PERÚ. L’IMPEGNO DEL MLAL PER UN’ECONOMIA DI SOLIDARIETÁ

Dire Commercio Equo e Solidale, in Italia e in tutta Europa, richiama oggi anni di promozione, diffusione di forme alternative di economia che rispettino i diritti dei piccoli prodotturi spesso ubicati nelle zone più povere del mondo, di pubblicitá progresso sul tema, ma riporta alla mente anche negozi sempre più centrali, curati, etno-chic, sofisticati. Ma cosa questo significa poi nelle realtà quotidiane e locali dei piccoli produttori e degli artigiani dispersi nelle zone più remote del pianeta?

In Perù l’economia sta crescendo a ritmi sostenuti, o almeno così sembrano indicare le cifre e le percentuali. Anche se purtroppo, come in molte altre parti del mondo, questo significa in realtà che sempre più cresce il divario tra classe ricca e classe povera, alimentando le casse di grandi produttori, grandi industrie, spesso straniere, che hanno potenza e dimensioni tali per dominare il mercato e costringere così i piccoli produttori in una morsa, tra la scelta di abbandonare l’attività e quella di sottostare alle leggi, ai prezzi, alle minacce dei grandi.

In questo contesto si lavora per cercare una terza via, un’economia solidale che a partire dal nucleo di base della societá – ovvero la famiglia – alimenti le comunità e i villaggi, i più isolati i più emarginati dalle classiche vie commerciali in un’ottica di sostegno solidale di valorizzazione delle materie prime e della manodopera, di rispetto dei diritti, tanto del produttore quanto del consumatore.

Su questo sono impegnati i Gruppi di Iniziativa di Economia Solidale, i cosiddetti Gies, su tutto il territorio nazionale peruviano. Alcuni hanno alle spalle anni di esperienza, altri sono appena nati. Tutti seguono il medesimo processo. Si tratta di gruppi di piccoli produttori e di artigiani che si uniscono nella necessitá di creare un sistema economico che non solo permetta alle loro famiglie di vivere, ma permetta una vera crescita locale e comunitaria in una ottica di appoggio e inclusione di coloro che vivono una situazione di maggior difficoltá.

A 6 ore da Cusco, nella localitá di Livincaya, a 3900 metri di altezza, esiste una piccola associazione di donne tessitrici. Parlano solo quechua, hanno storie di abbandoni e suprusi familiari, spesso sono le uniche a provvedere una entrata economica per la famiglie. Vestiti tipici e pelle bruciata dal sole, arrivano alle riunioni alla spicciolata, qualcuna deve camminare circa due ore per arrivare al punto di incontro, e cammina tessendo, per non perdere tempo. La ultima ad arrivare è la persona che ha fissato ora e appuntamento per la nostra riunione: ha dovuto camminare circa tre ore per raggiungere l’unico posto dove si riceve il segnale telefonico, chiamarci per confermare l’incontro e poi ridiscendere a valle. Si associano per avere una speranza in più, per condividere le spese dei materiali e i guadagni derivanti dalle vendite dei chullos, berretti tipici peruviani, in lana di alpaca o di ovino.

Si insegnano a vicenda l’arte del tessere per raggiungere una buona qualitá del prodotto. Risparmiano come gruppo per appoggiare chi, a causa di una malattia o di un problema in famiglia, non riesce a lavorare al ritmo normale. Non chiedono né soldi né compratori intermediari. Vorrebbero una possibilitá per gestire autonomamente il proprio ruolo di artigiane imprenditrici, migliorando la qualitá del prodotto, le abilitá nel presentarlo, la capacitá di venderlo a un prezzo che valorizzi materiale e abilitá della manodopera.

Più a sud del paese e ad una altura ancora maggiore si trova il Gies di Melgar, tra i soci compare una associazione di fornitori di latte, 70 soci, una piccola stanza dove producono formaggi freschi e regole ben precise di organizzazione. L’associazione è aperta a tutti i comuneros, ovvero gli appartenenti alla comunitá di Macarí, ognuno fornisce le quote di latte che può a seconda dell’allevamento che possiede, si dividono i proventi, si condividono le decisioni, sono state approvate «norme di solidarietà» ben precise: appoggio comunitario in caso di malattia o degenza all’ospedale, ripartizione dei guadagni sottoforma di «regali» per gli associati, indipendentemente dal contributo latteo che possono offrire, contributo per le spese scolastiche dei figli degli associati.

A migliaia di chilometri più a nord, nella selva amazzonica, cambia totalmente il clima, caldo e umido, l’accento, i tratti fisiognomici. Non cambia la dimensione associativa e la speranza di una economia alternativa possibile. Rosa è rimasta «madre soltera», un modo diverso per dire che è stata abbandonata dal marito con tre figli piccoli e tutte le difficoltá logistiche, personali ed economiche che questa situazione comporta. Si è reinventata come apicultrice, imprenditrice di se stessa, artigiana. Ma soli non è possibile. E così si è unita al gruppo di artigiani di Tarapoto. Si sono organizzati dalla produzione alla vendita, arrivando ad avere, con molti sacrifici, il proprio negozio dove esporre i prodotti. «Ora l’importante – dice –  è poter permettere ad altre donne di trovare una via di uscita dalle situazioni difficili che vivono, far capire loro che è possibile, dar loro fiducia, autostima prima ancora che insegnarle tecnicamente come tessere, disegnare, coltivare, produrre. Insegnare ad altre quello che so non è far crescere la concorrenza ma aiutare tutta la comunità perché tutta la comunità ne possa trarre benefici».

Sempre sotto il sole, più secco e ventilato, vicino all’oceano, nella cittá di Chiclayo, si trova il gruppo GIES più antico, con il maggior numero di anni di esistenza e esperienza. Per loro l’economia solidaria non è un concetto astratto né tanto meno una moda passeggera. Vivono in una città grande, sulla panamericana, strada di unione, commercio, trasporti. Vivono un boom economico che sta portando grandi capitali nella zona. Lo vivono ai margini, vedendo la difficoltà dei loro associati a resistere alle grandi marche che possono permettersi promozioni senza lasciar spazio a nessun tipo di concorrenza leale.

Cercano forme alternative per i propri associati, fanno collette per permettere a una persona di seguire corsi di perfezionamento, perché poi la stessa persona possa replicarli gratuitamente e, soprattutto, credono nella diffusione dell’idea di una economia diversa, di una creazione di una cultura solidaria e comunitaria che sostituisca la cultura individualistica ed egoista. Prima di presentarsi come aritigiani, produttori, tessitrici, apicultrici, le persone di questo gruppo si presentano come promotori, di una idea, di un sistema, di una cultura che, credono e crediamo, possa portare uno sviluppo più giusto, più equo, più umano.

E cosí, dalle periferie più difficili della metropoli Lima, alla sierra centrale di Junin il progetto che stiamo portando avanti con i gruppi di economia solidaria cerca di dar loro quello che sentono mancante: corsi di formazione per microimprese, di gestione, di presentazione e vendita del prodotto, opportunitá di commercializzazione dei prodotti equi, tecniche di miglioramento della qualitá, possibilità di diffondere l’idea dell’economia solidaria per aumentare il numero di associati, la loro qualità di vita e di lavoro e soprattutto alimentare la sperazanza che tutto questo non sia solo una moda passeggera, ma una alternativa concreta di vita e di sviluppo.

Tanti saluti da… Chiara Bebber



INFO


É possibile sostenere il Progetto «Economia di Solidarietà in Perù» portato avanti dagli operatori dell’Organizzazione Non Governativa MLAL di Verona (Movimento Laici America Latina) con un versamento sul conto corrente bancario n.513270 di Banca Popolare Etica – ABI 5018 – CAB 12101. Maggiori informazioni sono reperibili nel sito www.mlal.org

CHI HA SCRITTO


Chiara Bebber
è nata nel 1978 a Verona, dov’é tutt’ora residente. Laureata in Scienze della Comunicazione presso l’Università di Padova, ha conseguito un Master presso l’Accademia del Commercio e Turismo di Trento. Dopo aver collaborato ad alcuni progetti internazionali con delle brevi missioni in Uzbekistan, Cuba e Repubblica Dominicana, è dal 2006 capoprogetto MLAL in Perù. Ha seguito per MLAL più di un progetto: «Vittime senza Voce» ad Ayacucho (vittime della violenza civile), «Vittima donna» (contro la violenza domestica sulle donne) ad Ayaviri, e ora è responsabile a Lima del progetto «Economia di solidarietà».