DEGRADO E DECORO SECONDO GLI “SCERIFFI-SPAZZINI”

Quando una piccola folla scomposta e vociferante si mette a gridare contro i popoli incivili, il dubbio si insinua che esista da qualche parte un grave problema terminologico. Quando queste stesse civilissime persone cominciano a reclamare il diritto di prendersela con gli immigrati senza per questo essere tacciati di razzismo, lo stesso dubbio si rinsalda.

Non avevo mai partecipato in prima persona ad un incontro a sfondo paleofascista come quello organizzato dal comune di Nogara (VR) venerdì scorso, il 12 ottobre, dall’innocuo titolo «Legalità e sicurezza». Il successo dell’iniziativa è stato chiaramente dovuto a una sorta di culto della personalità, legato alla figura carismatica del sindaco leghista di Verona, Flavio Tosi, che senza distinguersi particolarmente fra i relatori per acume o lucidità di pensiero, è riuscito a scatenare le ovazioni della folla scomposta e vociferante. Chi invece si è distinto particolarmente per acume e lucidità di pensiero è stato il procuratore capo di Verona Guido Papalia che – unico a trattare la parte «legalità» della conferenza, presentando dati statistici e analisi tecniche che purtroppo smentivano la propaganda di Tosi e del sindaco di Padova Flavio Zanonato – si è beccato i fischi e gli strali della folla scomposta e vociferante, che certe cose proprio non le voleva sentire. Sì, perché a quanto pare esiste una netta e inestirpabile sensazione (o la percezione, se si preferisce), che ormai non si possa più uscire dalla porta, perché zingari, africani, arabi, albanesi e (capolavoro semantico!) neocomunitari, sono tutti lì pronti a rubarti in casa, ad aggredirti, a stuprarti e ammazzarti per un pugno di euromonetine.

Nessuno dei relatori sembra rendersi conto, nell’usare ripetutamente e con insistenza le espressioni «sensazione» e «percezione» di insicurezza, che se di sensazione si tratta, logicamente il problema effettivo o non esiste o è tutto da dimostrare. E quando Papalia spiega chiaramente che, dati alla mano, la criminalità di strada si è in realtà progressivamente e sensibilmente contratta negli anni, in linea con la tendenza generale dei paesi più sviluppati del mondo, la reazione è stata furibonda e incontenibile: «Lasciateci le nostre percezioni!». Prontamente, i due Flavi di Padova e Verona hanno provveduto a nutrire questo bisogno di insicurezza reclamato dal popolo, amplificando le emozioni suscitate dai rarissimi esempi di violenza cruenta apparsi recentemente sulla cronaca nera del Veneto.

Il passaggio il-logico successivo è la connessione necessaria di criminalità e immigrazione. «Bisogna colpire quelle bestie incivili» (sic!, con ovazione). Poco importa se chi lavora quotidianamente con la criminalità ci informa che i reati sono statisticamente commessi in proporzione alla composizione etnica del territorio, ossia prevalentemente da veneti autoctoni (altro linciaggio in sala per il procuratore).  Una volta stabilito che legalmente non esistono strumenti per garantire maggiore sicurezza ai cittadini di Verona e Padova, gli indistinguibili Flavi passano a raccontarci come, in barba alle leggi che legano loro le mani, sono riusciti ad attuare eroici provvedimenti quali muri separanti, multe ai clienti delle prostitute, multe agli acquirenti di prodotti taroccati dei senegalesi in centro città, e naturalmente multe a chi mangia i panini gocciolanti di olio acquistati dagli immigrati. La folla è in delirio estatico. Tuttavia, è evidente una volontà di confondere le idee. Un momento si sta parlando di sicurezza e un attimo dopo si parla di ordinanze volte a spazzare via il «degrado» cittadino, garantendo un miglior «decoro». Non è assolutamente evidente dalle parole dei relatori quale sia il rapporto logico tra decoro e sicurezza. L’unica relazione che uno riesce ad immaginare fra il decoro legato alla cacciata da via Mazzini dei senegalesi venditori ambulanti e la questione della sicurezza è che queste persone, lasciate senza alternativa di lavoro, se ne vadano a rubare, aggravando il problema della sicurezza. Del resto, degrado e decoro sono per definizione questioni legate all’estetica. Si può decorare la città spazzando via i colori delle etnie umane, ma anche addobbandola per le festività natalizie. Che c’entra la sicurezza? Nulla. Lo dimostra anche il fatto che un incontro del genere si è tenuto in un paese dove il problema della sicurezza non esiste affatto. L’imbarazzato sindaco di Nogara, che pure un interventino l’ha dovuto fare, nel momento in cui il moderatore Lorenzetto si è finalmente reso conto che i sindaci con cui interloquire non erano due, ma tre, incapace di portare esempi concreti di problematiche locali legate alla sicurezza, ha parlato di percezione, percezione e percezione di un problema.

Tutto avrebbe avuto senso logico se l’incontro, anziché intitolarsi «Legalità e sicurezza», si fosse intitolato «Decoro e percezione della sicurezza». Il ragionamento è semplice. La gente non sopporta di vedere qualche immigrato in più. Siamo tutti un po’ razzisti, non neghiamolo, fa parte dell’evoluzione di ogni specie animale privilegiare il clan e chi condivide più geni con se stessi. Non potendo ammettere di essere razzisti, (perché lo sono hard core), molti trasformano questo odio congenito in una paura generica, che certi politici colgono e amplificano, identificando gratuitamente l’immigrato con il crimine. Naturalmente questi politici non combattono il crimine, perché non c’è di solito molto crimine da combattere in questa direzione (perché non si accenna invece alla mafia, ad esempio, alla voce «legalità e sicurezza» in questi incontri?).

Si può tuttavia lavorare molto sulla «percezione» del crimine, percezione che essi stessi hanno creato con la loro propaganda. E così i vari Flavi possono vantarsi di fare veramente grandi cose per le loro rispettive città, spazzando con le loro ordinanze la polvere etnica sotto il tappeto, e creando una beata illusione di pulizia e igiene. Se la gente non vede gli immigrati sta bene, è felice di aver votato i suoi candidati sceriffi (o spazzini), e il problema della sicurezza è risolto. E certo che è risolto! Perché non è mai stato un problema! La microcriminalità è qualcosa di fisiologico che esiste fin da quando esiste l’uomo, come la prostituzione. C’è e ci sarà sempre. Se è andata via via diminuendo nel corso della storia è soltanto grazie ai miglioramenti delle nostre condizioni di vita e della nostra coscienza sociale. Gli immigrati non c’entrano proprio nulla. Il vero problema che ci troviamo ad affrontare è l’inasprimento degli animi fomentato da questi paladini cult, che hanno fatto dell’ignoranza un vessillo, un punto d’orgoglio che esalta un certo tipo di folla, a cui magari una partita allo stadio avrebbe potuto bastare per sfogarsi adeguatamente, senza dover portare le proprie pulsioni violente nello stadio della politica. O meglio, della pulitica, visto che alla fine per loro tutto ruota attorno all’ossessione per la pulizia. Quanto ci vorrà prima che il sindaco Tosi, sull’onda dei deliri dello sceriffo di Treviso, lanci anche lui la sua campagna per la pulizia etnica contro i culattoni? Perché, si sa, anche quelli costituiscono una grave minaccia sociale!

Paolo Ferrarini


Paolo Ferrarini, nato a Nogara (Vr) nel 1977, dopo aver conseguito la maturità scientifica si è laureato nel 2002 all’Università di Venezia in Lingue e letterature orientali (arabo) col massimo dei voti e la lode. Nel 2001 è stato rappresentante degli studenti italiani all’Europarlamento di Strasburgo in occasione della discussione e votazione della Carta dello studente europeo. Ha visitato numerosi paesi europei ed extraeuropei tra i quali l’Egitto, la Giordania, le Repubbliche Baltiche, i Paesi Scandinavi, i Paesi dell’Est Europa, gli Stati Uniti d’America, la Siria, il Libano, lo Yemen ed il Kuwait. Proprio in Kuwait, nel 2002, ha svolto un tirocinio di tre mesi presso l’Ambasciata d’Italia, come ricercatore per l’ufficio culturale e commerciale. Risiede tra Beirut e Londra, dove – nel 2005 – si è specializzato nel Master in Linguistica applicata e traduzione arabo-inglese.