[di Anna Maria Marlo • 26.11.01] La guerra degli Usa contro l'Afghanistan non è un'azione assurda, di cui si ha difficoltà a capire le ragioni, ma ha un senso ben preciso e questo senso è economico, legato in particolare agli interessi petroliferi del gruppo che, attorno a George W. Bush, oggi governa gli Stati uniti.

TERRORISMO PETROLIFERO. IL NODO DELLA GUERRA NON E’ BIN LADEN MA I SAUDITI

Informazioni in questo senso sono state pubblicate da tempo. Oggi, esce in Francia un libro – La vérité interdite (ed. Denoël) – scritto da due investigatori che lavorano con i servizi segreti francesi, Jean Charles Brisard e Guillaume Dasquié, che ricostruisce il puzzle, a partire da fonti privilegiate, prima tra tutte la testimonianza di John O’Neill, numero due dell’Fbi fino al luglio 2001, quando diede le dimissioni denunciando i bastoni tra le ruote che venivano messi alle indagini sul terrorismo proprio da parte delle autorità politiche statunitensi (O’Neill è deceduto nell’attacco alle Twin Towers).
Jean Charles Brisard, ex responsabile dell’antispionaggio economico nel gigante Vivendi, che ha indagato a lungo sul finanziamento della rete al Qaeda, è anche l’autore di un Rapporto sull’ambiente economico di Osama bin Laden, che il presidente Jacques Chirac ha offerto a Bush nel suo recente viaggio-lampo a Washington.Nel vostro libro date una ragione economica, legata al petrolio, per la guerra in corso. Affermate che ci sono state trattative tra gli Usa e il regime dei talibani. Quindi Bin Laden non è un pazzo, ma espressione di una volontà politica ben precisa cresciuta all’ombra di rapporti contro-natura, nati con l’obiettivo di assicurare alle compagnie pertrolifere Usa il controllo dell’Asia centrale, in particolare a partire dall’oleodotto dell’Unocal? La nostra idea, effettivamente, è di cominciare a capire l’ingranaggio che ha portato alla situazione attuale, all’attentato dell’11 settembre. Diciamo che da parte degli Usa c’è stata un’incomprensione del fenomeno talibano, poiché è da tempo che gli Stati uniti trattano con questo regime. Ai tempi di Bill Clinton, i negoziati erano avvenuti senza reali contro-partite: il presidente democratico aveva chiesto ai talibani di consegnare Bin Laden. Ma sotto Bush la situazione cambia. Si verifica un’accelerazione del processo, a causa di considerazioni di ordine economico, legate al petrolio. La situazione cambia: gli americani propongono un tappeto d’oro e minacciano un tappeto di bombe nel caso l’accordo sia impossibile. E’ come se gli Usa non avessero capito che il regime dei talibani non poteva consegnare Bin Laden, perché è lui che li finanza e li sostiene. Bin Laden non è un pazzo, ma il prodotto dell’Arabia saudita che sostiene il radicalismo islamico. L’Arabia saudita ha sostenuto Bin Laden per ragioni politiche, per mantenere il proprio regime al potere appoggiandosi sul radicalismo islamico. Il nocciolo del problema sta quindi in Arabia saudita, paese alleato degli Usa? Certo. Ma il petrolio è un fattore strategico e per questo motivo gli Stati uniti permettono all’Arabia saudita di perseguire questo tipo di politica. O’Neill l’ha spiegato bene: le inchieste dell’Fbi non riescono ad andare avanti, perché appena si sfiora l’Arabia saudita tutto si insabbia”. O’Neill era credibile? Assolutamente. Era un grande personaggio, il numero due dell’Fbi. La guerra troverebbe quindi una ragione nel fatto che gli Usa si sono resi conto che con i talebani non è possibile fare affari? Nel libro provate che la ricerca di una soluzione alternativa ai talebani è iniziata ben prima dell’attacco dell’11 settembre e che c’erano già contatti con l’ex re e i rappresentanti delle altre forze in campo nel paese.  Alla fine di agosto, i talebani sono messi con le spalle al muro. Non hanno alternativa: viene ingiunto loro di consegnare Bin Laden e di aprire il regime alle altre componenti. Nei negoziati, che dovevano restare nel campo diplomatico, da quando George Bush è al potere prendono il sopravvento le questioni economiche. Alla luce di queste informazioni, vede una possibile via d’uscita e, se c’è, quale? Prima o poi, l’occidente dovrà aprire gli occhi sul sostegno che l’alleata Arabia saudita dà al radicalismo islamico. Prima o poi, cioè, bisognerà smettere di far finta di niente sulla vera natura del regime saudita, che da cinquant’anni viene sostenuto dall’occidente per ragioni puramente economiche. <?xml:namespace prefix = o ns = “urn:schemas-microsoft-com:office:office” />