Ci hanno pensato tanto, hanno scavato nel passato, hanno selezionato amici e compari, hanno fatto soffrire pretendenti più o meno illustri, rinunciando persino a qualche fedele servitore, ma alla fine hanno tirato fuori dalla manica l’uomo giusto al posto giusto: Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti, dopo grandi fatiche, hanno nominato alla poltrona di amministratore delegato dell’Enel niente di meno che Paolo Scaroni, il manager che il 15 luglio del 1992 fu arrestato e poi subito rilasciato con l’accusa di corruzione, su ordine della procura di Milano. L’intramontabile imprenditore e manager fu arrestato con l’accusa di aver pagato una tangente da 400 milioni al Psi per i lavori di costruzione del nastro trasportatore del carbone dal porto alla nuova centrale termoelettrica di Brindisi controllata, ecco la sorpresa, dall’Enel. Dunque, l’uomo che sostituirà Franco Tatò, eliminato senza tanti complimenti, è uscito di scena in veste di corruttore e rientra in veste di amministratore di quella stessa società a cui lui pagò fior di quattrini per ottenere un appalto. La vicenda si sarà conclusa con un’assoluzione, si chiederanno gli increduli. Errore. Un agenzia Ansa del 22 febbraio 1996 delle ore 16,15 ci spiega che la storia finì con una condanna: «Il vicepresidente della Techint Paolo Scaroni, ha patteggiato la condanna a un anno e quattro mesi di reclusione per le tangenti pagate per gli appalti nellecentrali Enel. La sentenza è stata emessa dai giudici della sesta sezione penale del Tribunale di Milano, davanti ai quali si è svolto lo stralcio del processo principale che invece è in corso davanti alla settima sezione». Più imbarazzante di così la scelta di Berlusconi e Tremonti non poteva essere. Tanto imbarazzante da sembrare una provocazione o, se si vuole, una promozione postuma di un manager che nel suo curriculum può vantare la militanza nelle file di tangentopoli. Ai tempi del suo arresto Paolo Scaroni era amministratore delegato della Techint (gruppo Rocca), oltre che consigliere di un’altra illustre società: la Camfin, la finanziaria milanese che fa capo a Marco Tronchetti Provera. Quella di Scaroni è una carrierà fulminante, dalla Chevron Italia alla McKinsey, che viene stroncata dalla procura di Milano nei primi anni di tangentopoli. Accanto a lui siederanno nel consiglio d’amministrazione dell’Enel Piero Gnudi, in veste di presidente, Mauro Miccio, ex consigliere Rai e uomo di Fini ai tempi del primo governo Berlusconi, Fernando Napolitano, partner di Booz Allen & Hamilton, la principale società di consulenza utilizzata da Silvio Berlusconi e la Fininvest, e Gianfranco Tosi. Piero Gnudi, bolognese, classe 1938, laureato in Economia e Commercio, titolare di uno studio di commercialista a Bologna, si dice che sia stato nominato su richiesta di Pierferdinando Casini. Gnudi è attualmente presidente del Comitato dei Liquidatori dell’Iri dal giugno 2000. Nominato consigliere d’amministrazione nel cda dell’Iri nel luglio 1994 e confermato nel giugno 1997, con delega per le privatizzazioni. Nominato amministratore delegato nell’ottobre 1999 e poi presidente nel dicembre 1999. Tra gli attuali incarichi ha anche quello di presidente della Rai Holding, oltrechè vicepresidente di Rolo Banca, Membro del cda dell’Unicredit e de Il Sole24Ore. Ieri è stata anche la volta dell’Eni. Ma in questo caso il governo non è riuscito a fare breccia come nel caso dell’Enel. Alla poltrona di amministratore delegato è rimasto il potentissimo e intoccabile Vittorio Mincato. Da circa due anni gli uomini di Gianfranco Fini facevano la corte ai vertici dell’Eni per inserire un loro uomo, ma come è noto il gruppo petrolifero ha una struttura interna molto diversa dalle altre società e nessuno può sedersi alla poltrona numero uno senza il consenso dei gruppi dirigenti interni. Se al posto di Mincato fosse arrivato un uomo sgradito ai sindacati dirigenti interni sarebbe stato tritato in pochi mesi. Accanto a Mincato, comunque, in veste di presidente è arrivato un uomo di potere, un personaggio nella sua lunga carriera ne ha viste tante. Si chiama Roberto Poli, ha 64 anni e le stanze del capitalismo italiano le ha passate quasi tutte. E’ stato nei Cda o nei collegi sindacali di Iri, Enichem, Merloni, Comit, Cariplo, Rcs, Mondadori, Bracco, Aermacchi, Mittel. E’ stato anche presidente del gruppo Rizzoli-Corriere della Sera fino alla conclusione della procedura di Amministrazione controllata con l’intervento di nuovi azionisti. Ed è stato presidente di Publitalia, la concessionaria di pubblicità del gruppo Finvest, sostituendo Marcello Dell’Utri.
(fonte: il Manifesto, 14 maggio 2002)