[Giorgio Beretta (Unimondo) • 20.11.04] Con 572 voti a favore e 72 contrari, il Parlamento europeo ha votato per mantenere l'embargo di armi alla Cina. L'aula di Strasburgo ha infatti ritenuto che tale misura europea debba essere continuata in attesa di ''passi concreti'' da parte di Pechino sul fronte del rispetto dei diritti umani...

ARMI. UE CONFERMA EMBARGO ALLA CINA, MA L’ITALIA FA ACCORDI

Con 572 voti a favore e 72 contrari, il Parlamento europeo ha votato per mantenere l’embargo di armi alla Cina. L’aula di Strasburgo ha infatti ritenuto che tale misura europea debba essere continuata in attesa di ”passi concreti” da parte di Pechino sul fronte del rispetto dei diritti umani. I parlamentari hanno inoltre invitato il Consiglio Ue e gli Stati membri a ”non indebolire le restrizioni attualmente in vigore sulla vendita di tali armi finché l’Ue non avrà adottato un Codice di condotta giuridicamente vincolante sulle esportazioni di armi” e “finché la Cina non avrà compiuto passi concreti verso un miglioramento della situazione dei diritti dell’uomo nel paese”.

Un voto salutato positivamente dal Dipartimento di Stato Usa e che conferma quello dello scorso dicembre, ma che purtroppo è ampiamente disatteso dai maggiori Stati membri dell’Ue come dimostra un rapporto del parlamentare spagnolo Raul Romeva Rueda. Il Rapporto ribadisce i limiti del Codice di condotta dell’Unione europea sulle esportazioni del 1998 e il carattere non vincolante e non sanzionatorio verso gli Stati membri che lo violano; il Codice infatti definisce solo le norme minime per il rilascio di licenze per l’esportazione di armi convenzionali da parte degli Stati membri. Va ricordato che, nonostante l’embargo dell’Ue, l’anno scorso il Governo Berlusconi ha autorizzato esportazioni di armi alla Cina per oltre 127 milioni di euro che fanno della Repubblica Popolare Cinese il terzo Paese acquirente dei sistemi d’arma “made in Italy”.

E mentre la Cina continua a vendere armi allo Zimbabwe violando l’embargo internazionale, il governo di Pechino ha replicato alla decisione del Parlamento Ue attraverso Zhang Qiyue, portavoce del Ministero degli Esteri cinese, ribadendo la solita posizione cinese secondo cui “l’embargo delle armi è una conseguenza della guerra fredda” e non corrisponderebbe “agli attuali buoni rapporti tra la Cina e i vari paesi dell’Unione Europea”. ”La Cina si oppone a che la questione dell’embargo sia legata direttamente a quella dei diritti umani” – ha ribadito la portavoce.

Una posizione sulla quale sembra concordare anche il Governo italiano che, riconoscendo gli “sforzi e successi della Cina in favore della pace e stabilità interna e in tutta l’area orientale” ha da tempo presentato in Parlamento un disegno di legge volto a ratificare un accordo bilaterale con la Cina per coproduzioni di armi. L'”Accordo nel campo della tecnologia e degli equipaggiamenti militari”, che avrebbe dovuto arrivare alla Camera già lo scorso settembre, prevede tra l’altro non meglio specificate “acquisizioni e produzioni congiunte” di tipo militare. Il Disegno di legge 4811. Presentato dai ministeri della Difesa, Esteri, Finanze e Attività Produttive, il disegno di legge è stato già approvato in via preliminare della Commissione esteri della Camera e dovrebbe essere approvato prossimamennte dal Parlamento.

Nel frattempo altri due accordi per la “Cooperazione nel campo della Difesa” sono di prossima discussione in Parlamento. Firmati rispettivamente il 3 febbraio e l’11 dicembre del 2003 con India e Kuwait, i due “memorandum di intesa” verranno ratificati con appositi disegni di legge già all’esame della Commissione Esteri della Camera dagli inizi di novembre. L’obiettivo, nemmeno tanto celato, è quello di “favorire il processo di ammodernamento dello strumento militare, dando altresì un impulso allo sviluppo dell’industria della difesa” per una “azione stabilizzatrice di una particolare area/regione, di squisita valenza politica, considerati gli interessi strategici nazionali e gli impegni assunti in ambito internazionale”.

I memoranda ricalcano analoghe intese bilaterali con Uzbekistan, Giordania, Gibuti, stipulate e ratificate tra l’autunno del 2003 e gli inizi del 2004. Oltre alla cooperazione in materia di “sicurezza e politica di difesa, operazioni umanitarie e di peacekeeping, partecipazione ad esercitazioni congiunte”, gli accordi con India e Kuwait prevedono anche interscambi di armamenti per “bombe, mine, razzi, siluri, carri, esplosivi ed equipaggiamenti per la guerra elettronica”.

In commissione esteri a Montecitorio, dove entrambi i Disegni di legge hanno cominciato il loro iter qualche settimana fa, l’opposizione ha concentrato le proprie perplessità nell’emendamento presentato da Sergio Mattarella della Margherita. C’è il rischio che “l’applicazione di un regime privilegiato nelle procedure relative all’interscambio di armamenti tra l’Italia e il Kuwait – viene rilevato – comporti un grave svuotamento delle disposizioni contenute nella legge 185 del ’90”, che stabilisce regole di trasparenza per il commercio delle armi, sottoponendolo di fatto al controllo del Parlamento e limitandolo ai paesi che rispettino i diritti umani e che non siano coinvolti in conflitti armati.

Analoghe le critiche avanzate al memorandum d’intesa con l’India, paese “non esente da conflitti interni e al centro di forti tensioni regionali politiche e militari”, rileva Ramon Mantovani, membro della commissione Esteri del Prc. Sia nel caso dell’India che del Kuwait, Mattarella sottolinea poi il rischio che le intese bilaterali con questi paesi possano “annullare la specificità del rapporto che lega l’Italia ai paesi membri della Nato e dell’Unione Europea anche in questo delicato settore”. La richiesta è che alla base delle “singole operazioni commerciali di interscambio di armamenti” ci siano “specifiche intese governative”, anche per evitare “controversi precedenti”.

Rilievi ai quali il governo oppone le disposizioni del nuovo regolamento di attuazione della 185, che “prevede la possibilità che fra due paesi possano avvenire operazioni di interscambio di materiali di armamento”. L’esame in commissione è stato rinviato, per procedere agli “approfondimenti tecnico-giuridici”, come concluso in seduta dal sottosegretario agli Esteri Roberto Antonione. [GB]