U.S. AFRICA COMMAND (AFRICOM): UN COMANDO DEL PENTAGONO, RIFIUTATO DALL’AFRICA, ACCOLTO TRA SIGONELLA, EDERLE E DAL MOLIN


Studiosi africanisti, di diverse aree disciplinari e membri della società civile desiderano portare all’attenzione nazionale come sia passata inosservata la decisione, esternata poco prima di Natale dal Ministro degli esteri Frattini, di offrire ospitalità ad AFRICOM sul nostro territorio, e precisamente a Napoli e Vicenza (basi operative Ederle, Dal Molin e Sigonella), senza alcuna discussione in Parlamento o, quantomeno, senza alcun coinvolgimento apparente delle amministrazioni locali coinvolte.

Un dibattito aperto su una questione così delicata avrebbe probabilmente permesso di far riflettere questo Governo circa le reali implicazioni non solo interne, ma anche internazionali di una tale decisione e non solo alla luce di un prevedibile passaggio di consegne dall’Amministrazione Bush a quella di Obama, ma nel rispetto dell’autodeterminazione dei popoli e degli Stati. Pochi sanno di cosa si tratti e ci sembra quindi opportuno offrire degli elementi che consentano di farsi un quadro più preciso della situazione.

Nel suo annuncio pre-natalizio, il Ministro Frattini aveva comunicato la summenzionata decisione definendo AFRICOM una delle «strutture di comando che operano nel quadro NATO», mentre si tratta di uno dei sei comandi unificati del Pentagono e, più precisamente del «Supremo comando Americano per le truppe di terra e di mare per l’Africa». AFRICOM è stato creato nel febbraio 2007 dal presidente Bush, non reputando più sufficienti i sistemi di controllo dei tre comandi americani regionali, che si sono alternati nel controllo dell’Africa: Useucom (Europa), Uscentcom (Medio Oriente) e Uspacom (Pacifico).

È vero che inizialmente sono stati gli stati africani stessi a sollecitare un punto di riferimento univoco, condannando un’apparente marginalità di interesse da parte statunitense, ma poi le caratteristiche del nuovo organismo che prendeva forma assumevano un deciso orientamento verso un controllo militare diretto dei territori dall’interno del continente: si è prodotta, di conseguenza, una forte attività diplomatica interafricana volta ad allontanare il Comando. Gli obiettivi e gli interessi di un tale organismo, dietro al pretesto di combattere i terroristi islamici tra Sahel e Corno d’Africa – peraltro già obiettivo del programma di assistenza militare transfrontaliera «Initiative Pan-Sahel» – sono la ricognizione di nuove fonti energetiche (obiettivo USA, va ricordato, è quello di aumentare entro il 2015 le importazioni di greggio africano dal 15% al 25%), la protezione degli interessi americani in Africa subsahariana e il contrasto dell’offensiva commerciale cinese, indiana e brasiliana nel continente, dopo che si sono affievoliti i termini della competizione commerciale franco-americana.



AFRICOM è stato così ospitato dall’ottobre scorso presso la base di Kelley Barracks, a sud di Stoccarda (Germania) dove ha ancora sede, dopo che il generale afro-americano William «Kip» Ward (al suo comando dal 10 luglio 2007) ha tentato invano di trovare una base per AFRICOM in Africa: specie su pressione di Mbeki, presidente sudafricano, oltre al Sudafrica, Nigeria, Libia, Kenya, Ghana, Senegal e altri Stati ancora si sono opposti a quest’ingombrante presenza nel continente. Addirittura la Liberia – tradizionale alleata degli USA – ha trovato inopportuno accogliere il Comando sul proprio territorio e non è stato considerato fattibile l’ulteriore potenziamento della base navale americana Camp Lemonier a Djibuti, che è andata rafforzandosi dal 2002 fino ad ospitare oggi non meno di 1500 unità militari.

Rivolgendo la propria attenzione all’area mediterranea, il generale «Kip» ha subìto il rifiuto di Algeria, Marocco e della Spagna di Zapatero, allorché ha proposto di insediare AFRICOM a Rota (Cadice): Zapatero sapeva bene che di fronte all’opinione pubblica – particolarmente sensibile dopo gli indegni incidenti di Ceuta e Melilla, in cui forze ispano-marocchine hanno ucciso 11 migranti in due settimane, tra settembre e ottobre 2005, mentre tentavano di superare la barriera per entrare in Spagna – mai avrebbe potuto sostenere una simile impresa contro la volontà africana, ma, quando poi si è rivolto all’Italia ha trovato braccia aperte.

Il Ministro Frattini sembra dar credito alla funzione ufficiale del Comando, atta a «coordinare quel genere di sostegno che permetterebbe ai governi africani e alle attuali organizzazioni regionali di avere una maggiore capacità per fornire sicurezza e rispondere nei momenti di necessità»: funzioni, peraltro, già attive presso l’Unione Africana e i singoli organismi regionali in Africa. La funzione degli organismi regionali era un tema cui sembrava essere particolarmente sensibile quando – via l’Ambasciatore Spatafora -, nel suo precedente mandato, aveva addirittura caldeggiato una drastica conversione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU affidandosi agli organismi regionali quali membri permanenti del CS ma anche in grado di far fronte alle proprie emergenze attraverso i propri stessi strumenti. Proposta purtroppo non accolta, anche a causa di una evidente immaturità dell’Unione Europea.

Nel suo annuncio Frattini dichiarava che le sedi italiane d’AFRICOM non ospiteranno truppe da combattimento, ma solo componenti civili: è importante richiamare con forza l’attenzione sul fatto che ci si appresta ad ospitare sul nostro territorio il comando unificato militare statunitense che, oltre alla protezione degli interessi economici americani nel continente africano, ha come scopo la lotta al terrorismo e l’addestramento dei militari africani e che, per far ciò, si è dotato di MAFORAF (Marines per l’Africa) e AFAFRICA (XVII Stormo dell’aeronautica militare USA) in seno al Comando stesso!

Proprio quest’ultimo dovrebbe operare da Ederle, Dal Molin e Sigonella (cui già fa capo la centrale d’intelligence – con osservatorio di telecomunicazioni e aerei P-3C Orion – per le operazioni anti-terrorismo in un’area compresa tra Golfo di Guinea e Corno d’Africa) e dove, a quanto pare, 750 militari e relativi armamenti sarebbero già pronti a insediarsi.

Prendendo una tale decisione, senza informarne adeguatamente Parlamento e cittadinanza, ma – a quanto dichiarato – confrontandosi con Stati africani che, certo, sono stati ben lieti di scaricare questo annoso problema sul nostro territorio, il nostro Governo non solo acconsente, ma favorisce e contribuisce attivamente all’ennesima operazione coloniale che mira al controllo delle aree strategiche dell’Africa e che – soprattutto – l’Africa non vuole.

Sostenendo la campagna portata avanti da padre Alex Zanotelli, per sensibilizzare la cittadinanza circa lo scavalcamento delle nostre Istituzioni nazionali e locali, attuato con una tale decisione arbitraria, riteniamo che si debbano prendere in seria considerazione le gravi implicazioni di politica estera che deriveranno da questo accordo.

É possibile sottoscrivere la «Lettera», inviando il proprio nome, cognome, istituto/organizzazione d’appartenenza, a: [email protected]

Sito di riferimento: http://conoscereperdecidere.weebly.com