[di Cristiano Morsolin • 15.02.03] "Chi si riunisce a Porto Alegre non sta pensando alla lotta al capitalismo, ma sta lottando per la vita, perché il capitalismo è l'unica forma di vita che vuole essere imposta nel mondo da alcuni stati, dalle grandi corporation. Ma il capitalismo distrugge le comunità locali, provoca miseria...

PORTO ALEGRE: UN ALTRO MONDO E’ POSSIBILE

“Chi si riunisce a Porto Alegre non sta pensando alla lotta al capitalismo, ma sta lottando per la vita, perché il capitalismo è l’unica forma di vita che vuole essere imposta nel mondo da alcuni stati, dalle grandi corporation. Ma il capitalismo distrugge le comunità locali, provoca miseria. Così le persone che sono qui stanno lottando per la vita, anzi stanno pensando alla vita dopo il capitalismo”. Le parole di Noam Chomsky (ascoltate da ben 15.000 persone accalcate per l’ultimo seminario del FSM “come fermare l’impero” lunedì 27 gennaio) sintetizzano il significato della terza edizione del Forum Sociale Mondiale appena conclusasi a Porto Alegre (Brasile). I 100.000 partecipanti, rappresentanti di 126 nazioni del mondo, sparsi tra 1500 seminari, dibattiti, tavole rotonde (di cui hanno scritto ben 4.500 giornalisti accreditati, più di quelli che seguono un mondiale di calcio !) danno un’immagine di questa nuova Babele, simbolo di una carovana colorata di diversità planetarie, spazio nomade di una mappa che abbraccia tutto il mondo per far viaggiare il desiderio di ribellione, lo spirito di giustizia, la sete di costruire un mondo eco-sostenibile più fraterno, a misura dei Piccoli della Terra.
Candido Grzybowski (presidente dell’IBASE  www.ibase.org.br  Istituto Brasiliano di Analisi Sociale ed Economica, fondato da Betinho, profeta della lotta per la giustizia sociale), impronunziabile portavoce del Consiglio internazionale del Forum commenta: “il problema è inventare una nuova cultura politica che renda efficiente e funzionale tutta questa diversità. Il movimento è un’onda che continua a crescere fino a toccare paesi e strati sociali da troppo tempo lontanissimi da qualsiasi speranza di cambiamento: l’Africa e i paesi dell’Est europeo così come gli strati più disagiati del sottoproletariato urbano. E’ un’onda che sta arrivando a lambire anche l’agenda delle grandi istituzioni finanziarie, imponendosi come interlocutore pur senza esserlo direttamente, proprio in quanto entità collettiva, magmatica disorganizzata e fertile, che non può produrre dichiarazioni finali proprio perché il Forum non è un’istituzione ma uno spazio e un processo. Siamo un magma di differenze unificate da una Carta dei principi generali che vede al primo posto il valore della pace a qualsiasi costo. Quello che dobbiamo fare è tenere in moto il processo e mantenere attive le relazioni che, nel forum, vengono allacciate”.
Tanti militanti per la pace, tanti costruttori di pace sono presenti a Porto Alegre; c’è Alzenì Tomaz della Commissione Pastorale della Terra CPT (minacciata di morte per la sua difesa a fianco dei sem-terra); c’è Aurora Danoso di ACCION ECOLOGICA dell’Ecuador e di OILWATCH (rete internazionale che sviluppa strategie globali per le comunità colpite dallo sfruttamento petrolifero e che appoggia i processi di resistenza delle comunità che lavorano per la sostentabilità e i diritti collettivi) che a Porto Alegre ha partecipato ai seminari sul debito estero e sul debito ecologico, c’è Alejandro Cussianovich e Derlys Herrera del Movimento Latinoamericano Nats – MOLACNATs dei bambini e adolescenti organizzati qui a Porto Alegre per la prima volta in rappresentanza del Movimento Mondiale dei Nats, c’è Marli de Fatima Aguiar e i giovani brasiliani della JOC – Gioventù Operaia Cristiana che a Porto Alegre hanno organizzato il seminario “Fine della disoccupazione e diritto al lavoro dignitoso.
Al Forum Sociale Mondiale, terza edizione, ci sono anche vescovi come Mons. Ruiz del Chiapas, teologi della liberazione come Frei Betto, Leonardo Boff, Pablo Richard, espressione di quella Chiesa dei poveri che resiste alla normalizzazione vaticana ma continua a soffiare speranza e profezia per i popoli oppressi del mondo. Abbiamo scelto di intervistare Dom Demetrio Valentini, vescovo di Jales, accompagna la pastorale sociale della CNBB Conferenza Episcopale del Brasile e coordina la Campagna contro ALCA, il trattato di libero commercio delle Americhe che segnerebbe non l’integrazione ma l’annessione dell’America Latina da parte degli USA.
“Questo Forum è una delle sedi in cui si cercano vie alternative all’attuale sistema economico e sociale. Un sistema che aggrava il fossato tra ricchi e poveri. La Chiesa non può ignorare questi ricercatori, deve ascoltarli e dare il suo aiuto a trovare il senso e le motivazioni del cammino. Va anche detto che a Porto Alegre ci sono molti che vengono dalle Comunità Ecclesiali di base, dagli organismi della Pastorale Sociale, dalle Caritas. Ma al di là della presenza dei “nostri”, in Brasile apprezziamo sempre più la “parceria” che significa lavorare con chi, pur non condividendo esplicitamente la nostra fede, ha in comune con noi la preoccupazione sociale, l’impegno con i più poveri, il desiderio di costruire un mondo più giusto rispetto all’attuale, dominato dal modello unico del neoliberismo. (…) Ed è vero che l’utopia di un mondo diverso incomincia finalmente a concretizzarsi. Ad esempio, anche quest’anno partecipa al Forum Luiz Inacio Lula da Silva, ma adesso è il presidente del Brasile e un simbolo delle possibilità di cambiamento, anche se solo iniziale. (…) In questo Forum si è realizzato un lavoro comunitario mondiale di ri-elaborazione delle formule di relazione, di responsabilità e di convivenza tra popoli e paesi, tra nazioni e continenti, tra natura e tecnologia, tra religioni e culture, tra uomini e donne che si rendo conto sempre più dell’urgenza di ripensare il  nostro mondo, per sintonizzare i cammini della vita con le aspirazioni più profonde che manifestano lucidamente. L’umanità vuole vivere, vuole ricercare la pace, non vuole morte, né una guerra stupida che sacrifica la vita per garantire egemonie oppressive.
Il Forum sociale è nato come contrapposizione al Foro Economico di Davos (Svizzera). Ora le posizioni si invertono. E’ il Forum sociale che si trasforma in referente principale e più ampio. Ha aperto un panorama di proposte, indispensabile per contemplare la diversità delle dimensioni che hanno bisogno di entrare in un progetto di mondo per tutti. Il Forum Sociale ha inaugurato la cittadinanza universale, la cui coscienza deve essere coltivata, per tradursi in nuove strutture che la garantiscano per tutto il mondo, senza esclusi. Il viaggio del Presidente Lula a Davos, dopo aver entusiasmato Porto Alegre, si è trasformato nel simbolo di questa inversione di importanza: è andato in Svizzera per sollecitare la centralità del destino umano rispetto all’economia”.
In questo senso Candido Grzybowski, portavoce del Consiglio internazionale del Forum sottolinea nella conferenza stampa conclusiva: “La nostra maggior vittoria di quest’anno è che tutto il mondo ci ha ascoltati. Il Forum Sociale Mondiale FSM è un’eco delle proposte di tutta la società civile e per questo molte delle questioni discusse nella seconda edizione del 2002 fanno parte oggi del nuovo programma del governo Lula. Questo grande incontro di movimenti sociali, Organizzazioni non governative ONG e personalità progressiste di tutto il mondo in soli tre anni di esistenza ha cambiato l’agenda internazionale per indicare che le questioni sociali devono predominare rispetto a quelle economiche”.
La calorosissima accoglienza riservata al presidente Lula (simbolo di riscatto, dell’orgoglio ritrovato dell’America Latina insieme a Gutierrez in Ecuador, a Chavez in Venezuela, a Castro in Cuba) indica la direzione di un governo popolare per la nona potenza economica mondiale, frutto di tante lotte dei movimenti sociali, personificati anche dalla storia di Marina Silva, la voce dell’Amazzonia. Marina è l’erede di Chico Mendes, figlia di seringueiros (raccoglitori di caucciù), ex senatrice dell’Acre e neo ministra dell’ambiente del governo Lula. Racconta la sua militanza in difesa della foresta amazzonia, della Pachamama MADRE TERRA. Impara a leggere e scrivere solo a diciassette anni dopo un’infanzia durissima in Amazzonia dove la sua famiglia si era trasferita per sfuggire alle ricorrenti carestie dell’arido nordest. Ha lavorato fin da bambina per aiutare i sette fratelli, camminando 14 Km al giorno. A 14 anni muore la madre e diventa capo-famiglia. La sua vocazione di ambientalista, anzi de socio-ambientalista, che coniuga preoccupazioni sociali ed ecologiche, sorge da questa infanzia in mezzo alla foresta, in mezzo alle conoscenze tradizionali dei popoli della foresta e della lotta nella sua difesa.
“Era una vita durissima. Riuscivamo a sopportarla solo grazie alle tradizionali conoscenze indigene, che ti insegnano come sopravvivere e curarti utilizzando le risorse della foresta e grazie alla solidarietà della comunità che è, era fortissima”: in queste comunità attanagliate da conflitti tra latifondisti, compagnie multinazionali e seringueros, Marina viene designata come rappresentante e spedita a frequentare una scuola di formazione politica per attivisti sindacali, che le permetterà di incontrare Chico Mendez e Leonardo Boff. L’esponente della teologia della liberazione la definisce “figlia di uno spirito evangelico radicale e la degna rappresentante di un popolo come quello brasiliano nella sua umanità africana, indigena e femminile”.
Marina conclude la sua lunga testimonianza davanti a 5.000 ascoltatori: “Dobbiamo impegnarci tutti affinchè Il Brasile sia un esempio di soluzione pacifica dei conflitti sociali, etnici e ambientali, senza dimentare che l’Amazzonia è il polmone del mondo e la distruzione della sua foresta, così come la sopravvivenza dignitosa delle comunità che l’hanno conservata per migliaia di anni, sono questioni che riguardano il mondo intero”.
Alla fine non è stato redatto un documento finale (ma solo le risoluzioni del Consiglio internazionale qui allegate) del FSM ma MST del Brasile, la Marcia mondiale delle donne di Quebec, Attac-Francia e Focus on the Global South della Tailandia hanno lanciato un documento per costruire una rete mondiale dei movimenti sociali: “Una rete mondiale dei movimenti sociali aiuterebbe a sviluppare le condizioni affinchè i diversi movimenti sociali del mondo possano scambiarsi analisi, opinioni ed informazioni sulle congiunture presenti ed individuare priorità comuni e compiti necessari, prima e dopo gli incontri del SFM. Il dibattito, lo scambio e la coordinazione tra noi potrebbe quindi diventare un processo permanente. L’obiettivo è di andare oltre gli episodici incontri tra Movimenti di diversi paesi e continenti, per la costruzione di un più profondo dibattito politico, per stabilire strutture orizzontali che facilitino gli scambi di informazioni e agiscano sulla coordinazione di azioni comuni, così da estendere il contatto fra Movimenti di tutti i continenti. Questo processo richiede di stabilire almeno un minimo di coordinazione e di scambi d’informazione attraverso un sito internet, un’e-mail ed una segreteria.” Per adereire alla Rete Mondiale dei Movimenti sociali: www.redesocialmundial.org


(*) Cristiano Morsolin, giornalista militante, educatore di strada, operatore di rete internazionale, recentemente rientrato in Italia dopo un anno di condivisione con i ragazzi/e lavoratori organizzati nei Movimenti NATs dell’America Latina; dopo varie esperienze a Vicenza, a Palermo, a Roma, a Rio de Janeiro e a Salvador do Bahia (Brasile), a Ibarra e Quito (Ecuador), a Lima (Perù), attualmente lavora nell’ Ong ASPEm (Associazione Solidarietà Paesi Emergenti) a Cantù (CO), è socio dell’Associazione “Nats” con sede a Bologna; è tra i fondatori di SELVAS, Osservatorio Indipendente sulla regione andina. E-mail : [email protected]