[Amnesty International • 06.05.04] Amnesty International ha diffuso un nuovo rapporto che denuncia la sofferenza delle donne che sono vittime della tratta e vengono costrette a prostituirsi in Kosovo. L'organizzazione per i diritti umani chiede all'Unione europea di aumentare il proprio sostegno finanziario e legale alla lotta per contrastare il fenomeno...

CONTRASTARE LA TRATTA DELLE DONNE IN KOSOVO

Amnesty International ha diffuso un nuovo rapporto che denuncia la sofferenza delle donne che sono vittime della tratta e vengono costrette a prostituirsi in Kosovo. L’organizzazione per i diritti umani chiede all’Unione europea di aumentare il proprio sostegno finanziario e legale alla lotta per contrastare il fenomeno.

Nel rapporto di Amnesty si sottolinea come il personale della comunità internazionale presente in Kosovo costituisca il 20% di coloro che si servono delle prestazioni delle donne e delle adolescenti vittime della tratta.

Dal 1999, col dispiegamento della forza internazionale di peacekeeping (Kfor) e l’istituzione della missione delle Nazioni Unite per l’amministrazione ad interim del Kosovo (Unmik), il territorio e’ diventato uno dei principali luoghi di destinazione delle donne e delle adolescenti vittime della tratta e della prostituzione forzata.

Il rapporto precisa che la maggior parte delle vittime provengono, passando spesso attraverso la Serbia, da Moldova, Romania, Bulgaria e Ucraina. Allo stesso tempo, aumenta il numero delle donne e delle adolescenti kosovare vittime della “tratta interna” e poi trasferite all’estero.

“Data l’importanza strategica della presenza dell’Unione europea in Kosovo, con oltre 36.000 soldati in servizio nella Kfor, chiediamo che sia fatto di più, sia sul piano finanziario che su quello legale, per contribuire a combattere una pratica ripugnante che si svolge proprio di fronte alla nostra porta di casa” – ha dichiarato Dick Oosting, direttore dell’ufficio di Amnesty International presso l’Unione europea. “Le donne e le adolescenti vengono trasferite dal Kosovo verso svariati paesi dell’Unione Europea, tra cui Italia, Olanda e Gran Bretagna. Occorre agire più efficacemente per prevenire la tratta e proteggere le vittime, i cui diritti vengono spesso lasciati privi di tutela legale”.

Alla luce del rapporto odierno, Amnesty International chiede all’Unione europea e agli Stati membri di adottare le misure necessarie per: prevenire il fenomeno della tratta, agendo nell’ambito delle relazioni e degli accordi di partenariato esistenti tra l’Unione europea e i paesi di provenienza delle vittime e aiutando i governi di questi ultimi ad affrontare le cause di fondo del fenomeno; sviluppare una legislazione relativa alla tratta, applicando nel frattempo tutti gli strumenti a disposizione per proteggere i diritti delle donne e delle adolescenti vittime della tratta, come previsto dalla “Dichiarazione di Bruxelles” del settembre 2002; tutelare le vittime, garantendo che le leggi nazionali e gli apparati amministrativi diano la massima protezione ai diritti delle donne e delle adolescenti vittime della tratta, nel rispetto degli standard legali internazionali e in particolare delle norme sui diritti umani e sui rifugiati.

Le donne e le adolescenti vittime della tratta in Kosovo provengono da alcuni dei paesi più poveri dell’Europa (Bulgaria, Moldova, Romania e Ucraina) e hanno un passato tanto di discriminazione nell’accesso ai diritti economici e sociali quanto di violenza tra le mura domestiche o in ulteriori contesti. Secondo l’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), alla maggior parte delle donne e adolescenti provenienti dalla Moldova e’ stato promesso un lavoro in Italia. Inoltre, un crescente numero di donne kosovare – per lo più adolescenti – sono vittime di una “tratta interna” alla stesso territorio. In molti casi, esse vengono vendute più volte, a un prezzo che secondo l’Oim oscilla tra i 50 e i 3500 euro.

Le donne e le adolescenti “trafficate” e destinate all’estero vengono trasferite nei paesi dell’Europa Occidentale, tra cui Gran Bretagna, Italia e Olanda. Nel 2002, al 36% delle donne e adolescenti vittime di tratta in Kosovo e’ stato negato qualunque tipo di assistenza medica e solo il 10% ha ricevuto cure adeguate. La maggior parte di esse e’ stata costretta ad avere rapporti sessuali non protetti. Ad oggi, nessuna donna o adolescente vittima di tratta ha ottenuto un risarcimento per i danni fisici, emotivi e psicologici subiti.

Il personale della Missione ad interim delle Nazioni Unite in Kosovo (Unmik) e della Forza militare internazionale in Kosovo a guida Nato (Kfor) gode di un’immunità generale, salvo i casi in cui le inchieste vengano esplicitamente sollecitate dal Segretario generale dell’Onu o, nel caso della Nato, dai rispettivi comandanti nazionali. Inchieste del genere sono state aperte in due occasioni, rispettivamente nel 2002 e nel 2003, e hanno consentito un procedimento nei confronti di altrettanti agenti di polizia.

Nessun soldato della Kfor sospettato di tratta o di essersi servito delle prestazioni di donne e adolescenti vittime di tratta può essere posto sotto inchiesta in Kosovo. Amnesty International non ha neppure informazioni su eventuali procedimenti avviati contro soldati della Kfor nei rispettivi paesi di origine. Secondo l’Unita’ traffico e prostituzione della Unmik (Tipu), nel periodo compreso tra gennaio 2002 e luglio 2003, da 22 a 27 soldati della Kfor sono stati coinvolti in crimini connessi alla tratta. Sollecitata da Amnesty International, la Tipu non ha saputo specificare se nei confronti di questi soldati siano stati adottati provvedimenti disciplinari.

All’indomani dell’arrivo della comunità internazionale in Kosovo, nel 1999, e’ stato registrato uno sviluppo senza precedenti della cosiddetta “industria del sesso”, basata su donne e adolescenti vittime di tratta. Si ritiene che nel periodo 1999-2000 il personale internazionale abbia costituito l’80% dei loro clienti. Nel 2002 il dato sarebbe sceso al 30%, ma il personale internazionale ha comunque generato l’80% dei proventi dell’ “industria del sesso”. Ad oggi, si stima che i clienti delle vittime di tratta siano costituiti per il 20% da personale internazionale, la cui presenza in Kosovo non supera il 2% della popolazione locale.

Nel gennaio 2001 la Unmik ha adottato il Regolamento 2001/4 sulla proibizione del traffico di esseri umani in Kosovo, che criminalizza sia i trafficanti che le persone che consapevolmente si servono delle prestazioni delle vittime della tratta. Il Regolamento comprende alcune misure per proteggere i diritti delle donne e delle adolescenti.