[di Francesco Montemurro • 10.06.02] Servizi sociali: dopo «l'effetto elezioni» del 2000, diminuiscono nei bilanci gli interventi a sostegno delle fasce deboli. Regioni, meno risorse per l'assistenza...

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Le Regioni riducono la spesa sociale rispetto al 2000 (anno elettorale) e sono lente nell’applicare la riforma dell’assistenza varata ormai un anno e mezzo fa. Solo la metà dei governi regionali ha messo in cantiere i primi provvedimenti per assicurare l’integrazione tra interventi sociali e sanitari, per realizzare i «piani sociali di zona» e per consentire ai Comuni di predisporre sistemi integrati di servizi sociali. L’obiettivo prioritario della riforma – assicurare sul territorio nazionale prestazioni sociali uniformi – è, però, ancora lontano dall’essere raggiunto. Nei bilanci di previsione 2001, la spesa delle Regioni destinata all’assistenza sociale (interventi a sostegno delle fasce più deboli della popolazione, anziani, minori, tossicodipendenti, portatori di handicap, ecc.) è diminuita, rispetto all’anno precedente, da 2,3 a 2,2 miliardi di euro; guardando alla composizione strutturale del bilancio, la quota percentuale prevista per tali interventi è scesa, nello stesso periodo, dal 2 all’1,8 per cento. Il calo di risorse per il sociale si spiega probabilmente con l’«effetto elezioni», che ha gonfiato i bilanci di previsione 2000 della quasi totalità delle Regioni: in quell’anno, infatti, le spese messe in cantiere per l’assistenza sociale hanno registrato un consistente aumento rispetto al 1999 (addirittura + 566 milioni di euro, di cui circa la metà al Sud) e agli altri anni precedenti. I decrementi maggiori si sono registrati in Sardegna, dove la spesa sociale si è praticamente dimezzata (da 181,7 a 95 milioni di euro) e la quota percentuale delle risorse destinate all’assistenza ha subìto un taglio di ben 2 punti percentuali (dal 3,8 all’1,7%), e in Veneto, dove l’incidenza della spesa sociale sul totale delle risorse programmate è diminuita dal 3,2 all’1,5%, determinando, così, una drastica riduzione dei valori di spesa sociale pro-capite, da 65,69 a 30,29 euro. Nel 2001, a caratterizzare l’andamento regionale della spesa sociale sono i forti squilibri territoriali: ma stavolta a funzionare da spartiacque non è il solito divario Nord-Sud, quanto piuttosto le enormi differenze esistenti tra regioni a statuto ordinario e a statuto speciale. A guidare la classifica delle Regioni che spendono di più per l’assistenza è, infatti, la Valle d’Aosta, che nel 2001 ha destinato al sociale il 4,2% del bilancio (spese correnti e per investimenti), con una spesa pro-capite pari a 508,78 euro: un valore 20 volte più elevato di quello registrato nel vicino Piemonte e ben 32 volte superiore al parametro della Puglia, fanalino di coda con 15,49 euro di spesa pro-capite. A seguire, le Province di Trento (481,06 euro) e Bolzano (380,70) e il Friuli Venezia Giulia (141,22); il Molise è la regione ordinaria che spende di più per il sociale, con 50,01 euro pro-capite sempre nel 2001. L’enorme divario tra i due sistemi regionali è la conseguenza di un sistema istituzionale ormai anacronistico, che ha attribuito maggiori competenze e sommerso di trasferimenti statali le cinque regioni «speciali», e che ancora tarda ad andare in soffitta, soprattutto per quanto riguarda le assegnazioni di finanziamenti. Tra le Regioni ordinarie, sono soprattutto i governi del Sud (oltre al Molise, la Basilicata, la Calabria e la Campania) a destinare quote di risorse maggiori all’assistenza sociale. Non sempre, però, a elevati valori di spesa (rilevati nei bilanci preventivi) corrispondono programmi sociali di qualità. Intanto, sul fronte dell’adeguamento normativo agli indirizzi della legge quadro, la Campania è stata la prima Regione ad approvare, nel maggio 2001, le linee programmatiche per l’integrazione degli interventi e dei servizi sociali. In Liguria, il piano sociale triennale prevede il riequilibrio dei servizi sociali tra le zone, l’introduzione di forme associative intercomunali e il potenziamento dell’osservatorio sociale anche per valutare la spesa dei Comuni e l’utilizzo dei finanziamenti regionali. In Lombardia, in attuazione del Piano socio-sanitario, il 70% dei fondi devoluti ai Comuni è destinato ai buoni sociali (vaucher), il rimanente 30% allo sviluppo dei servizi sociali. In Toscana, sono stati stanziati oltre 80 milioni di euro a sostegno delle politiche rivolte a tutte le categorie del disagio sociale, di cui 70 indirizzati direttamente ai Comuni. Abruzzo, Umbria e Basilicata avevano già approvato, negli scorsi anni, piani sociali orientati ad anticipare i contenuti della riforma dell’assistenza, con particolare riguardo alla realizzazione dei piani di zona.