[di Silvana Sartori • 18.10.02] La tragedia di una guerra non aperta e che miete ancora vittime tra i civili è stata presentata dal chirurgo ortopedico Silvio Galvagno in occasione della presentazione del volume Nell’inferno di Kabul. Testimonianze di un chirurgo di guerra. La serata ha inaugurato i lavori del sesto anno di attività per l’università popolare di Arcole (VR)...

NARRA IL MEDICO ANTIMINE: «OGNI GIORNO 30 MUTILATI». L’ORRORE DELLA GUERRA AFGHANA ALL’OSPEDALE DI EMERGENCY

La tragedia di una guerra non aperta e che miete ancora vittime tra i civili è stata presentata dal chirurgo ortopedico Silvio Galvagno in occasione della presentazione del volume Nell’inferno di Kabul. Testimonianze di un chirurgo di guerra. La serata ha inaugurato i lavori del sesto anno di attività per l’università popolare di Arcole (VR).
Le immagini dell’Afghanistan sono state accompagnate dalle spiegazioni di Galvagno che ha vissuto una straordinaria esperienza di due mesi nella capitale del Paese martoriato da anni di guerra. Le mine sparse un po’ ovunque sono armi di distruzione di massa che funzionano al rallentatore. Negli ospedali e nei centri di primo soccorso è uno stillicidio continuo di bambini, giovani o vecchi mutilati.
Superato il dramma delle operazioni militari organizzate su largo raggio, oggi una guerra lenta e mortale è portata avanti dalle migliaia di mine disseminate in tutto il territorio afgano. «Sono piccole, micidiali, anche a forma di giocattolo», ha spiegato Galvagno. Colpiscono all’improvviso, occhi, mani, arti. Anche 30 persone alla volta si presentano nei centri di pronto soccorso. Tante volte sono necessari anche più interventi chirurgici, uno dopo l’altro».
Sono dei grandi murali colorati, sparsi nelle strade polverose, a dare una minima informazione dei pericoli sparsi tra i cespugli. Le mine possono essere di fabbricazione cinese, italiana e russa. Alcune di forma piatta e grigia si mimetizzano perfettamente con la ghiaia sfuggendo anche all’occhio prevenuto.
Altre sono chiamate pappagalli verdi o minifarfalle e colpiscono quasi sempre i bambini. Il loro colore verde brillante non sfugge all’attenzione dei bambini: ma tra le loro mani un liquido interno fa subito scattare il detonatore. Provocano danni enormi: ferite alla testa, bambini che perdono entrambe le mani, buchi nei polmoni e nella pancia.
Altre ancora, rimaste inesplose anche da diversi anni, hanno dimensioni ben maggiori e sono attivate da invisibili cordicelle: colpiscono anche a una distanza di 30 metri, mutilando arti e volti.
«Nei conflitti odierni», ha spiegato Silvio Galvagno, «più del 90 per cento delle vittime sono civili. Le strutture medico-sanitarie locali non sempre sono sufficienti. Negli ospedali gestiti da Emergency, l’organizzazione medica italiana di volontariato, si lavora anche per la formazione del personale del posto».
Oggi l’Afghanistan, ha illustrato Galvagno, su 23 milioni di abitanti conta oltre un milione di amputati, moltissimi dei quali bambini. L’impegno di Emergency in questi anni si è concentrato sul trattamento e sulla riabilitazione delle vittime delle mine antiuomo. «Ci troviamo di fronte a pazienti dai tempi di guarigione lunghi e con protesi costose», ha concluso Galvagno. «Per un bambino in fase di crescita se ne rende necessaria la sostituzione annuale ma in molti casi la sostituzione è necessaria dopo sei mesi».