[di Luciano Pasqualotto • Gennaio 1999] Nel numero precedente abbiamo iniziato una riflessione sulle "fatiche supplementari" che molti genitori affrontano quando non sono abbastanza attenti ai momenti "critici" dello sviluppo dei figli. Il primo articolo ha analizzato alcune difficoltà connesse all'ingresso nella scuola elementare: qui prenderemo in considerazione la nascita del secondogenito.

ARRIVA IL FRATELLINO!

Nel numero precedente abbiamo iniziato una riflessione sulle “fatiche supplementari” che molti genitori affrontano quando non sono abbastanza attenti ai momenti “critici” dello sviluppo dei figli. Il primo articolo ha analizzato alcune difficoltà connesse all’ingresso nella scuola elementare: qui prenderemo in considerazione la nascita del secondogenito.
Sul piano educativo, l’arrivo di un fratellino o di una sorellina è preferibile alla condizione di figlio unico. L’avvenimento tanto atteso però rappresenta sempre una perturbazione nell’equilibrio di una famiglia, che coinvolge le reti parentali più prossime: nonni, zii, ecc. Tutti costoro sono, nella maggioranza dei casi, sufficientemente preparati e sensibili alle manifestazioni di gelosia del figlio maggiore e si premurano di non far mancare attenzioni, complimenti e piccoli regali ad entrambi i fratellini.
In realtà la gelosia non è che una delle manifestazioni del disagio provocato dall’arrivo del secondogenito, probabilmente la più comune e meno preoccupante. In alcuni casi si registrano invece enuresi notturna (pipì a letto), incubi, ansia da separazione, dinieghi ingiustificati ed ostinati, intolleranza e fragilità alle frustrazioni, depressione.
A partire dalla convinzione che, prima di diventare problemi psicologici, i disagi del primogenito possano essere prevenuti sul piano educativo, ci soffermiamo a considerare due aspetti poco evidenti ma molto importanti.
Il primo si definisce attorno al concetto di privazione. Finché un bambino è figlio unico è frequente e normale che sia posto al centro dell’attenzione, che le cure e le coccole di mamma e papà, di nonni e di altri parenti prossimi siano tutte per lui. Visto con i suoi occhi di bambino, il mondo che l’ha accolto nei suoi primi anni di vita è stato molto ricco di investimenti affettivi ed egli ha imparato a crescere “alimentandosi” di questa abbondanza. Ritengo sia corretto considerare proprio la quantità di attenzioni e coccole per capire la portata della “privazione” che interviene con la nascita del secondogenito (ancor più accentuata nel caso di complicazioni peri o post natali). Le figure parentali che si occupano di lui tentano spesso di “scambiare” la quantità con la qualità del tempo a lui dedicato, ma il passaggio per il bambino non è facile e tantomeno automatico. Per questo può essere utile che il papà ed altri adulti significativi trovino dei tempi “straordinari” per sopperire alla perdita di centralità nelle attenzioni, nelle cure, nelle coccole. Si tratta di una fase transitoria ma molto critica per l’equilibrio del primogenito, sulla quale vale la pena di “investire” in tempo ed affetto.
Veniamo alla seconda considerazione, molto legata alla precedente. Finché un bambino è figlio unico egli è sempre il “piccolo” di casa ed i genitori tendono a sottostimare la sua autonomia. L’arrivo di un “esserino” di tre o quattro chili lo fa apparire immediatamente “più grande”. Succede così che, in maniera spesso involontaria ed inconsapevole, papà e mamma gli richiedano d’improvviso di comportarsi da grande, di essere autonomo in alcune operazioni (ad es. spogliarsi e vestirsi, lavarsi i denti) per le quali prima era sempre stato aiutato; talvolta le richieste di autonomia e responsabilità possono essere addirittura superiori alle sue capacità. Il cambiamento degli atteggiamenti educativi dei genitori, messo in atto anche per la necessità di dedicarsi al nuovo nato, disorienta molto il bambino più grande. La situazione diventa ancora più critica quando, di fronte alla sua difficoltà (giustificabilissima!) di esercitare l’autonomia e la responsabilità richiesta, i genitori assumono un atteggiamento di rimprovero e disapprovazione, contribuendo ad accentuare ancor di più in lui la sensazione di “aver perso” l’amore di papà e mamma.