[Ettore Masina • 25.03.04] Lo sceicco Ahmad Yassin non era certamente un tipo innocuo; ma era pur sempre un vecchio cieco, in carrozzella. Come hanno fatto in decine di casi, prelevando i loro nemici quando e dovunque volessero, i corpi speciali israeliani avrebbero potuto rapirlo e deportarlo in qualche loro carcere di massima sicurezza, processarlo. e condannarlo. Hanno preferito assassinarlo senza processo...

ETTORE MASINA: «SHARON CONTRO IL SUO POPOLO»

Lo sceicco Ahmad Yassin non era certamente un tipo innocuo; ma era pur sempre un vecchio cieco, in carrozzella. Come hanno fatto in decine di casi, prelevando i loro nemici quando e dovunque volessero, i corpi speciali israeliani avrebbero potuto rapirlo e deportarlo in qualche loro carcere di massima sicurezza, processarlo e condannarlo.

Hanno preferito assassinarlo senza processo. Lo hanno fatto a pezzi con un missile all’uscita da una moschea di Gaza, uccidendo altre sette persone e ferendone decine. Sono ormai centinaia e centinaia i palestinesi uccisi, mutilati o feriti dalle “esecuzioni a distanza” decise dal governo israeliano: uomini, donne e bambini che avevano il solo torto di trovarsi nel momento sbagliato nell’area delle esplosioni di un terrorismo ad alta tecnologia. Ma sono soprattutto la pace e la sicurezza di Israele che finora sono state fatte a pezzi con le “eliminazioni”; e, adesso più che mai, con l’assassinio del vecchio sceicco: è evidente, infatti, che l’uccisione del leader carismstico di Hamas stimolerà ondate di terrorismo che consentiranno a Sharon di proseguire la sua politica di annientamento dei palestinesi ma produrranno anche decine di morti israeliani.

Mentre Bush tace, prigioniero della campagna elettorale e di una lobby ebraica il cui fanatismo per Israele gronda ormai sangue, gli altri governi di tutto il mondo gridano il loro orrore o sussurrano la loro disapprovazione. Cestinate da Israele “nelle spazzatura della storia”, come ha detto un suo rappresentante,  decine e decine di ingiunzioni dell’ONU, grida e sussurri sono state sinora, in più di mezzo secolo, tutto ciò che e democrazie hanno fatto in difesa di un popolo spinto a credere progressivamente nella ferocia del terrorismo come unica difesa della propria dignità. E’ una storia che il mondo ha già conosciuto: penso all’umiliazione inflitta al popolo tedesco, una condizione che generò Hitler e il nazismo. Ma l’umiliazione del popolo palestinese dura da più di mezzo secolo,  ed è la condizione di un popolo la cui povertà è ormai tragica.

La furia omicida di Sharon si riversa anche su Israele: la violenza con la quale si nega il diritto di un altro popolo a vivere in pace corrode l’etica di uno Stato, vanifica la cultura della dignità umana, deforma i sentimenti, lasciandoli dominare dalla paura. L’ipocrisia con la quale si grida contro il terrorismo e nello stesso tempo lo si coltiva (Hamas, dieci anni fa era notoriamente  strumentalizzato dal Mossad) e si impedisce all’autorità palestinese di fronteggiarlo, distruggendo tutte le sue infrastrutture (caserme, armamenti carceri, linee di comunicazione), fa risorgere in molte zone del mondo la bestialità antiebraica, offrendole appigli pericolosi.

Mi sembra che abbia ragione un mio amico napoletano  il quale recupera l’icastica volgarità del popolino della sua città, dicendo che la politica di Israele e dei suoi protettori è riassumibile nell’espressione “Fotti e chiagni, chiagni e fotti”, che si può tradurre in  italiano: “Fa’ quel che ti pare e poi piangi, piangi e poi fa’ quel che ti pare”. “Adesso Israele vive in trincea” commentava commosso, subito dopo l’assassinio dello sceicco Yassin, il corrispondente delTG1 da Geusalemme. Si guardava bene dallo spiegare chi ha trascinato Israele nel fango e nel freddo di certe trincee.

Ma la violenza di Sharon e del suo staff tocca “dentro” anche noi, sfiorandoci con un progressivo imbarbarimento. Mi pongo una terribile domanda e la pongo a tutti gli amici della Palestina, della pace, della giustizia e della libertà: stiamo facendo abbastanza per non essere complici involontari di questo genocidio strisciante? Il nostro odio per il terrorismo si unisce davvero alla consapevolezza dell’indispensabilità dell’aiuto da dare ai palestinesi? Difficilissimo farlo: ma dobbiamo riprendere testardamente la pressione sui nostri politici (quelli al governo appiattiti sull'”amicizia per Israele”, quelli all’opposizione resi flebili dalla possibilità di essere accusati di antisemitismo), dobbiamo rendere più creativi e significativi gli strumenti della solidarietà, i collegamenti con i pacifisti israeliani, i voti elettorali che già da tutte le parti ci vengono sollecitati.
No, non stiamo facendo abbastanza; e perciò siamo, tutti insieme, sull’orlo di un abisso della civiltà.

Quando Bonhoffer scriveva che “Non si può cantare il gregoriano se non si grida per gli ebrei” ci affidava una lezione che vale per i nostri rapporti con tutti i popoli martiri.
 
Ettore Masina