[Ettore Masina • 25.03.04] La nostalgia per il Bel Tempo Andato è un vizio patetico di noi vecchi. Ciò che ricordiamo, in realtà, non è la clemenza delle situazioni da affrontare ma la nostra giovinezza e maturità, la capacità che allora avevamo di muoverci senza impacci e di resistere a fatiche e delusioni di ogni tipo...

ETTORE MASINA: «UNA TELEVISIONE BERLUSCONIANA»

La nostalgia per il Bel Tempo Andato è un vizio patetico di noi vecchi. Ciò che ricordiamo, in realtà, non è la clemenza delle situazioni da affrontare ma la nostra giovinezza e maturità, la capacità che allora avevamo di muoverci senza impacci e di resistere a fatiche e delusioni di ogni tipo. Cercando di evitare quel patetico cedimento ai rimpianti, la metterò così: nella RAI della prima metà degli anni ’70 i dirigenti democristiani mi spezzarono la carriera in un eccesso di servilismo nei confronti del  Vaticano; agli inizi degli anni ’80 i dirigenti socialisti, per vendetta contro la mia obiezione di coscienza ai loro maneggi,. mi costrinsero all’esodo dall’azienda.

Detto ciò, con memore animosità, voglio dichiararlo: essi erano, da tutti i punti di vista, migliori dei dirigenti di oggi, avevano almeno competenze professionali e la voglia di fare bene. Che quel “bene” fosse relativo e spesso condizionato da interessi di partito, c’era tuttavia almeno  il tentativo di salvare la faccia con una produzione formalmente di qualità  Oggi la RAI somiglia a una di quelle affittacamere perennemente spettinate e in vestaglia, un po’ equivoche, informatrici della polizia, descritte da Carlo Emilio Gadda. Lo scadimento etico si accompagna allo scadimento professionale. Ricordo l’attenzione con la quale noi giornalisti  aggiornavamo i servizi dei telegiornali, cercando per le nuove edizioni nuove notizie e nuove immagini; adesso lo stesso “pezzo” scivola di telegiornale in telegiornale, magari sino al giorno dopo. Il settore dell’intrattenimento ha preso il peggio di Mediaset.

Se Bernabei proibì a lungo le gambe delle ballerine come pericolo per la moralità pubblica; adesso il Bel-Tocco-di-Femmina, è considerato ingrediente indispensabile a qualunque trasmissione e si agita ballettando (spesso goffamente) non solo nei programmi di spettacolo ma anche in quelli di quiz. Nel programma per famiglie “Affari tuoi” Bonolis celebra ogni sera da mesi le virtù taumaturgiche delle sue chiappe. Dilagano le rubriche di gastronomia e le trasmissioni sulle cucine regionali; viene in mente Kierkegaard: “Ormai la nave è in mano al cuoco di bordo e ciò che egli trasmette dal megafono del comandante non è più la rotta da seguire ma la lista di ciò che mangeremo domani”.

Naturalmente non è questo il peggio: il peggio sono i talk-show con il pontificato senza fine di Vespa lo Scivoloso o con Socci lo Spiritato. Peggio ancora è il trattamento che riceve la politica nei telegiornali. Confinata in terz’ordine, dopo cronaca nera e maltempo, ridotta ad avvilenti “panini”: governo-opposizione-maggioranza, o viceversa. La faziosità di alcuni corrispondenti è indecente: qualunque quotidiano israeliano è ben più problematico dell’ispido corrispondente dei Tg da Gerusalemme.

Ultima novità. Ci avevano promesso di sostituire “il Fatto” di Enzo Biagi con una rubrica similare, di approfondimento, garantendo che avrebbero trovato, per farlo, un giornalista di tutto rispetto. Ci esibiscono adesso Pier Luigi Battista, dal volto di mite tricheco. Sta in uno studio dominato da una specie di Specchio-delle-mie-brame in cui compaiono – rigorosamente in collegamento (chissà perché) – i suoi interlocutori, talvolta con effetti scenici (vedi la comparsa di Vittorio Feltri) del tutto raccapriccianti. “Batti e Ribatti” è il titolo della rubrica, appropriatissimo non solo perché Battista si chiama effettivamente BATTIsta (capita la finezza?) ma perché egli batte e ribatte, per lo più, su ciò che abbiamo appena ascoltato dal TG1.

Biagi poneva agli uomini del Potere domande imbarazzanti, che consentivano di approfondire i come e i perché; le domande che il giornalista di “Batti e Ribatti” rivolge ai suoi ospiti sono tanto vivaci da costringere a ricordare – nomen omen – che Battista era il nome del Maggiordomo per antonomasia nelle barzellette di quando io ero un ragazzo.