LA BASE ITALIA, DA VICENZA A SIGONELLA

Il progettato raddoppio della base Usa di Vicenza rientra in un quadro che va ben al di là dell’ambito locale: il Pentagono sta infatti ridislocando truppe e basi dall’Europa centrale e settentrionale a quella meridionale e orientale, per proiettare più rapidamente ed efficacemente le proprie forze sia in Medio Oriente e Africa, che in Asia centrale. In questo riorientamento strategico, i comandi e le basi Usa in Italia svolgono un ruolo chiave. Ciò comporta il potenziamento dell’intero sistema militare statunitense nel nostro paese.

La 173a brigata aviotrasportata, di stanza a Vicenza, è stata trasformata in una «unità modulare»: la Squadra di combattimento, formata attualmente da sei battaglioni, cui in futuro se ne aggiungeranno altri. Essa è infatti «l’unica unità aviotrasportata e forza di risposta rapida» del Comando europeo degli Stati uniti, la cui missione è «promuovere gli interessi statunitensi in Europa, Africa e Medio Oriente», in un’area di 55 milioni di km2, comprendente 90 paesi. La Squadra di combattimento, acquartierata a Vicenza, è una delle maggiori unità che effettuano la rotazione di truppe in Iraq e Afghanistan. Contemporaneamente, inviando truppe anche nelle basi Usa in Romania e Bulgaria, partecipa ai preparativi di guerra contro l’Iran.

Il comando Setaf da cui dipende la Squadra di combattimento, il cui quartier generale è anch’esso a Vicenza, è stato trasformato da comando di appoggio logistico in comando di teatro, con il compito di ricevere e preparare al combattimento le forze che arrivano da basi esterne per essere proiettate dal territorio italiano nei vari teatri bellici. Gli armamenti di cui hanno bisogno sono già «preposizionati» in Italia. Ad Aviano vi sono quelli delle forze aeree, comprese almeno 50 bombe nucleari tattiche B-61 con una potenza, ciascuna, equivalente a 13 bombe di Hiroshima. Sono tenute in speciali hangar insieme ai caccia F-15 e F-16 pronti per l’attacco nucleare. A Ghedi (Brescia) ve ne sono almeno altre 40, il cui uso è consentito (naturalmente sotto comando Usa) anche all’aeronautica italiana, violando così il Trattato di non proliferazione nucleare. A Camp Darby, tra Pisa e Livorno, si trova un’enorme quantità di armamenti per le forze terrestri: è l’unico sito dell’esercito Usa in cui il materiale preposizionato (carri armati M1, Bradleys, Humvees, etc.) è collocato insieme alle munizioni, comprese quelle a uranio impoverito e al fosforo usate in Iraq. A Sigonella (Catania), presso la base aeronavale statunitense, si trova il Fleet and industrial supply center (Fisc), uno dei due soli centri di rifornimento della marina fuori dal territorio statunitense. Non è escluso che anche a Camp Darby e a Sigonella vi siano armi nucleari.

A Napoli si trova il quartier generale delle forze navali Usa in Europa (che prima era a Londra), comandato da un ammiraglio il quale allo stesso tempo è a capo del Joint Force Command della Nato, situato anch’esso a Napoli. Da esso dipende la Sesta flotta dislocata a Gaeta, cui si è appena unito un gruppo navale da attacco composto di 7 navi da guerra, con a bordo 6mila marines, guidato dalla nave da assalto anfibio Uss Bataan. Il 30 gennaio, il gruppo navale da attacco ha attraversato il canale di Suez per condurre «operazioni di sicurezza marittima» nel Golfo e nell’Oceano Indiano, restando però collegato al comando Usa di Napoli e alle basi in Italia, soprattutto Sigonella.

Oltre che delle basi statunitensi, il Pentagono dispone in Italia di quelle della Nato, la cui catena di comando fa capo al Pentagono: «Comandante supremo alleato in Europa» è infatti, per una sorta di diritto ereditario, sempre un generale Usa nominato dal presidente degli Stati uniti. Vi sono, inoltre, in territorio italiano strutture militari statunitensi segrete, come il centro di comando e spionaggio del Pentagono C4I (comando, controllo, comunicazioni, computer e intelligence), l’unico nell’area mediterranea, che collega la base di Taranto al Centro della marina Usa per la «interoperabilità dei sistemi tattici» situato a San Diego in California.

Così l’Italia, secondo il presidente del consiglio Romano Prodi, effettua «un percorso verso la pace, un percorso per spegnere, uno ad uno, i troppi focolai di guerra che negli ultimi anni sono andati moltiplicandosi».

Manlio Dinucci

Fonte: Il Manifesto 17.02.2007