È NATA [FAIR] PER UNA COMUNICAZIONE SOLIDALE

Un’economia diversa, ma anche «uno stile di vita, un movimento d’opinione, una ricerca di sobrietà e bellezza, un progetto di comunicazione e di produzione, culturale e materiale»: questi sono gli obiettivi e lo stile con cui si propone di lavorare [fair], neonata impresa di comunicazione, presentata a Roma sabato 3 ottobre, nel corso del «Forum Sbilanciamoci!».

[fair] è una rete di professionisti provenienti dal mondo del Commercio Equo e Solidale, della Finanza Etica, della Cooperazione Internazionale, dell’Università. Esperti che hanno deciso di dedicare le proprie competenze alle realtà del non-profit, della cooperazione, del commercio equo, del terzo settore, per offrire «un sostegno alla crescita e allo sviluppo di un commercio e di un’economia a misura di uomo e di pianeta».

Secondo [fair] le varie realtà del terzo settore hanno bisogno di collaborare per riuscire ad ottenere successi rilevanti. La creazione di reti per lo scambio di informazioni è alla base di una società civile attenta e responsabile, come afferma  Monica Di Sisto, vicepresidente di [fair]: «Le esperienze della società civile che ha saputo mettersi in rete sono state il background che ha unito tutti coloro che hanno deciso di impegnarsi in Fair»; realtà che si propone quindi come «uno spazio politico, ma anche d’impresa, nel quale far convergere competenze diverse: comunicazione, analisi, ricerca, formazione, cooperazione; tutto compreso nella comune cornice delle economie solidali».

Essere preparati però non basta: la società civile deve essere capace di comunicare ai cittadini, vero motore del cambiamento sociale. [fair] si propone allora di fornire consulenza per la progettazione di campagne di sensibilizzazione per il non profit, per le istituzioni ed anche per le imprese. Sbilanciamoci! e Sdebitarsi sono solo alcuni tra gli esempi di campagne nate dalle collaborazioni con media alternativi (Carta; Indymedia, Metamorfosi, Peacelink , Unimondo); Organizzazioni Non Governative (Crocevia, Mani Tese);  Organizzazioni Internazionali e non (Legambiente, Rete Lilliput, Tradewatch,  Amnesty International, Attac , Greenpeace International, Human Rights Watch);  realtà del Commercio equo e solidale (Associazione Botteghe del Mondo, Equomercato, Ifat, Libero Mondo e Roba).

«Non è necessario mostrarsi per attivare una relazione di comunicazione: non fare comunicazione, nascondersi o presentarsi nel modo sbagliato parlano di noi e del nostro impegno». Il sito internet di [fair] è chiaro: imparare a comunicare è fondamentale. Il terzo settore deve quindi imparare a curare la sua immagine, perché «non basta non comunicare per evitare di dover: formulare strategie di comunicazione; definire gli obiettivi concreti che la comunicazione deve raggiungere; programmare e realizzare iniziative di comunicazione, eventi, uffici stampa…».

Ma è possibile oggi una comunicazione che non si basi solo sulla forma, e che riesca a trasmettere dei contenuti, mettendosi quindi in controtendenza? Secondo Monica Di Sisto sì, perché «la comunicazione non è solamente una componente strategica nel marketing, ma un fattore fondamentale nel cambiamento che cerchiamo di costruire nella società». [fair] organizza quindi corsi di formazione e seminari di approfondimento che si occupano di comunicazione, marketing sociale, software libero, gestione economica. Il terzo settore manca anche, secondo [fair], della capacità di progettazione, fondamentale nella resa effettiva dei progetti. L’agenzia struttura quindi studi di fattibilità per piani di lavoro (come per esempio www.faircoop.it/RobaCotone.htm), proponendosi di partire dalle esigenze del territorio.

[fair] è un’iniziativa che parte dal basso: il terzo settore avverte una propria mancanza di competenza e si attiva per darsi una risposta concreta. Come dire che la società civile non deve cercare lontano per trovare gli strumenti per il cambiamento, deve solo sviluppare un senso di solidarietà e la capacità di fare rete.

Sara Milanese