L’ITALIA NEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ONU. UN IMPEGNO PER TUTTI

L’Italia entra nel Consiglio di sicurezza dell’Onu

L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ne ha approvato nei giorni scorsi l’ingresso con 186 voti su un totale di 192: dal primo gennaio il nostro Paese farà quindi parte come membro non permanente dell’organismo decisionale del Palazzo di Vetro per il biennio 2007-2008. Sarà la sesta volta (l’ultima nel biennio 1995-96) nella storia dell’Onu che l’Italia fa parte di questo organismo, vedendo così riconosciuto il suo ruolo pluriennale nelle relazioni internazionali.

Con l’Italia sono stati eletti al primo scrutinio anche Belgio (180 voti), Indonesia (158) e Sudafrica (186). Resta aperta la corsa al seggio per l’America Latina tra Venezuela e Guatemala. I nuovi membri non permanenti entrano nel Consiglio di Sicurezza per i prossimi due anni insieme ai cinque permanenti (Russia, Cina, Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna) e ad altri cinque membri non permanenti già eletti (Congo, Ghana, Perù, Qatar e Slovacchia). É un’elezione che comporta onori, ma anche oneri; un riconoscimento ma anche una assunzione di responsabilità. L’ingresso per il prossimo biennio nel sancta sanctorum della politica internazionale coincide con un rilancio globale del multilateralismo in una fase politica in cui anche gli Stati Uniti che tre anni e mezzo fa andarono all’invasione dell’Iraq senza il nulla osta esplicito del Consiglio di Sicurezza, sono tornati a riflettere sull’opportunità di parlare in coro sulle grandi crisi del momento, dalla Corea del Nord all’Iran, dal Corno d’Africa al Darfur.

La candidatura italiana

La candidatura italiana nasce alla fine del 2003 in una Onu in profonda crisi dopo la radicale spaccatura del Consiglio di Sicurezza sull’Iraq e gli attacchi dell’amministrazione Bush al Palazzo di Vetro. Nel 2003 le Nazioni Unite venivano considerate da più parti un ferro vecchio da buttare. Diverso il clima in cui matura domani il ritorno dell’Italia nel Consiglio: nessun paese – ha osservato un mese fa il presidente del Consiglio Romano Prodi nel discorso dalla tribuna dell’Assemblea Generale – può affrontare da solo le sfide del nuovo millennio perché le minacce globali richiedono risposte globali. L’elezione coincide d’altra parte con un momento in cui il profilo internazionale dell’Italia è particolarmente alto: da un lato la missione in Libano, dall’altro il forte appoggio dato all’elezione del nuovo segretario generale Ban Ki Moon.

La riforma del Consiglio

Dal 1993 è in atto un esercizio di revisione del Consiglio, condotto da un Gruppo di lavoro ad hoc, nel contesto di una più vasta riforma delle procedure e dei metodi di lavoro dell’Organizzazione. La riforma, in modo particolare quella dell’organo di governo delle Nazioni Unite, deve tener conto della crescita dei Paesi che ne fanno parte, passati dai 113 del 1963, anno dell’unico ampliamento del Consiglio, ai 192 di oggi. Ma deve anche riflettere le profonde trasformazioni della realtà internazionale intervenute dalla nascita dell’istituzione. Il dibattito sulla riforma delle Nazioni Unite, sebbene non nuovo nello scenario internazionale, ha avuto recentemente una significativa accelerazione, in ragione della crescente consapevolezza della crescente difficoltà delle istituzioni intergovernative internazionali a rappresentare la variegata società internazionale e ad affrontare le nuove sfide che il nuovo secolo propone. La riforma del Palazzo di Vetro e dello stesso Consiglio di sicurezza è entrata lo scorso mese – in occasione della 61a sessione dell’Assemblea generale – in una “nuova fase” dopo l’iniziativa di rilancio che ha visto protagonisti Prodi e il presidente pakistano Pervez Musharraf.

Cantieri di pace

Una volta insediato il primo gennaio, l’Italia sarà il Paese europeo con più mandati nel Consiglio di Sicurezza – sei – davanti a Olanda, Polonia, Belgio, Germania, Norvegia e Spagna. Cruciale durante il biennio sarà la concertazione europea ma anche il forte rapporto con gli Stati Uniti che, dopo anni di unilateralismo, stanno ripensando le esperienze recenti. Sotto il profilo finanziario l’Italia contribuisce al bilancio ordinario dell’Onu con una quota pari a quasi al 5 per cento che la colloca al sesto posto nella rosa dei maggiori contribuenti. Attraverso il sistema delle Nazioni Unite l’Italia finanzia, inoltre, programmi di sviluppo umano sostenibile con prevalente componente sociale. L’Italia dovrà verificare se gli obiettivi di sviluppo del Millennio sono stati raggiunti e quali correzioni di rotta devono essere attuate a livello internazionale per dimezzare la percentuale di persone che soffrono la fame e ridurre di due terzi il tasso di mortalità infantile entro il 2015, per assicurare che tutti i bambini siano in grado di completare un ciclo completo di istruzione primaria, eliminare la disuguaglianza di genere, per assicurare la sostenibilità ambientale e l’acqua potabile per tutti. L’impegno dell’Italia non potrà infatti limitarsi all’invio di militari nelle missioni di pace ma anche a rispondere alle necessità basilari dei popoli del mondo.

L’Italia e i diritti umani

Di fronte a questo nuovo ruolo di responsabilità del nostro Paese, non potrà restare in sordina la questione dei diritti umani. Senza evidenza sui mezzi di comunicazione l’Italia è stata visitata dal 9 al 13 ottobre dal relatore speciale delle Nazioni Unite sul razzismo per verificare lo stato di discriminazione degli stranieri – compresi lavoratori migranti, rifugiati e richiedenti asilo politico – e degli appartenenti alle comunità ebraiche, musulmane, rom e sinti presenti in Italia.  L’Italia dovrà darne effettivo esempio in casa propria e impegnarsi nelle sedi internazionali perché le convenzioni internazionali dei diritti umani siano rispettate, condizione indispensabile per la maggiore democratizzazione delle istituzioni internazionali (Fondo monetario e Banca mondiale in primo luogo) ma anche per la riaffermazione del ruolo dell’Onu a livello internazionale.

Non potrà restare in sordina nemmeno l’impegno per la cooperazione allo sviluppo ridotto nella recente Finanziaria, ma anche per la cancellazione del debito estero impegno preso in occasione del Giubileo. A vigilare su tale dimensione è chiamata innanzitutto la comunità civile e le organizzazioni no-profit, ma anche gli enti locali che possono promuovere iniziative per la promozione della pace e dei diritti umani nel proprio territorio.

Solo con l’impegno di tutti la presenza dell’Italia nel Consiglio di sicurezza non sarà una vetrina per alcuni funzionari e politici.

Enrico Vendrame

 

IL CONSIGLIO DI SICUREZZA

• Lo Statuto delle Nazioni Unite gli affida la responsabilità principale del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale

• É composto di 15 membri: 5 sono permanenti ed hanno diritto di veto (Cina, Federazione Russa, Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna), 10 sono non permanenti a rotazione ogni due anni.

• Tutti gli stati membri devono rispettare le decisioni del Consiglio

• Può imporre sanzioni economiche ed embarghi. In alcune situazioni può decidere il ricorso ad ogni azione che sia necessaria per mantenere o ristabilire la pace.