LIBRI. «LA VERONA DEL DIALOGO. LUIGI ADAMI RACCONTA» DI PAOLO BERTEZZOLO

[Gabriele Colleoni • 09.12.08]  C’è una Verona che vive un po’ discosta dai riflettori dei media – e talvolta, anzi, «oscurata» – rispetto a quella che da un po’ di anni a questa parte tende a «far notizia». Eppure, non per questo, ha rinunciato a pensare, a interrogarsi, a credere (in Dio e nell’uomo), a dire e a dialogare, e anche ad agire lasciando tracce di sé tra le variegate pieghe del territorio e della cittadinanza. Una Verona che insomma non rinuncia a «esserci».

Paolo Bertezzolo

LA VERONA DEL DIALOGO

Luigi Adami racconta

Anno 2008 – pagg. 230 – € 15.00

ISBN 978-88-6089-031-3

Casa Editrice «Il Margine»

www.il-margine.it – [email protected]

C’è una Verona che vive un po’ discosta dai riflettori dei media – e talvolta, anzi, «oscurata» – rispetto a quella che da un po’ di anni a questa parte tende a «far notizia». Eppure, non per questo, ha rinunciato a pensare, a interrogarsi, a credere (in Dio e nell’uomo), a dire e a dialogare, e anche ad agire lasciando tracce di sé tra le variegate pieghe del territorio e della cittadinanza. Una Verona che insomma non rinuncia a «esserci». E ora anche a offrire – attraverso la narrazione dell’esperienza di uno dei suoi protagonisti – una «rappresentazione» di sé, quale contributo a una riflessione comune su questa città e sulla sua gente, poste di fronte, come tutti, a mutamenti importanti nel loro paesaggio umano, culturale, religioso, sociale e politico.

Paolo bertezzoloEcco, è forse questo il senso autentico de «La Verona del dialogo. Luigi Adami racconta», il libro che Paolo Bertezzolo (nella foto) ha curato prendendo come filo conduttore l’esperienza pastorale e spirituale, civile e umana di monsignor Adami, da 35 anni parroco a San Zeno di Colognola ai Colli ma da sempre prete «planetario» per l’apertura di orizzonti che insieme ai parrocchiani e agli amici è andato cercando e definendo. Una storia raccolta dalla voce del protagonista in un colloquio-dialogo che nelle forme e nei toni si identifica con il titolo del libro, appena uscito per i tipi della casa editrice «Il margine» di Trento.

Un’idea, quella di ricostruire l’ordito e la trama della «Verona che dialoga», in gestazione già da tempo ma che ha subito una drammatica accelerazione dopo l’uccisione lo scorso maggio di Nicola Tommasoli in pieno centro città. Una tragedia che ha riportato Verona sotto i riflettori della ribalta nazionale, come negli ultimi tre decenni è spesso avvenuto con inquietante cadenza periodica.

Professore di filosofia e preside di liceo, ex presidente provinciale Acli, tra i fondatori di «Beati i costruttori di pace» e una breve esperienza come deputato della Rete, l’autore del libro da tre decenni ha incrociato, come compagno di strada, il percorso di don Adami, e in qualche modo ne accompagna il racconto come «testimone informato dei fatti» narrati. Un incrocio avvenuto nel Gruppo per il pluralismo e il dialogo, l’esperienza nata a Villafranca nel lontano 1975 in un ambito ecclesiale conciliare, a opera di un gruppo di amici, tra cui don Adami (a destra, nella foto qui sotto), ma presto allargatasi a tutta la provincia.

Il gruppo dal novembre di 33 anni fa si dà appuntamento quattro volte l’anno – oggi gli incontri sono a quota 126 – per una riflessione libera, ma informata e dialogica, appunto, su temi di volta in volta ecclesiali, spirituali, civili, politici, culturali. Ma la cosa più importante, fotografata con nitidezza dal libro, è che questo gruppo dai confini volutamente «meticci»capace di accogliere al tempo stesso credenti, laici, dubbiosi e atei, purché desiderosi di confronto e dialogo – ha segnato la vita e la ricerca di moltissimi veronesi. Incrociando anche quelle di amici come il monaco-poeta padre Davide Maria Turoldo, come padre Ernesto Balducci, come monsignor Giancarlo Bregantini, come gli ortodossi russi o come le comunità guatemalteche di Rigobertà Menchù e del prete maya, Clemente Peneleu, e ancora i giovani della Locride ribellatisi allo strapotere della ‘ndrangheta. Nel tempo si è così costruita una rete di relazioni e amicizie alla luce del sole, solida e tenace. Una rete che ha attraversato i tempi cercando di coglierne i «segni», aiutandosi reciprocamente nel «discernimento» – per usare il linguaggio conciliare di un «giovane» prete come don Adami, ordinato mezzo secolo fa, pochi mesi prima che fosse eletto Giovanni XXIII.

Cercare di capire quanto avviene intorno a noi, qui ma anche nel mondo. Interrogare la propria fede e coscienza per decidere che fare. Accettare la fatica di pensare senza lasciarsi travolgere dall’imperativo del fare. E tutto ciò dialogando e costruendo amicizia. Ecco il metodo che emerge da un racconto capace in alcuni passaggi di emozionare. Un metodo che può aiutare Verona a capirsi di più, a farsi un po’ più di coraggio di fronte alle molte paure che la attraversano. Sfuggendo così alla tentazione di rifugiarsi in una sterile rappresentazione stereotipa di se stessa, oppure di rinchiudersi sdegnata di fronte a quella impostale talvolta dalla cronaca e dai media.

Gabriele Colleoni

fonte: quotidiano «L’Arena», 09.12.2008