese che arriva la richiesta più pressante perché come sostenitori italiani si contribuisca fin da ora alla costituzione di un fondo di emergenza per la realizzazione di un intervento di ricostruzione e di sostegno alle popolazioni indigene della zona.

Per chi volesse aderire all’appello dei nostri amici nicaraguesi è stato istituito un fondo presso il c/c n° 511320 della Banca Popolare Etica di Padova, abi 5018, cab 12101, intestato al ProgettoMondo Mlal, causale «Emergenza uragani Nicaragua».

Proprio qualche giorno fa, il sindaco della cittadina di Puerto Cabezas, Elisabeth Enriquez, ospite in Italia lo scorso anno per un incontro a Vibo Marina con il sindaco Franco Sammarco, il vicepresidente della Provincia, Paolo Barbieri, e l’assessore all’Ambiente della Provincia, Matteo Malerba, aveva pronosticato per la stagione degli uragani una sicura nuova catastrofe che puntualmente si é verificata. E in effetti tutti gli osservatori fanno notare in queste ore che siamo solo alla lettera «F» di Felix, come a dire che il peggio può ancora arrivare. Come molti sanno nell’area, ogni anno, gli uragani vengono di volta in volta battezzati con un nome la cui iniziale segue l’ordine alfabetico. Basta ricordare che la furia devastatrice in Nicaragua si scatenò veramente soltanto con la «M» di Mitch…

Il presidente Daniel Ortega ha dichiarato lo stato di «disastro».

Secondo i dati forniti dal Centro per le operazioni d’emergenza dell’esercito, questo il passaggio dell’uragano tutt’altro che definitivo: 100 morti, 450 dispersi, il 90 % delle case di Puerto Cabezas senza tetto, 13 chiese, 1 ospedale e tutte le scuole di Puerto distrutte, 1 Centro Rifugio distrutto (comunitá di Bethania, Municipio di Puerto Cabezas), 4.000 abitanti di Sandy Bay senza più casa, 18.000 le persone evacuate e sistemate nei Centri di rifugio, il molo di Puerto Cabezas distrutto per l’80%, centinaia di alberi sdradicati, pali dell’energia elettrica e della linea telefonica abbattuti, 35mila persone direttamente e indirettamente danneggiate dal passaggio dell’uragano, 10.000 ettari di coltivazioni di riso andati distrutti, cosi come la produzione di cacao di alberi da frutta, manghi e cocco. Migliaia di vittime anche tra gli animali da cortile e di allevamento.