VICENZA. «MA CI HANNO MAI VISTI IN FACCIA?»

A Vicenza sabato (17 febbraio, ndr), mi hanno stupito i volti e con i volti le storie, le bellezze e le fatiche del popolo della pace. I volti erano quotidiani, direi normali, se l’eccezionalità di quegli sguardi e delle ragioni che portavano si può chiamare tale. Da una parte la stampa, e forse molti di noi, alla caccia dei soliti noti e dall’altra la piazza, le strade piene di novità non di notorietà. Così l’inizio della enorme fiumana di persone che hanno colorato la marcia per la pace e contro l’allargamento della presenza militare sui nostri territori era dei cittadini di Vicenza. Poi tutti abbiamo sfilato dietro loro e con loro. Così alla fine in Campo Marzio le voci che rilanciavano i contenuti e il senso di questa lotta nonviolenta al sistema guerra erano dolcemente femminili, straordinariamente emozionate e eccezionalmente appassionate alle parole che raccontavano la storia e l’impegno.

Già, nessun comizio di leader nazionali ma una base che si fa protagonista e chiede ascolto. Un popolo che si chiede: ma ci hanno mai guardato in faccia, ci hanno mai ascoltato con attenzione e per più di 2 minuti? Ci hanno mai dato dignità? Davanti all’assoluto indiscutibile della guerra e della sua logica il quotidiano di pace sudato e costruito a fatica, con tante contraddizioni e con altrettante intuizioni di vita. Mi ricordo don Tonino Bello al ritorno da Sarajevo, in pieno guerra, quando sussurrava domande: «Attecchitrà davvero la semente della nonviolenza? Sarà davvero questa la strategia di domani? É possibile cambiare il mondo col gesto semplice dei disarmati? É davvero possibile che, quando le istituzioni non si muovono, il popolo si possa organizzare per conto suo e collocare spine nel fianco a chi gestisce il potere? Fino a quando questa cultura della nonviolenza rimarrà subalterna?».

Accosto a questa voce profetica la voce di un popolo che si è organizzato per conto suo e ha posto una spina nel fianco a chi gestisce il potere. Vicenza è stata questo!

 

Dal Palco la voce di Cinzia Bottene, portavoce del presidio permanente «NO Dal Molin», che, con decisione, senza rabbia, chiede: «Dov’è il sindaco in questo momento, la sua città è in piazza, i governanti di questa città dove sono?… la politica è fatta di ascolto e noi eleggiamo delle persone perché ascoltino e si facciano interpreti della volontà degli elettori. Mi rivolgo anche al governo che ha tradito e stravolto il programma nel caso di Vicenza. Chiediamo coerenza con il programma, se non c’è coerenza chi ci rimette sono loro, perché non li voteremo più».

 

Poi Patrizia Cammarata (comitato Vicenza est – «No Dal Molin»): «Vicenza, la piccola città provinciale non è più la piccola città provinciale, non è più solo la città dei capannoni  e delle 10-15 ore di lavoro al giorno. É la città che dice NO alla guerra, che guarda gli altri popoli, è una città internazionalista oggi Vicenza. Siamo ottimisti perché siamo in tanti e lo saremo sempre di più e più ci criminalizzeranno, più cercheranno di farci paura,  più noi saremo forti, perché sappiamo che siamo nel giusto…  Sindaco Hulweck, che ieri sera hai dichiarato “questa non è la manifestazione dei vicentini”. Io, io sono vicentina, come tanti altri qui! Sindaco Ulbeck i vicentini, se non lo sai, hanno tanti amici in tutta Italia che si sono alzati di notte per arrivare qui. Governo Prodi, aumenti le spese militari e ci tagli li ospedali, ci tagli la sanità, privatizzi le scuole. Governo Prodi, guardaci, siamo in tanti! Tu dirai sempre SI e noi diremo sempre NO, e continueremo a dire NO. Un pensiero di solidarietà ai popoli martoriati dalla guerra, e un pensiero di solidarietà al popolo americano, anche alla famiglie, alle madri, alle donne dei soldati americani, dei giovani che sono al fronte. A questi giovani noi diciamo “Tornate a casa”, tornate dalle vostre famiglie, … tornate».

Poi ancora una donna della «Gente di Polegge» (quartiere di Vicenza): «Aria, terra, acqua per i nostri figli, siamo gente di Polegge, viviamo a poche centinaia di metri dal Dal Molin. Il nostro sindaco, gli imprenditori, la maggior parte dei politici, il governi italiano e i comandi militari americani sono convinti che noi abbiamo la polenta negli occhi e nelle orecchie. Dicono che noi non vogliamo capire i grandi benefici che la nuova base militare porterà alla nostra città e al nostro paese. Forse il nostro sindaco vuol farci credere che ha fatto tutto in gran segreto solo perché voleva farci un bel regalo. Perché i vicentini non sono scesi in migliaia in piazza a ballare e a gioire per il nuovo regalo che sta arrivando dallo zio d’america? Il beneficio economico è così grande che proprio in questi giorni l’addizionale Irpef è stata aumentata del 66%. Secondo i nostri governanti e i nostri imprenditori noi, con le nostre famiglie, i nostri figli, i nostri anziani, i pensionati gli insegnanti, persino con tanti preti, noi, siamo i radicali, le frange estreme, che creano terreno fertile per il terrorismo. Ma ci hanno mai visti in faccia?  Quando mai uno dei nostri governanti è venuto a toccare con mano, a vedere, ma soprattutto ad ascoltarci? Mai! Ma hanno la gentilezza di raccomandare alla Rice di essere gentile con Vicenza, di non farle troppo male. Grazie ministro, lei si che ci vuole bene!  No, non abbiamo polenta negli occhi e negli orecchi, abbiamo solo il cuore che ci spinge a difendere la nostra aria, la nostra terra, la nostra acqua… Chiediamo dignità, rispetto, giustizia, chiediamo di potere vivere in pace, questo è possibile solo senza la nuova base. Non siamo antiamericani, siamo con gli americani e con tutti quelli che lavorano per la pace senza l’arroganza militare e le armi».

La voce con sonorità straniera di Stefany (Peace end Justice – Usa): «Il nostro ambasciatore ci ha chiesto di stare lontano da Vicenza oggi, ci ha detto che saremmo stati presi come bersagli, ed è vero. Noi del gruppo statunitensi per la pace e la giustizia di Roma insieme con statunitensi contro la guerra di Firenze ad un certo punto nel corteo ci siamo fermati e siamo stati presi come bersagli, ci hanno dato baci, abbracci, fiori, vino, applausi, è stata una cosa bellissima. Noi siamo al vostro fianco perché nemmeno noi vogliamo più basi militari in giro per il mondo. Quindi questa manifestazione è a favore della maggioranza degli statunitensi. Voglio ringraziare tutti voi è il movimento che è nato qua, forte, autonomo, determinato. Un esempio per tutti noi. Noi statunitensi siamo al vostro fianco sino alla fine».

 

In basso, in mezzo al popolo della pace, don Maurizio Mazzetto (Pax Christi Vicenza): «Il “popolo della pace” è sceso sulle strade: là dove la vita di ogni giorno scorre, tra piazze, giardini, edifici d’arte, scuole, Ospedali, Seminari vescovili…! Ho sentito pulsare una sete di vita in tutti coloro che hanno partecipato: l’ho vista nel volto dei disabili accompagnati, dei bambini e ragazzi Scout delle Parrocchie dove sono stato in questi anni, nelle donne anziane che erano a fianco dei loro nipotini, negli amici di Pax Christi – di Vicenza e di tante parti d’Italia – a cui brillavano gli occhi nel vedere una così grande partecipazione di popolo, pacifico, lucido, determinato. Il “popolo della pace” – che non era solo composto di membri di sindacati, di partiti, di centri sociali, ecc. ecc. – ha percorso ma anche indicato delle “strade”: alla cultura-mentalità della gente veneta, alla vita politica locale e nazionale, al mondo eccelsiale stesso, spesso incapace per primo di quella “fierezza apostolica” che esplode in giornate come queste, le quali avvengono non solo per azione nostra, ma, credo, per soffio dello Spirito».

Voce instancabile, Giovanni Marangoni (Famiglie per la pace): «E due. Un’altra vittoria secca per i cittadini contrari al Dal Molin. Una cocente sconfitta per istituzioni, BR ad orologeria e maschere antigas. Possiamo finalmente cominciare a parlare dei problemi veri legati alla militarizzazione del vicentino? Quanti sono i vicentini sicuri di essere “paroni a casa loro” quando lo stato italiano paga ogni anno – con le loro tasse – il 37% dei costi delle basi militari e delle truppe USA di stanza in Italia? I governi Berlusconi-Prodi e il Sindaco di Vicenza hanno dato il loro assenso alla costruzione di una nuova base militare a Vicenza. Per rispettare un accordo, bisogna conoscerlo. É per questo che le leggi della Repubblica vengono pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale. Molti di noi sono figli di contadini che ci hanno insegnato che non si devono mai firmare ipoteche in bianco. Né al sindaco, né al governo, né agli statunitensi… C’è una Vicenza virtuale che i media potranno continuare a presentare, ma che non esiste e c’è la Vicenza reale. A Vicenza si è creata effettivamente una saldatura: non con le BR, ma fra i cittadini, di tutti i tipi. Vicenza è già un laboratorio di cittadinanza attiva. Il presidio permanente di Ponte Marchese ha posto le proprie tende sul terreno di una signora leghista che ringraziamo, ospita le assemblee di centinaia di cittadini, disobbedienti e chi ha fatto demolire il centro sociale Ya Basta, centinaia di persone che d’inverno ballano il liscio, CUB e casalinghe, cristiani che pregano, anziani che passano a fare due chiacchiere e, soprattutto, giovani che scoprono l’entusiasmo di essere cittadini attivi. Sono i nostri figli migliori, quelli il cui motto rimane quello di don Milani: “I care” che significa, io prendo a cuore».

 

Meglio dare loro volto e voce, altri commenti all’esperienza di Vicenza ora non servono. Ora servono solo scelte concrete di pace, riconciliazione, disarmo e nonviolenza.

 

don Fabio Corazzina

(Pax Chrsiti Italia)