IL BOICOTTAGGIO DELLA NESTLÉ, 30 ANNI DOPO

Buon trentesimo compleanno alla campagna mondiale di boicottaggio contro la multinazionale Nestlè. Fu lanciata il 4 luglio 1977 contro il marketing aggressivo del latte artificiale nei paesi a basso reddito; prese di mira in particolare l’azienda che a quei tempi sembrava la più colpevole, e che essendo leader del mercato, è da esempio per le altre. É tempo di bilanci. Anche la Ribn, Rete italiana boicottaggio Nestlè è li farà, in una settimana di iniziative dal primo al 7 luglio 2007.

É servita l’azione di disturbo? Nestlè e le altre hanno cambiato il loro comportamento? La giornalista del “Guardian” Joanna Moorhead è andata in Bangladesh per verificare «se la Nestlè ha, come afferma, cambiato in meglio il suo comportamento, o se hanno ragione gli organizzatori del boicottaggio a mantenere alta la pressione, non solo su Nestlè ma su tutti i produttori di latte artificiale». E ne ha ricavato, scrive, la sensazione che «se i boicottatori mollassero la presa anche solo per un attimo, le compagnie guadagnerebbero rapidamente terreno».

Pochi anni dopo l’inizio della campagna mondiale di boicottaggio, l’Assemblea mondiale della sanità (assemblea generale dell’Oms), il 21 maggio 1981 adottò un Codice internazionale di regolamentazione per i sostituti del latte materno: offriva ai governi un modello di regolamentazione necessario a proteggere la salute infantile impedendo un marketing inappropriato di sostituti del latte materno. Il Codice vieta di pubblicizzare il latte artificiale e altri sostituti del latte materno, inclusi il latte in polvere iniziale, quello di proseguimento, altri derivati del latte e prodotti per lo svezzamento (cibi e bevande) quando presentati come una parziale o totale sostituzione del latte materno, biberon e tettarelle. Ulteriori risoluzioni Oms (1986, 2001, 2002) dichiarano scorrette le forniture di latte agli ospedali (la piccola quantità di latte necessaria va comprata), e raccomandano l’allattamento al seno esclusivo per sei mesi.

Fra le prescrizioni del Codice: etichette adeguate (con l’avvertenza che l’allattamento al seno è la pratica migliore); nessuna promozione non solo al pubblico ma nemmeno nelle strutture sanitarie o al personale medico; nessun campione o fornitura gratis. Dieci anni dopo la stesura del Codice, nell’agosto 1990, a un incontro promosso da Oms e Unicef a Firenze, i governi di trenta paesi formularono la «Dichiarazione degli Innocenti», secondo cui «i governi dovranno entro il 1995 prendere provvedimenti per rendere effettivi tutti gli articoli del Codice Internazionale».

Ma la realtà è ancora cupa. Nei paesi a basso reddito, l’alimentazione artificiale è tuttora una tragedia sia sanitaria (il latte è costoso e viene allungato troppo e magari con acqua non pulita) che economica. Le madri si svenano. I bimbi muoiono.

Mamma bengaleseTornando al Bangladesh, che ha ratificato il Codice nel 1984 e ne ha fatto una legge, pare che gli operatori sanitari consiglino velocemente il biberon. Avviene soprattutto negli ospedali privati, dove si partorisce con l’equivalente di pochi euro, ma il personale è il bersaglio preferito dei rappresentanti delle compagnie. Le madri dicono che alle prime difficoltà nell’allattamento non hanno trovato nessuno ad aiutarle. E inoltre, foglietti con le fotografie delle confezioni sono consegnati alle madri, che anche se analfabete li porteranno in farmacia chiedendo quel prodotto.

Save the Children, organizzazione autrice di un rapporto sull’industria del latte artificiale, calcola che il valore totale delle importazioni di latte artificiale ed altri alimenti per l’infanzia raggiunga i 24 milioni di euro l’anno nel solo Bangladesh. Si pensa che circa il 95% delle madri inizi ad allattare, ma che a un mese il tasso scenda a 89% ed a sei mesi al 25% circa, ma forse anche al 16%. La mortalità infantile potrebbe essere ridotta di quasi un terzo, salvando le vite di 314 bambini al giorno, migliorando i tassi di allattamento al seno. La «Dichiarazione degli Innocenti» resta ancora un obiettivo da realizzare.

Marinella Correggia

Fonte: il manifesto e PeaceLink


Marinella Correggia è nata a Rocca d’Arazzo in provincia di Asti; scrittrice e giornalista free lance particolarmente attenta ai temi dell’ambiente, della pace, dei diritti umani, della solidarietà, della nonviolenza; è stata in Iraq, Afghanistan, Pakistan, Serbia, Bosnia, Bangladesh, Nepal, India, Vietnam, Sri Lanka e Burundi; si è occupata di campagne animaliste e vegetariane, di assistenza a prigionieri politici e condannati a morte, di commercio equo e di azioni contro la guerra; si è dedicata allo studio delle disuguaglianze e del sottosviluppo; ha scritto molto articoli e dossier sui modelli agroalimentari nel mondo e sull’uso delle risorse; ha fatto parte del comitato progetti di Ctm (Commercio Equo e Solidale); è stata il focal point per l’Italia delle rete Global Unger Alliance; collabora con diverse testate giornalistiche ed è autrice di numerosi libri. Tra le opere di Marinella Correggia: «Ago e scalpello: artigiani e materie del mondo», Ctm, 1997; «Altroartigianato in Centroamerica», Sonda, 1997; «Altroartigianato in Asia», Sonda, 1998; «Manuale pratico di ecologia quotidiana», Mondadori, 2000; «Addio alle carni», Lav, 2001; «Cucina vegetariana dal Sud del mondo», Sonda, 2002; «Si ferma una bomba in volo? L’utopia pacifista a Baghdad», Terre di mezzo, 2003; «Diventare come balsami. Per ridurre la sofferenza del mondo: azioni etiche ed ecologiche nella vita quotidiana», Sonda, 2004; «Vita sobria. Scritti tolstoiani e consigli pratici», Qualevita, 2004; «Il balcone dell’indipendenza. Un infinito minimo», Nuovi Equilibri, 2006; (a cura di), «Cambieresti? La sfida di mille famiglie alla società dei consumi», Altra Economia, 2006; «Week Ender 2. Alla scoperta dell’Italia in un fine settimana di turismo responsabile», Terre di Mezzo, 2007.