[a cura di Luca De Marzi • 17.03.02] Il disegno di legge sull'immigrazione approvato dal Senato lo scorso 28 febbraio non ha mancato di suscitare i più differenti commenti. Tra questi, immediate sono state le reazioni e le proteste dell'associazionismo che opera nel settore, tra cui hanno avuto particolare risalto quelle della Caritas italiana ‑ secondo la quale il nostro Paese, privato dalla legge dei principi dell'accoglienza civile, ora diventa «L'azienda‑ltalia» ‑ e della Fondazione Migrates, il cui direttore, mons. Luigi Petris, ha alzato la voce per dire no agli immigrati usa e getta".

NUOVI SCHIAVI/3 – BENVENUTI NELL’AZIENDA ITALIA

A Gabriele Brunetti, presidente dell’associazione vicentina “L’isola che non c’è”, abbiamo chiesto di aiutarci a capire perché il disegno di legge sia stato definito un provvedimento “che non rispetta la dignità della persona, impedisce l’integrazione e non facilita un clima di serenità nell’opinione pubblica”, per usare ancora le parole di monsignor Luigi Petris. «Il disegno di legge ‑ spiega Brunetti ‑ prevede una serie di piccoli interventi che rendono difficile il progetto immigratorio permanente», che, cioè, compromettono il percorso di integrazione del migrante e della sua famiglia. «La filosofia di fondo è di ricondurre tutte le problematiche dell’immigrazione al lavoro, trasformando l’immigrato stesso in un ospite lavoratore». Per far questo, si prevede la soppressione dell’istituto dello sponsor, che attualmente consente l’incontro diretto tra domanda e offerta di manodopera, l’istituzione del contratto di soggiorno, in base al quale si entra e si rimane in Italia solo se si ha un lavoro, e la drastica riduzione a sei mesi del tempo concesso al disoccupato per trovare una nuova occupazione. «In questa logica vanno letti anche i provvedimenti riguardanti l’accesso agli alloggi popolari comunali, consentito nella misura massima del cinque per cento degli immigrati aventi diritto, e l’innalzamento a sei anni della permanenza regolare e continuata necessaria per l’ottenimento della carta di soggiorno». «Un’altra decisione preoccupante ‑ sottolinea il presidente dell’isola che non c’è” ‑ è la limitazione del diritto di difesa dell’immigrato di fronte all’espulsione; limitazione, in quanto la norma impone di eseguire il provvedimento senza entrare nel merito se esso sia giusto o no. Così facendo, si priva la persona del diritto fondamentale alla difesa. Ognuno di noi, invece, se accusato, vorrebbe e dovrebbe avere la possibilità di provare la propria innocenza …». Purtroppo le nuove norme, prevedendo la possibilità di presentare ricorso solo ad espulsione avvenuta, quindi dall’estero, non lo consentiranno. Gravissimo è poi il metodo con cui saranno esaminate le richieste di asilo, basando l’accoglimento o il diniego sull’ipotesi che l’interessato avanzi tale richiesta solo per sfuggire all’espulsione. E’ una valutazione fondata sul pregiudizio, commenta Gabriele Brunetti, in netto contrasto con i principi sanciti dalla Convenzione di Ginevra». Anche sulla regolarizzazione dei collaboratori familiari c’è qualcosa da sottolineare: «Seppure i sostenitori della nuova legge non ne condividano la definizione, il provvedimento è, di fatto, una sanatoria ‑ prosegue Brunetti. E questa sanatoria mette in luce due aspetti. Il primo è che permane una situazione di difficoltà nell’ingresso e nell’inserimento regolare degli immigrati nel mondo del lavoro; infatti, se si dichiara che c’è un numero consistente di clandestini che lavorano, significa che il nostro Paese ne ha bisogno e che le procedure di repressione e controllo non hanno funzionato… Seppure le ripercussioni più pesanti si avranno sulla pelle dell’immigrato che vuole vivere e lavorare tra noi in regola e che intraprende un cammino di integrazione, il presidente de” L’isola che non c’è” è preoccupato anche per i riflessi negativi che la nuova legge potrà avere sugli italiani. ” il messaggio che il legislatore lancia al cittadino è : io ti garantisco la sicurezza, ma a scapito dei diritti fondamentali dell’uomo, in questo caso dell’uomo immigrato”. A questo punto non possiamo fare a maeno di chiederci quale dignità di persone ci resterà se, per salvaguardare la nostra tranquillità, siamo disposti a calpestare la vita di tanti fratelli e sorelle venuti da lontano.


da ” La Voce dei Berici” del 10 marzo 2002