«COSA STA AVVENENDO A VERONA?»

Cosa sta avvenendo a Verona? Quale città intendiamo costruire? Al Movimento Nonviolento, riunito a Congresso a Verona dal primo al 4 novembre 2007, sono arrivati i saluti, tra i tanti, dei presidenti del Senato e della Camera, ma non quelli del Sindaco e della Giunta che si è dichiarata contraria al patrocinio e non ha inviato nemmeno una frase di cortesia come si fa in casi come questi, se non altro per dichiarare una disponibilità al confronto. Democrazia vuol dire anche aperto dibattito e gestione costruttiva dei conflitti.

Nessuna attenzione del Comune nemmeno per l’annuale interessante rassegna del Cinema africano (la prossima edizione si terrà dal 16 al 24 novembre 2007, ndr), aperto alle scuole. Un mese fa la Giunta ha ritirato l’adesione cittadina alla marcia Perugia-Assisi. Di conseguenza, Verona sta uscendo dal Coordinamento nazionale degli Enti locali per la pace, collegato all’«Onu dei popoli» e alla rete delle «Città per la pace e la democrazia in Europa». Nessuna presenza nemmeno in occasione della giornata del dialogo cristiano-islamico. É ancora sospesa, forse destinata all’estinzione, l’esperienza originale del «Municipio dei popoli» che aveva promosso 15 progetti di cooperazione internazionale (attualmente in corso) e alcuni tavoli operativi (io coordinavo il «Tavolo interreligioso» che ha avviato, in collaborazione con l’ex assessore Dalla Mura e con l’Università, un itinerario di ‘conversazioni’ con le comunità religiose presenti a Verona e il 2 dicembre 2006 ha promosso un convegno, unico in Italia nel suo genere, intitolato «Comunita’ religiose e politiche sociali, realizzare l’articolo 3 della Costituzione»; gli Atti sono pronti ma abbandonati nonostante la disponibilità alla stampa di una prestigiosa rivista italiana). Sembrano chiusi anche i rapporti con i «Cantieri del dialogo» di Villa Buri. Cosa sta avvenendo? Stiamo dividendo la città in buoni e cattivi, fedeli e infedeli?

Abbiamo anche notizia di sostegni a strani sodalizi neo-templari e ad aggregazioni tradizionaliste che intendono usare le messe in latino per scopi etnico-politici. Sta nascendo un Comune etnico-ideologico, legato a un populismo micro-nazionalista? C’é una proposta che va in questa direzione. L’ha formulata la presidente della Commissione comunale per la cultura che vuole organizzare «un gruppo di studio a contenuto storico-istituzionale» per rianimare il senso di appartenenza civica e la «veronesità». A tal fine, si pensa di ricostruire il Carroccio del 1136 tramite «pubblica sottoscrizione» (dal quotidiano «L’Arena» del 27.10.07). I laici (credenti e non) della maggioranza sono d’accordo con tale impostazione? É così che si costruisce il «bene comune» o la «sicurezza»?

Le preoccupazioni espresse da molti capi dello scoutismo, dal settimanale diocesano «Verona fedele», dal direttore della Scuola diocesana di formazione all’impegno sociale e politico (da «Verona fedele» del 22.7.07), dalla Comunità di Emmaus, da Pax Christi, dal Gruppo per il pluralismo e il dialogo, dal Movimento Nonviolento, sembrano per ora trovare conferma. Quanto maturato in questi anni nel Sinodo diocesano o tramite il Convegno della Chiesa italiana tenutosi a Verona nell’ottobre 2006 (alle due iniziative ho partecipato come delegato) va in altra direzione. Così pure la lettera del vescovo Zenti a Napolitano sul tema della «laicità» definita «convergenza integrativa delle identità differenziate» (don Tonino Bello la chiamava «convivialita’ delle differenze»). Oggi l’Azione Cattolica dice di voler tessere «una trama viva di relazioni fraterne». (da «Verona fedele» del 28.10.07).

A proposito di veronesità, vorrei osservare che, tra i tanti, abbiamo già un modello. É quello del vescovo moro che ride. San Zeno, patrono della città, possiede due belle caratteristiche: quella di essere nordafricano e quella di sorridere. Sembra un programma di intercultura. Per ciò che riguarda l’enfasi sul Carroccio, ricordo un pensiero di don Primo Mazzolari, parroco mantovano a me molto caro: «Nè a Ponte Milvio, nè a Poitiers, nè a Vienna, nè a Lepanto, nè altrove, anche se c’è un carroccio di mezzo o un vessillo crociato o un legato pontificio, nessuna vittoria è vittoria della Chiesa, perché nessuna guerra, ove gli uomini uccidono altri uomini, è la sua guerra. La Chiesa è la «casa della pace» e la custode dei valori eterni dell’uomo e dei suoi destini. Ella non si batte per una civiltà che, pur col nome di cristiana, può essere un ostacolo alla  vocazione cristiana dell’uomo e alla vera civiltà« («Adesso» del primo settembre 1950). Pochi giorni prima di morire, Giovanni XXIII lo riceve definendolo «tromba dello Spirito Santo in terra mantovana». Da parte mia opero e prego perché essa suoni e soffi anche nella nostra città. Ovvero si realizzi quanto Benedetto XVI ha auspicato il primo novembre, invitando tutti a «tenere alto il profilo morale della convivenza civile».

Sergio Paronetto

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Sergio Paronetto insegna presso l’Istituto Tecnico “Luigi Einaudi” di Verona dove coordina alcune attività di educazione alla pace e ai diritti umani. Tra il 1971 e il 1973 è in Ecuador a svolgere il servizio civile alternativo del militare con un gruppo di volontari di Cooperazione internazionale (Coopi). L’obiezione di coscienza al servizio militare gli viene suggerita dalla testimonianza di Primo Mazzolari, di Lorenzo Milani e di Martin Luther King. In Ecuador opera prima nella selva amazzonica presso gli indigeni shuar e poi sulla Cordigliera assieme al vescovo degli idios (quechua) Leonidas Proano con cui collabora in programmi di alfabetizzazione secondo il metodo del pedagogista Paulo Freire. Negli anni ’80 è consigliere comunale a Verona, agisce nel Comitato veronese per la pace e il disarmo e in gruppi promotori delle assemblee in Arena suscitate dall’Appello dei Beati i costruttori di pace. In esse incontra o reincontra Alessandro Zanotelli, Tonino Bello, Ernesto Balducci, David Maria Turoldo, Desmond Tutu, Rigoberta Menchù, Perez Esquivel, Beyers Naudé e tanti testimoni di pace. Negli anni ’90 aderisce a Pax Christi (che aveva già conosciuto negli anni Sessanta) del cui Consiglio nazionale e del cui Centro studi fa parte. É membro del Gruppo per il pluralismo e il dialogo e, ultimamente, del Sinodo diocesano di Verona. Tra le opere scritte di Sergio Paronetto ricordiamo: «La nonviolenza dei volti. Forza di liberazione» (Editrice Monti, Saronno (Va) – 2004), «Poteri profondi. Verona segreta nei misteri d’Italia» (Edizioni Kappa Vu (Ud) – 1996).